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I FUORIUSCITI DEI TESTIMONI DI GEOVA: TRA FENOMENOLOGIA E STATISTICA

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2019 13:08
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10/07/2012 23:20
 
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Cosa dicono gli esperti?


I FUORIUSCITI DEI TESTIMONI DI GEOVA:

TRA FENOMENOLOGIA E STATISTICA

Cosa dicono gli esperti?



"Il membro deluso, e l’apostata, [nota 1] in particolare, sono informatori le cui prove devono essere utilizzate con circospezione. L’apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una "storia di atrocità" per spiegare come — attraverso la manipolazione, l’inganno, la coercizione o le frodi — è stato prima condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un’organizzazione che oggi disapprova e condanna. Gli apostati, le cui narrazioni sono sensazionalizzate dalla stampa, cercano talora di trarre profitto dalle loro esperienze vendendo i loro racconti ai giornali o pubblicando libri". [nota 2]

Questa è sicuramente la più nota citazione ‘dotta’ sull’argomento dei fuoriusciti. Da anni testimoni di Geova ed ex-testimoni di Geova vi si rispecchiano, ovviamente con emozioni contrapposte: i primi perché corrisponde alla perfezione al profilo classico dell’ “apostata” come da essi compreso e condiviso, i secondi perché vi leggono un fallimento difficilmente rimediabile delle proprie campagne e quindi un attacco alla propria credibilità. I ‘venti contrari’ che si ingegnano ad alimentare, buoni per dominare la ristretta audience di un forum di dissidenti, di un bollettino parrocchiale o di una piccola rete TV cattolica, perdono efficacia di fronte alle impietose dichiarazioni di un ‘mostro sacro’ della sociologia come il prof. Wilson, al quale è stato riconosciuto, dopo la sua morte, “un enorme debito di gratitudine per l’arricchimento che ha recato alla nostra comprensione delle moderne società”. [nota 3]

Riandare spesso a questo estratto è utilissimo, perché rappresenta un’ottima sintesi di varie confutazioni al valore oggettivo delle esperienze di apostati:

• la necessità di ordine psicologico, comune a molti fuoriusciti dissidenti, di ‘giustificare’ a sé stessi e al resto del mondo la propria contrapposizione al gruppo di provenienza per nascondere o ridimensionare il quadro non proprio dignitoso di un allontanamento dovuto il più delle volte a misure disciplinari;
• la tendenza a ‘colorire’ esperienze personali negative allo scopo di provocare una facile esecrazione nella pubblica opinione;
• il sensazionalismo dal quale queste vicende sono spesso accompagnate presso i media (per ragioni tanto ovvie da non meritare un approfondimento).


Ma Wilson è forse l’unico a pensarla a questo modo? O se non altro, si può almeno affermare che la sua opinione sia minoritaria nel mondo scientifico?
[Modificato da EverLastingLife 10/07/2012 23:21]
10/07/2012 23:21
 
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I fuoriusciti meritano credito?

L’orientamento accademico


Crediamo che un buon punto di partenza per rispondere a queste domande (per ragioni che saranno chiare fra poco) consista nel citare un altro studioso: Stephen Kent. [nota 4] Nella sua opera The History of Credibility Attacks against former Cult Members, [nota 5] Kent traccia alcuni interessanti profili di fuoriusciti, sottolineando come la loro esistenza rischi di minare alla base l’efficacia degli studi di settore che si avvalgono delle testimonianze degli ex-membri: ad esempio i rimpatriati, ovvero coloro che, una volta abbandonata una ‘setta’ (anche in polemica), decidono dopo un tempo più o meno lungo di tornare a farvi parte; oppure i ‘truffatori’, che s’inventano vissuti raccapriccianti per fare cassa. Di altri soggetti, potenzialmente utili agli scopi dei gruppi antisette, Kent mette in evidenza i rischi, come nel caso degli ex-membri con ‘drammatiche’ storie al seguito; o ancora di quelli che successivamente alla defezione sono divenuti professionisti (per lo più psicologi e affini), presentandosi così nella doppia veste di ex-testimoni critici e di consulenti specializzati. Quest’ultima categoria (una sorta di ‘testimonials’ dell’apostasia) sembrerebbe segnare un deciso punto a favore delle rivendicazioni degli ex, se non ci fosse lo stesso Kent a registrare, evidentemente a ragion veduta, che ‘l’istruzione superiore non è una garanzia che il laureato scriverà in maniera critica ed anche obiettiva’. [nota 6]

Lo studio di Kent non fa riferimenti diretti ai testimoni di Geova, e del resto gli apostati (e lo sparuto seguito di simpatizzanti) sono rimasti praticamente gli unici a etichettare i testimoni di Geova come una ‘setta’, ricorrendo ad acrobazie semantiche per legittimare il comodo ricorso ad un termine magari non del tutto improprio a stretto rigor di termini, ma ambiguo e insidioso per l’alone di diffidenza che lo accompagna presso il pubblico. Nonostante ciò, ci sono molti sorprendenti punti di contatto fra le sue descrizioni e la multiforme ‘fauna’ degli ex-testimoni: ad esempio i ‘rimpatriati’ ricordano, è naturale, i ‘riassociati’ del testimoni di Geova (peraltro numerosissimi). Anche la figura del disassociato ‘dotto’ finto/esperto, con laurea esibita a uso di titolo nobiliare, che vediamo ogni tanto intervistato in qualche TV privata, o fare capolino dai giornali (di solito in calcolato sincronismo con qualche ‘fattaccio’ di cronaca), è un classico al quale siamo piuttosto abituati.

Esiste tuttavia un fattor comune nella grande varietà degli atteggiamenti che si riscontra in tali fuoriusciti polemici, ed è un’allarmante latitanza di raziocinio. Affacciandosi a questa curiosa realtà, l’osservatore ‘terzo’ che non sia propenso a spiegare tale squilibrio, religiosamente, con l’ ‘abbandono delle vie del Signore’, si ritroverebbe ben presto a fare i conti con una quantità di enigmi di difficile decifrazione. Gli ex, tanto per dire, si lamentano del fatto che a coloro che sono ancora membri del gruppo sarebbe impedito di intrattenere rapporti sociali con loro (esclusi i familiari); già, ma perché poi uno dovrebbe desiderare la compagnia di persone che non gradiscono la sua amicizia e che sono disposti, come dicono, a ‘tradirla’ in nome di un ideale religioso? E che senso ha invocare l’intervento delle autorità, essendo ovvio che non si può obbligare nessuno ‘per legge’ a frequentare chicchessia? Dal momento che la quasi totalità delle defezioni è da ricollegarsi a infrazioni morali (per lo più storie di sesso illecito), perché esporsi all’inevitabile sospetto di agire per puerili ragioni di rivalsa? Inoltre, in quale modo si potrebbe ritenere attendibile qualcuno che arriva a rinnegare il 99% delle cose in cui si credeva prima, mettendo in discussione praticamente tutto ciò che riguarda i testimoni di Geova, dalle principali interpretazioni escatologiche alla foggia delle cravatte? O ancora: molti apostati erano, da testimoni, anziani di congregazione, e come tali hanno a suo tempo applicato la disassociazione su peccatori impenitenti; come riuscire a mandar giù, adesso, questo ‘sdegno dell’ultim’ora’ nei confronti di tale provvedimento? E sono soltanto i primi esempi di comportamenti irrazionali che ci vengono in mente. E pensare che, secondo Kent, una dose di prudenza è doverosa persino quando un certo ‘apostata’ sembra brillare per logica!


La coerenza in una storia di coinvolgimento in un culto e una personalità convincente non sono motivi sufficienti per giudicare se i racconti di fuoriusciti sono veri e accurati. [nota 7]



Il paradosso di Kent è che egli è… schierato dalla parte dei fuoriusciti, ovvero, nonostante gli anzidetti, condivisibili rilievi, in generale tiene le testimonianze degli “ex” in conto di risorsa preziosa. A proposito dei suoi studi, Hexham [nota 8] e Poewe [nota 9] annotano tuttavia:


L’unica eccezione al tono generalmente neutrale della maggior parte dei docenti universitari canadesi e al loro rifiuto della retorica anti-sette è Stephen Kent […] Anche se le opinioni di Kent sono ampiamente conosciute, pochi studiosi canadesi sono d’accordo con le sue conclusioni, e la maggioranza vi dissentono fortemente a motivo della sua tendenza ad usare la testimonianza di ex-membri. [nota 10]




Bisogna comunque riconoscere a Kent il pregio dell’onestà, non solo per convenire in prima persona di alcuni problemi connessi alla propria impostazione, ma anche per riconoscere apertamente di non riscuotere il consensus accademico. Riferendosi alle osservazioni di Hexham e Poewe, ammette candidamente che “gli altri all’interno della comunità accademica hanno condiviso questa critica”, limitandosi a dire che “tale posizione non è universale”. [nota 11] Sempre Kent cita un’altra dichiarazione, senza confutarla, di quello che definisce lo ‘stimato’ professor Wilson, [nota 12] che, come la precedente riferita all’inizio di questo articolo, suona alquanto lapidaria:



Né un obiettivo ricercatore di sociologia né un tribunale potrebbero senza difficoltà considerare l’apostata come una fonte di prove credibili o affidabili. Deve sempre essere visto come uno la cui storia personale lo predispone a pregiudizi per quanto riguarda il suo precedente impegno e la sua precedente affiliazione religiosa, e deve venire il sospetto che il suo comportamento dipenda da una personale motivazione di vendicarsi e di ritrovare la propria autostima, descrivendo se stesso prima come una vittima, e poi come un ‘crociato’ redento. Come vari casi hanno indicato, è verosimile che sia suggestionabile e pronto ad ingigantire o colorire i torti, per soddisfare quella specie di giornalisti che coltiva maggior interesse in una versione sensazionale che in un racconto oggettivo della verità. [nota 13]



E ancora, ecco il sintetico parere di John Saliba: [nota 14]


Esiste spesso un vizio di fondo in un approccio imperniato su informazioni desunte in gran parte o esclusivamente da fuoriusciti animati da bellicosità e livore. [nota 15]



Hexham, Poewe e altri studiosi, compreso lo stesso Kent che pure segue una metodologia contraria, sottolineano dunque lo scarso valore che negli ambienti accademici si tende ad attribuire ai fuoriusciti come fonti di testimonianze attendibili. Le motivazioni sono soprattutto antropologiche, ma anche la statistica fa la sua parte…
[Modificato da EverLastingLife 13/07/2012 10:15]
10/07/2012 23:22
 
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Cosa dicono i numeri…


In Italia un contributo decisivo a ridimensionare notevolmente le ‘sconvolgenti testimonianze degli ex’, così comuni in Internet, è stato dato dal noto esperto di religioni Massimo Introvigne. [nota 16] A proposito di un disegno di legge che si proponeva di reintrodurre il reato di plagio, abrogato da oltre trent’anni, Introvigne ha osservato che ‘la stragrande maggioranza’ degli specialisti di settore sono contrari alla sua approvazione e che quelli che invece vi sono favorevoli ‘si contano sulle dita di una mano’. [nota 17]

Alla domanda sul perché si dovrebbe dar credito a tali studiosi e non alle presunte ‘vittime delle sette’, il dott. Introvigne risponde adducendo svariate motivazioni, alcune delle quali risultano di particolare rilievo in questa sede. Il ‘peccato originale’ delle testimonianza dei fuoriusciti è quello che gli statistici definiscono il problema del ‘campione autoselezionato’, e che può essere facilmente compreso ricorrendo a degli esempi. Se voleste farvi un’idea precisa di un partito politico, vi limitereste a intervistare coloro che ne sono stati espulsi o dei contestatori che vi si sono allontanati in guerra con la dirigenza? Ci si può formare un’opinione attendibile della Chiesa Cattolica intervistando solo ex-preti che l’hanno lasciata in protesta, ad esempio, contro il divieto di sposarsi? A prescindere dal fenomeno ‘ex’ è comunque l’operazione di cercare sostegno ad una tesi, documentandosi unicamente, o prevalentemente, nel contesto di compagini circoscritte che assumono tale tesi come premessa ideologica, ad essere destituita di qualunque metodo scientifico (oltre che eticamente scorretta). Chiedereste ad una associazione clandestina di neonazisti un parere sugli ebrei o sugli immigrati extracomunitari? Se cani e topi potessero parlare, come risponderebbero alla domanda: ‘che ne pensi dei gatti?’, o come vi risponderebbero, all’opposto, gli iscritti ad un circolo di gattofili? [nota 18]

Si capisce quindi agevolmente perché quasi tutti gli studiosi non tengano gli ex-testimoni di Geova - un campione ‘auto-selezionato’ di persone - in conto di fonte affidabile di informazioni sul gruppo di cui un tempo facevano parte, specie se presi da soli (come non lo sarebbero d’altronde, nelle medesime condizioni, gli stessi testimoni di Geova). Purtroppo il male ‘fa notizia’, attrae il pubblico e ‘vende’ molto più del ‘bene’ o comunque delle vicende di ordinaria amministrazione; è una legge di mercato vecchia come il mondo; si tratta quindi di un malcostume duro a morire, e i testimoni, per inciso, non sono gli unici a farne le spese. Lewis ad esempio, [nota 19] riferendosi ad un saggio che partiva da tale presupposto errato, ha così confermato tale considerazione:


La ricerca sui fuoriusciti da gruppi religiosi controversi ha dimostrato che campioni così limitati sono non rappresentativi, il che mette in discussione l’obiettività dell’intero studio. [nota 20]



Ed ecco come Introvigne ha a sua volta commentato un altro libro ostile ad una certa minoranza religiosa:


Come molta letteratura non scientifica in tema di "sette" il volume è costruito esclusivamente sulle testimonianze di "ex" […] e ha quindi - come ha rilevato il 14 maggio Le Monde - "tutte le debolezze di un regolamento di conti" . Certo, le narrative degli "ex"' hanno un loro posto nello studio di qualsiasi gruppo religioso o sociale: a patto però - come hanno chiarito fra gli altri gli studi di David Bromley e di Bryan R. Wilson - di considerarle come narrative socialmente costruite da "apostati" il cui genere letterario è normalmente la "storia di atrocità". L'"ex" ha diritto al rispetto e a fare intendere la sua voce, ma un'opera che si pretende scientifica dovrà mettere a confronto la sua narrativa con quelle di altri (coloro che nella comunità sono rimasti e si trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo diverso relazioni sociali, gli osservatori esterni) e non pretenderà di ricavare la "verità" dall'uso ossessivo di questo solo tipo di narrativa. Per sapere se le navi normalmente conducono in porto non è saggio chiedere la loro opinione soltanto ai naufraghi. [nota 21]



Ma non è tutto. Gli apostati fingono di ignorare una circostanza, anch’essa di natura statistica, tutt’altro che irrilevante e che Introvigne giustamente rimarca: [nota 22] del totale di coloro che smettono di essere testimoni di Geova, solo una percentuale irrisoria va a ingrossare le file dei ‘dissidenti’ attivi; tutti gli altri si limitano a condurre una vita ‘normale’ rispetto alla quale il periodo vissuto all’interno di questa religione si configura come una parentesi aperta e quindi richiusa, spesso definitivamente. Disinteressati a qualunque polemica, costoro non si votano ad alcun “attivismo” anti-tdG. Per paradosso l’esistenza di questi disassociati / dissociati “inerti” è da annoverare fra le principali sconfitte degli apostati, sempre a caccia di prove viventi a sostegno delle proprie tesi e quindi delusi nel constatare come una larghissima maggioranza di ex-testimoni di Geova non condivida le loro rivendicazioni o almeno non abbia alcuna voglia di appoggiarle. Al riguardo Introvigne ricorda:


Le cosiddette “sette” funzionano come porte girevoli: molti entrano ma molti escono. Gli ex-membri di movimenti religiosi controversi sono milioni. Le centinaia o anche migliaia che protestano non costituiscono dunque un campione rappresentativo. Studi scientifici dimostrano che anche nei gruppi più discussi oltre l’85% degli ex-membri non assume una posizione militante ostile al movimento che ha lasciato, ma rifluisce semplicemente nella vita sociale ordinaria, riconoscendo quando è intervistato aspetti positivi e negativi della sua passata esperienza. [nota 23]



E, in un altro lavoro:


Per la stampa – come è stato spesso notato – gli “apostati”, che propongono storie sensazionali o “atroci”, sono più interessanti dei normali membri soddisfatti della loro esperienza (o degli ex-membri che non hanno particolari ragioni di ostilità verso il movimento che hanno lasciato), il che li rende visibili in un modo sproporzionato rispetto alla loro effettiva consistenza. [nota 24]



Lo studioso Lonnie Kliever [nota 25] aggiunge quanto segue:


Alcuni di coloro che ne erano entrati a far parte, presto decidono che un particolare movimento religioso non fa per loro e se ne vanno. L’abbandono di solito passa inosservato, perché la maggior parte degli individui coinvolti considera quella sua esperienza passata come positiva, come un altro passo nel suo cammino spirituale. [nota 26]



E ancora:


La stragrande maggioranza delle defezioni dai nuovi movimenti religiosi è questione di apostasia volontaria. Inoltre, la netta maggioranza di coloro che lasciano di loro spontanea volontà, parlerà in modo positivo di alcuni aspetti della loro passata esperienza. […] Ma vi sono alcuni apostati volontari dei nuovi movimenti religiosi che se ne vanno profondamente inaciditi e altamente critici nei confronti della loro precedente appartenenza religiosa e attività. [nota 27]



Chi presta fede alle esperienze dei ‘disertori’ commette quindi un banale errore; assume il rischio di conseguire una visione riduttiva e parziale della realtà, quando non del tutto mistificata. Ne consegue anche che taluni elenchi di esperienze più o meno scioccanti pubblicati su certi siti Web, che all’avventore ingenuo possono apparire rimarchevoli per lunghezza, a fronte di quella netta prevalenza di testimoni di Geova che sono lieti di esserlo e che risultano perfettamente integrati nel proprio contesto, ma anche della quota parte di disassociati che non sentono alcuna necessità di partecipare alle crociate anti-testimoni, fanno la figura della proverbiale goccia nell’oceano. [nota 28]


[Modificato da EverLastingLife 16/07/2012 19:36]
10/07/2012 23:22
 
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L’ansia della discolpa e i cattivi maestri

Sarà utile prendere di nuovo in esame l’esposizione di Kliever, un docente che ha studiato per decenni il fenomeno delle religioni e dei relativi scismi ed apostasie. Kliever aggiunge nuovi interessanti spunti di riflessione a questa materia, e i suoi commenti lasciano davvero poco spazio a dubbi o possibilità d’interpretazione.


Io sono convinto, in base al mio addestramento professionale e alla mia ricerca accademica, che un apostata non dovrebbe essere accettato acriticamente dai mass media, dalla comunità accademica, dal sistema giuridico o da enti governativi come fonte credibile d’informazione sui nuovi movimenti religiosi. L’apostata deve essere sempre considerato come un individuo predisposto a fornire un racconto di parte del credo e pratiche della sua ex appartenenza e attività religiose. [nota 29]



Davvero tagliente è l’analisi che il prof. Kliever compie del ruolo di certune associazioni (che affermano di voler aiutare le ‘vittime delle sette’) nel fare da cassa di risonanza per i fuoriusciti:


Spesso ricevono l’auto-giustificazione che stanno cercando da organizzazioni anti-sette o gruppi religiosi fondamentalisti, entrambi i quali forniscono loro spiegazioni sul lavaggio del cervello [nota 30] per razionalizzare la loro improvvisa adesione e l’altrettanto improvviso allontanamento da un nuovo movimento religioso. Le informazioni fornite da tali gruppi sono di solito profondamente negative e altamente di parte nei confronti dell’organizzazione abbandonata. Più precisamente, questi gruppi forniscono loro una lingua franca per raccontare le loro storie di seduzione e liberazione. Numerosi sociologi hanno sottolineato come le biografie di un “sopravvissuto alla setta” siano resoconti profondamente stilizzati che tradiscono l’influenza di scenari presi a prestito di schiavitù e liberazione, una storia sulla quale l’apostata si è ben esercitato, che racconta di isolamento sociale, manipolazione mentale, deprivazione fisica, sfruttamento economico e controllo ipnotico. Questi “racconti di atrocità” servono sia a fornire all’apostata una giustificazione che ad accusare la nuova religione di comportamento immorale e fede irrazionale. Alimentano inoltre e formano la percezione pubblica delle nuove religioni come qualcosa di pericoloso per la libertà di religione e l’ordine pubblico. [nota 31]



Non è difficile riscontrare come tante esperienze di ex-tdG, così comuni su Internet, corrispondano perfettamente all’identikit di Kliever, presentando sia una somiglianza reciproca che una certa ‘fedeltà’ rispetto ad un esemplare originale precostituito che fa da ‘stampo’; ed è solo naturale il sospetto (confermato dalla circostanza di avere a che fare quasi sempre con esperienze anonime) [nota 32] che siano non solo guidate come dice il Kliever, ma addirittura fabbricate da una medesima regia. L’ombra lunga di tristi personaggi, generalmente ex-testimoni di Geova in fregola di una piccola notorietà da teatrino mediatico, che si candidano al ruolo di paladini della supposta ‘dignità offesa’ dei disassociati e di altri ideali nazionalpopolari, è ben distinguibile dietro i racconti di persone in palese carenza di punti di riferimento psicologico, come lo è dietro certi commenti celebrativi e persino ‘adoranti’ sul piano meramente fisico.

Comunque la si pensi, le conclusioni di Kliever sembrano collocare una pesantissima pietra tombale sulle recriminazioni degli ex:


Non esiste alcun dubbio che questi dedicati e fanatici oppositori delle nuove religioni presentino una visione distorta delle nuove religioni al pubblico, al mondo accademico e ai tribunali a causa della loro disponibilità e volontà di testimoniare contro le loro precedenti affiliazioni religiose e attività. Tali apostati agiscono sempre secondo uno scenario che li giustifica, addossando la responsabilità delle loro azioni al gruppo religioso. In verità, i vari scenari di lavaggio del cervello, così spesso invocati contro i nuovi movimenti religiosi, sono stati ripudiati in maniera schiacciante da sociologi e studiosi delle religioni e definiti niente più che dei tentativi calcolati per screditare il credo e le pratiche di religioni non convenzionali agli occhi di enti governativi e dell’opinione pubblica. Per giornalisti responsabili, studiosi e giuristi è difficile considerare tali apostati come fonti d’informazione credibile. […] In breve, alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti. [nota 33]



Con gran dispiacere dei gruppi anti-sette, che si provano, il più delle volte senza alcuna preparazione accademica, e invero con scarsi risultati, ad invalidare i suoi studi, Kleiver è in buona compagnia. C’è una ‘alluvione’ di docenti universitari e altri esperti [nota 34] che pervengono ad esiti similari; timorosi di annoiare i nostri lettori, ai quali il quadro della situazione dev’essere ormai ben chiaro, ci limitiamo a segnalare altri due contributi. David Bromley: [nota 35]



“Le uscite indotte, che abbiano o no una componente di controversia, vengono trasformate nel primo dei due casi in quanto gli oppositori esterni reclutano attivamente i fuoriusciti nella loro coalizione, forniscono loro reti sociali attraverso i quali i fuoriusciti possono reinterpretare i problemi personali come problemi dell'organizzazione e controllano il ruolo transitorio in termini favorevoli. […] Gli ex membri devono confessare la loro condotta sleale, o ammettere la perdita di libera volontà come conseguenza di una influenza sovversiva”. [nota 36]



E ancora, John Melton: [nota 37]


“Parlando francamente, gli ex membri ostili oscurano invariabilmente la verità. Invariabilmente ingigantiscono incidenti minori e li trasformano in grandi incidenti, e sul lungo periodo le loro testimonianza quasi sempre cambia perché ogni volta che la raccontano percepiscono la reazione di accettazione o rifiuto di chi li ascolta, e di conseguenza verrà sviluppata e incorporata nella visione diversa del mondo che stanno adottando”. [nota 38]



Significativo il cenno che Kliever e altri fanno di certi rappresentanti delle religioni tradizionali, i quali contribuiscono, seguendo anche e soprattutto l’agevole strada delle testimonianze degli ex, ad alimentare una vera e propria ‘cultura del sospetto’ verso quelli che egli definisce i nuovi movimenti religiosi. [nota 39] Si tratta di un rapporto simbiotico: è risaputo infatti che gli ex trovino a loro volta, in certi ambienti cattolici, terreno fertile per le proprie speculazioni, essendo stati definiti i testimoni una ‘vera spina nel fianco per la Chiesa’ a motivo dello ‘stillicidio di conversioni’ che provocherebbero [nota 40]. Non di rado incontri ideati, o caldeggiati, da apostati, intitolati alla nobile causa dell’ “aiuto alle vittime delle sette” ma per lo più pretesti per intavolare i processi a senso unico che ben conosciamo, sono tenuti in piccole cappelle o altre sale messe a disposizione da sacerdoti e qualche volta con la presenza o l’attiva partecipazione di questi ultimi. Si può allora solo immaginare il rincrescimento con il quale è stato accolta una recente intervista a Vittorio Messori, [nota 41] notissimo scrittore cattolico che nel passato non ha risparmiato critiche ai testimoni di Geova. Commentando un servizio televisivo imperniato sul tema delle sette religiose, ha acutamente osservato:


Particolarmente fastidioso il fatto che fosse quasi interamente costruito su testimonianze di “ex”. Se sto alla mia esperienza di cronista, non di sociologo, poche cose sono fuorvianti come le accuse alla sua antica organizzazione da parte di chi è uscito sbattendo la porta. Ci sono addirittura degli “ex” di professione, sempre intervistati su qualunque giornale e tv. […] Nel mio lavoro di giornalista, non mi sono mai fidato né di questi né di altri pentiti: per esempio, dei gruppi, assai affollati, di ex-geovisti […] Non occorre essere psicologi per comprendere il perché di una doverosa diffidenza: chi ha abbandonato una strada, magari una vocazione, un ideale, deve giustificarsi davanti a se stesso e al prossimo, ha bisogno di aumentare la responsabilità degli altri per diminuire la propria, per contrastare il senso di colpa che cova, magari nell’inconscio e che in qualche caso è devastante. Non mi azzardo oltre in questi intrighi emotivi. Volevo solo avvertire, sulla base della esperienza: qualunque realtà discussa contestata dobbiate giudicare, non fatelo prendendo sul serio sempre e solo le testimonianze, magari impressionanti, di chi se ne è andato. Non fate, cioè, come certi giornalisti televisivi in cerca dell’effettaccio… [nota 42]



Non resta che augurarci che la raccomandazione di Messori sia presa a cuore da tutti, inclusi quelli che si appassionano a raccogliere, deformare ad arte, pubblicare e propagandare di queste storie. Ci crediamo poco, ma fa nulla: dove non può o non vuole arrivare l’uomo, arriverà presto Dio a fare una chiara distinzione fra ‘il giusto e il malvagio’. – Malachia 3:18
[Modificato da EverLastingLife 16/07/2012 22:09]
10/07/2012 23:23
 
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Note in calce


NOTA 1 Dove non diversamente indicato, l’uso di grassetto, corsivo e sottolineato nelle citazioni di questo articolo è dei suoi autori ed è assente nelle fonte originali. Le traduzioni dall’inglese, quando non disponibili in edizioni italiane ufficiali, sono state curate dagli autori del presente articolo.

NOTA 2 B.R.Wilson, The Social Dimensions of Sectarianism, Clarendon Press, Oxford 1990, p. 19. Bryan Ronald Wilson (1926-2004), inglese, insigne sociologo e presidente della International Society for the Sociology of Religion. Da sottolineare il fatto che la letteratura della Watch Tower Society molto raramente, se non mai, abbia citato dichiarazioni di studiosi orientate a ridimensionare le testimonianze apostate.

NOTA 3 Secularization Rationalism and Sectarianism - Essays in Honour of Bryan R. Wilson, di E.Barker, J.A.Beckford e K.Dobbelaere, ed. Clarendon Press, Oxford 1993.

NOTA 4 sociologo, Dipartimento di Sociologia dell’Università di Alberta (Canada).

NOTA 5 dagli atti del convegno Systematic abuse in cults: testimonies and evidence (Varsavia 2011).

NOTA 6 The History of Credibility Attacks against former Cult Members, dagli atti del convegno Systematic abuse in cults: testimonies and evidence (Varsavia 2011), pag. 4.

NOTA 7 ibid., pag. 9.

NOTA 8 Irving Hexham, docente universitario di Studi Religiosi all’Università di Calgary (Alberta, Canada). Autore di oltre venti libri e di decine di saggi e articoli di argomento sociologico e antropologico.

NOTA 9 Karla Poewe, storica e antropologa, professore emerito di antropologia all’Università di Calgary (Alberta, Canada) e docente alla Liverpool Hope University.

NOTA 10 New Religions and the Anticult Movement in Canada, in New Religious Movements in the 21st Century, ed. Lucas e Robbins, Londra 2004, pag. 247.

NOTA 11 The History of Credibility Attacks against former Cult Members, dagli atti del convegno Systematic abuse in cults: testimonies and evidence (Varsavia 2011), pag. 8.

NOTA 12 ibid., pag. 7. Kent rimarca il ’totale rifiuto [di Wilson] dei resoconti degli ex-membri’ (ibid., pag.8)

NOTA 13 Apostates and New Religious Movements, Los Angeles 1994, pag. 4.

NOTA 14 John A. Saliba, prete gesuita, scrittore, professore di Studi Religiosi all’università di Detroit Mercy.

NOTA 15 Perspectives on News Religious Movements, ed. Geoffrey Chapman, Londra 1995, pp. 200-3, 212-3.

NOTA 16 Massimo Introvigne, sociologo, filosofo e scrittore italiano. Fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) e membro della sezione di Sociologia della Religione dell'Associazione Italiana di Sociologia. Gli apostati hanno spesso attinto a questo studioso, per la sua lunga esperienza in fatto di movimenti religiosi, ma hanno dovuto… smettere di farlo da quando, in special modo a partire dalla prima metà degli anni 2000, Introvigne ha contribuito con i suoi scritti a demolire i pregiudizi intorno ai testimoni di Geova (e ad altri gruppi religiosi di minoranza). Meritano almeno un cenno i tentativi, decisamente squallidi, di vari ex-testimoni di Geova di screditare sul piano personale questo e altri ricercatori schierati contro il ricorso strumentale a testimonianze di fuoriusciti, secondo un procedimento ingannevole che in logica è definito argumentum ad hominem circostanziale. Un oscuro critico (Tilman Hausherr) è arrivato a definire il prof. Wilson ‘una marionetta’ nelle mani delle sette.

NOTA 17 FAQ sul lavaggio del cervello e la manipolazione mentale, dal sito del CESNUR.

NOTA 18 Per un esempio scherzoso di come una base statistica inadeguata possa indurre risultati anomali, si veda l’appendice 1: “Tom & Jerry ed il campione auto selezionato”.

NOTA 19 James Lewis, scrittore e professore associato di Studi Religiosi all’Università di Tromsø (Norvegia).

NOTA 20 J.R.Lewis, Letter to Monty L. Lynn (4/3/1993).

NOTA 21 I naufraghi del buon senso, dal sito del CESNUR. Si veda anche, dello stesso autore e sul medesimo sito, Il fantasma della libertà. Le controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa, capitolo Il conflitto fra narrative e la libertà di fronte alle narrative.
[Modificato da EverLastingLife 16/07/2012 19:37]
10/07/2012 23:23
 
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NOTA 22 FAQ sul lavaggio del cervello e la manipolazione mentale, dal sito del CESNUR.

NOTA 23 ibid.

NOTA 24 M.Introvigne, I Testimoni di Geova – Già e non ancora, Elledici, Torino 2002, pag. 77. Circa l’eventuale incidenza che le ‘storie atroci’ avrebbero nel rallentare l’incremento dei testimoni di Geova, come gli apostati ovviamente auspicano, Introvigne precisa: “Lo spazio che il dissenso riesce a conquistarsi sui media è inversamente proporzionale alla sua effettiva audience tra i fedeli di base, presso i quali l’influenza degli “apostati” è spesso minima […] si può perfino rovesciare l’argomento e sostenere che la presenza di “apostati” e oppositori – entro certi limiti, e da un altro punto di vista – aiuta la crescita del movimento”. (ibid., pag. 77, 78; corsivo presente nell’originale).

NOTA 25 Lonnie Kliever, filosofo, scrittore, docente universitario, presidente del dipartimento di Studi Religiosi della Southern Methodist University.

NOTA 26 L.D.Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.5.

NOTA 27 ibid., pag.6. È molto interessante il seguente parallelismo istituito da Kliever: “La dinamica della separazione dal gruppo religioso che una volta amavano è analoga a un’aspra separazione o divorzio. Sia il matrimonio sia la religione richiedono un notevole grado d’impegno. Maggiore il coinvolgimento, più traumatica sarà la rottura. Più lungo è stato il coinvolgimento, più impellente è la necessità di biasimare l’altro per questo rapporto finito male. Membri di movimenti religiosi che hanno avuto un coinvolgimento profondo e di lunga durata e che con il tempo si sono stancati della loro religione, spesso addossano alla loro precedente affiliazione religiosa e attività la colpa di ogni cosa. Amplificano piccoli errori trasformandoli in enormi malvagità. Trasformano delusioni personali in tradimenti malvagi. Arriveranno anche al punto di raccontare falsità incredibili per danneggiare la loro ex religione. Non è una sorpresa che questi apostati spesso facciano appello, dopo il fatto, a scenari di lavaggio del cervello, di solito invocati per giustificare la separazione forzata da un nuovo movimento religioso.”

NOTA 28 Per alcune riflessioni sulla rilevanza statistica dei disassociati / dissociati divenuti contestatori dei testimoni di Geova, si vede l’appendice 2: “Considerazioni statistiche: un caso di studio”.

NOTA 29 L.D. Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.3.

NOTA 30 Il lavaggio del cervello, chiamato più elegantemente ‘plagio’ o ‘manipolazione mentale’, è un refrain piuttosto comune nel lessico degli apostati; o meglio lo era, dato che non solo gli antropologi lo considerano da decenni una leggenda metropolitana, ma in molti paesi anche il Legislatore vi si è adeguato. In Italia il reato di plagio è stato abolito definitivamente con sentenza della Corte Costituzionale n.96 dell’8 giugno 1991. Gli affezionati della pittoresca espressione ‘lavaggio del cervello’ hanno dovuto così inghiottire l’amaro boccone, ma all’occorrenza questo termine di sicuro effetto si riaffaccia abusivamente in qualche intervista ad ex testimoni di Geova. Secondo Introvigne, “gli ex membri ostili […] trovano nella manipolazione mentale una comoda spiegazione del loro impegno di un tempo” (Il fantasma della libertà. Le controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa, capitolo La libertà politica e il mito della manipolazione mentale, sito del CESNUR; Torino, 14-1-1997).

NOTA 31 L.D.Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.7.

NOTA 32 L’anonimato, altra nota dolente delle esperienze degli ex-tdG: specialmente quelle che si possono leggere su Internet, ove la presenza di riferimenti e coordinate precisi costituisce una vera rarità. Quando si mette il dito sulla piaga, l’appunto si trasforma in un’altra accusa nei riguardi dell’Organizzazione, tanto forte quanto arbitraria, nella misura in cui si pasce di nuovo del suo stesso anonimato: “non posso dire chi sono, perché l’Organizzazione si vendicherebbe”. Le esperienze anonime, oltre ad avere (com’è ovvio) peso nullo dal punto di vista statistico, per paradosso si ritorcono contro chi vi fa ricorso: chi le legge ne prende atto, ed è libero di farsi le sue legittime idee sullo scarso coraggio dei protagonisti o, peggio, sulla possibilità che siano frutto di pura invenzione.

NOTA 33 L.D. Kliever, The reliability of apostate testimony about new religious movements, ed. Freedom Publishing, Dallas (Texas, USA), 1995, pag.8.

NOTA 34 Un elenco parziale di nomi, dal quale sono stati esclusi quelli già citati in questo articolo: Jonas Alwall; Nancy Ammerman; Dick Anthony; Philip Arnold; Eileen Barker; George Chryssides; Rainer Flasche; Frank Flinn; Joseph Grieboki; Jeffrey Hadden; Thomas Hase; Steve Hassan; Günther Kehrer; Dean Kelley; Rebecca Moore; Susan Palmer; James Richardson; Steffen Rink; Thomas Schweer; Hubert Seivert; Marat Shterin; Anson Shupe; Margaret Singer; Lowell Streiker; James Tabor; Damian Thompson; Keith Tolbert; Catherine Wessinger; Stuart Wright. I credits di questi studiosi, come l’elenco dei loro scritti accademici e anche alcuni libri in formato elettronico, sono facilmente reperibili sulla Rete. Consigliamo in particolare le seguenti letture: J.A.Beckford, Cult Controversies: The Societal Response to New Religious Movements, ed. Tavistock Publications, Londra 1985; S. A. Wright, Leaving Cults: The Dynamics of Defection, Society for the Scientific Study of Religion, Washington, D.C., 1987; A.D.Shupe, D.G.Bromley, Apostates and Atrocity Stories, in B.Wilson, The Social Impact of New Religious Movements, ed. Rose of Sharon Press, New York 1981.

NOTA 35 David Bromley, professore di sociologia alla Virginia Commonwealth University e all’università della Virginia (USA).

NOTA 36 D.G.Bromley, The Politics of Religious Apostasy: The Role of Apostates in the Transformation of Religious Movements, ed. Praeger Publishers, 1998.

NOTA 37 John Gordon Melton, dipartimento di Studi Religiosi dell’Università della California, Santa Barbara (USA).

NOTA 38 dal sito internet contendingforthefaith.org, pagina “The Experts Speak–John Gordon Melton, Ph.D.”, 1995.

NOTA 39 Un contributo illuminante che data all’ultima parte del passato millennio: “Il rappresentante del G.R.I.S. piemontese ha informato che a Torino hanno tenuto 14 incontri per informare gli alunni di terza media contro il “geovismo” e che altri incontri erano programmati in altre 40 scuole. […] ben ventitré lezioni contro i Testimoni di Geova sono state tenute da esponenti del G.R.I.S. in undici istituti scolastici di Torino e provincia. Anche a Roma un sacerdote del G.R.I.S. ha tenuto nel marzo 1989 una lezione di “antigeovismo” con gli alunni dell’Istituto scolastico “Villoresi” in Via della Pisana […] È stato infine accennato alla necessità di utilizzare, nella campagna anti “geovismo”: 1) gli ex Testimoni di Geova; 2) i mass media, coinvolgendoli maggiormente; 3) le strutture parrocchiali; 4) gli organi statali opportunamenti sensibilizzati”. (Intolleranza religiosa alle soglie del Duemila, Associazione europea dei Testimoni di Geova per la tutela della libertà religiosa, con commenti di P.Bellini e M.Mellini, Fusa editrice, Roma 1990, pag. 84). Il G.R.I.S., nato nel 1987 come Gruppo di Ricerca e di Informazione sulle Sette, nel 2002 ribattezzato Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa, è un’organizzazione dichiaratamente cattolica; l’attuale presidente è un frate domenicano.

NOTA 40 www.dust.it , articolo on-line Ufologi, satanisti e buddisti: per la Curia son tutti uguali dell’8 giugno 2001.

NOTA 41 Vittorio Messori, scrittore e giornalista, autore di oltre 20 libri di argomento religioso, fra i quali il celeberrimo Varcare le soglie della speranza scritto a quattro mani con papa Giovanni Paolo II. Insignito nel 1994 del Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica.

NOTA 42 Le “sette” e i loro “ex”, dal sito del CESNUR (11/02/2011).


[Modificato da EverLastingLife 16/07/2012 22:11]
10/07/2012 23:23
 
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APPENDICE 1: TOM & JERRY ED IL CAMPIONE AUTOSELEZIONATO



È molto facile illustrare il problema del ‘campione autoselezionato’. Un fratello in fede ha ideato un esempio scherzoso del quale sono protagonisti i personaggi di Tom & Jerry, il famoso cartone animato di Hanna e Barbera.

Amatissimo dai bambini, Tom è certamente il più popolare gatto dei cartoni animati, al pari di Silvestro e prima di altri felini celebri come Garfield, Isidoro, i personaggi del film Gli Aristogatti, il vecchio Felix e così via. Una domanda quale: ‘ti è simpatico Tom?’, avrebbe quindi una risposta scontata, specie se rivolta ad un pubblico di ragazzini.

Immaginiamo ora che il topo Jerry, da sempre nemico mortale di Tom (sebbene in alcuni episodi della serie capiti anche di vederli alleati), venga a sapere di questo sondaggio. Timoroso dei suoi probabili esiti, Jerry si mette d’accordo con il cane Spike, al quale Tom è naturalmente inviso, e con il gatto Butch, che ha pure le sue ragioni per odiarlo, dato che entrambi si contendono l’amore della micia Toodles Galore.

I tre riescono a contattare per primi l’intervistatore, che pone a tutti e tre l’unica domanda del sondaggio, in tutti i casi con la medesima, ovvia risposta negativa. Convinto che procedere oltre sarebbe inutile, dato che il trend gli appare inequivocabile, l’intervistatore ‘chiude’ prematuramente il sondaggio con il risultato… che il 100% degli intervistati odia il gatto Tom. Ma si tratta di un rilevamento plausibile? No, perché il campione è ‘autoselezionato’, ovvero costituito di personaggi che hanno Tom in antipatia e che quindi condizionano in modo determinante il risultato di tale indagine statistica.

È un po’ quello che accade quando si ha a che fare con servizi televisivi, articoli di giornale, siti Web incentrati sui testimoni di Geova, nei quali la ‘regia’ più o meno occulta è curata da antagonisti dichiarati degli stessi: membri del clero, ex-testimoni, affiliati a gruppi anti-sette e via discorrendo. Costoro si adoperano a snocciolare un repertorio di testimonianze preconfezionate, accuratamente scelte per il loro contenuto ‘sinistro’ e che possono impressionare l’ingenuo avventore, ma si guarderebbero bene dall’evidenziare come, a fronte di tali testimonianze, esiste ‘qualche milioncino’ di esperienze positive di testimoni di Geova, o di persone che li conoscono bene (ad esempio perché hanno un parente stretto in questa religione) e che non sarebbero altrettanto pronte a favorire tale catastrofismo.


[IMG]http://i49.tinypic.com/334uayx.jpg[/IMG]

Un esempio scherzoso di ‘campione autoselezionato’ con i personaggi
di Tom & Jerry: l’amatissimo Tom è il più popolare gatto dei cartoni
animati insieme a Silvestro. Eppure da questo “sondaggio” risulta che
al 100% degli intervistati Tom è antipatico! Come mai? Perché i
campioni sono… scelti male. Gli intervistati sono infatti Jerry, il
cane Spike, e Butch, il gatto rivale in amore di Tom…


[Modificato da EverLastingLife 10/07/2012 23:58]
10/07/2012 23:24
 
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APPENDICE 2

considerazioni statistiche: un caso di studio




Premessa tecnica. I calcoli riportati in questa appendice non presumono di essere, in senso stretto, accurati. Si vedrà tuttavia che tutte le approssimazioni adottate sono conservative e sono state studiate per agevolare, da un punto di vista numerico, non la posizione dei testimoni di Geova, ma quella dei loro detrattori.

Premessa morale. È privo di senso sul piano scientifico, e disdicevole su quello etico, cercare di ‘misurare la sofferenza’ ricorrendo ai numeri: sminuire l’entità di un incidente stradale che ha provocato due vittime, solo perché dall’altra parte del mondo una guerra civile ne causa cinquecento al giorno, equivale a banalizzare il dono della vita. Naturalmente ciò vale anche per quei fenomeni che non la mettono direttamente in pericolo: poco importa che a patirli siano solo dieci persone o dieci milioni, si tratta in ogni caso di aberrazioni ed è imperativo, in una società civile, mettere in campo ogni sforzo necessario a sradicarle.

A fronte di tale ovvietà, è però doveroso ricordarne un’altra: il principio su indicato si può impiegare solo per questioni che siano
oggettivamente classificabili come anomalie sociali. È cioè applicabile ad un’epidemia, ad una crisi aziendale che causa licenziamenti di massa o alla recrudescenza di atti criminali in un quartiere, ma non se ne può fare una applicazione ad usum delphini per un contesto popolato da una stragrande maggioranza che la percepisce come soddisfacente (in vario grado), e da una strettissima minoranza che la descrive invece, praticamente senza mezze misure, come atroce, drammatica o terrificante. Uno squilibrio del genere costringe l’osservatore non prevenuto a porsi il problema dell’attendibilità della minoranza: se in una classe elementare di trenta bambini ventinove adorano la maestra, e il trentesimo si dichiara perseguitato e oggetto di varie angherie che non è nemmeno in grado di provare, è sintomatico sospettare che quest’ultimo, più che della maestra, sia vittima della sua stessa autocommiserazione. Specie poi se si scopre che non ha neanche voglia di studiare e non fa mai i compiti.

Se è scorretto, quindi, trarre delle considerazioni che seguono una conclusione cinica, del tipo
“solo pochissimi ex-testimoni di Geova affermano di soffire, quindi poco importa”, a maggior ragione è scorretto confondere i piani, spacciare il particolare per l’universale, amplificare l’unica voce stonata del coro, lasciando credere che l’esigua categoria di ex-testimoni di Geova critici, posto che dicano la verità, sia in qualche modo rappresentativa di una realtà che tutti gli altri vivono positivamente.
_________________________________________________

Abbiamo preso in esame i dati forniti da un sito Internet di fuoriusciti dei testimoni di Geova che si presenta, relativamente parlando, come la più numerosa comunità virtuale italiana di questo tipo. Un’apposita sezione di tale sito riporta una serie di esperienze negative legate al mondo di testimoni di Geova: si tratta di disassociati / dissociati, oppure di persone che affermano di essere tuttora testimoni, o infine di persone che hanno studiato per qualche tempo, senza arrivare al battesimo. Con rare eccezioni, gli intervistati tratteggiano una descrizione decisamente pessimistica del proprio vissuto fra i testimoni, sottolineando chi un aspetto, chi un altro, ma pervenendo quasi invariabilmente ad un quadro a tinte fosche che lascia pochi dubbi al fruitore occasionale: si è trattata di un’esperienza decisamente negativa, da non ripetere nel modo più assoluto e da non consigliare a nessuno.

Le esperienze riportate in tale elenco, nel momento in cui è stato completato il presente articolo, sono appena 82 (ottantadue). Si consideri che i testimoni di Geova attivi in Italia sono (nel medesimo periodo) oltre 245.000 (duecentoquarantacinquemila), [nota 1] e si avrà una buon punto di partenza delle proporzioni con le quali abbiamo a che fare, e con le quali avremo a che fare fino alla fine del nostro ragionamento.

In realtà, è necessario fare una particolareggiata distinzione nel merito delle ottantadue esperienze. Distinzione che è riassunta dalla seguente tabella:


[IMG]http://i46.tinypic.com/2n7l2kk.jpg[/IMG]

Le righe arancioni fanno riferimento alle esperienze che non hanno peso statistico, dato che sono anonime in origine, oppure da considerarsi anonime nei fatti. [nota 2] È ovvio che un’esperienza firmata con un nickname più o meno bizzarro non merita di essere presa in considerazione, dato che potrebbe essere stata scritta da chiunque, e lo stesso dicasi per una siglata con le sole iniziali o con il solo nome proprio, tipo ‘Attilio’ o ‘Renata’.

La riga gialla indica esperienze la cui tracciabilità è dubbia: gli unici dati a disposizione sono infatti il nome ed il cognome del presunto autore. A rigor di termini, anche questa dovrebbe essere fatta ricadere nella categoria precedente, dato che scrivere in calce ad un’intervista ‘Mario Rossi’ o anche ‘Mario Rossi da Milano’ non serve evidentemente a documentarla: nessun avvocato penserebbe di portare in tribunale una testimonianza dai connotati così fumosi. Solo l’unica riga verde corrisponde a vicende di vita vissuta che si possono considerare reali al di là di ogni ragionevole dubbio, dato che rientrano in uno di questi tre casi: [nota 3]

1. sono corredate non solo di nome e cognome, ma anche della ex-congregazione di appartenenza (assumiamo che questo dato basti a rendere l’esperienza tracciabile, anche se, a dirla tutta, sarebbe necessaria una verifica diretta);
2. sono tratte da articoli di giornali considerati attendibili;
3. sono riferite a personaggi ‘noti’ nel piccolo ambiente degli ex-testimoni di Geova.

Il risultato, come si vede, è che appena in otto casi, sul totale di ottantadue (meno del 10%), abbiamo a che fare con esperienze documentate o verificabili per altra via. Il grafico che segue mostra la sproporzione tra tale categoria (barra verde) e quella delle esperienze anonime (barra arancione).


[IMG]http://i47.tinypic.com/21acot2.jpg[/IMG]

[Modificato da EverLastingLife 26/06/2018 13:44]
10/07/2012 23:24
 
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Qualunque rapporto, cioè, dovrebbe essere calcolato partendo dalla base di otto esperienze ‘certe’ e non delle ottantadue totali. (È anche il caso di ricordare che non tutte le oltre 80 esperienze sono riferite a disassociati: diverse di esse riguardano persone che non sono mai state testimoni di Geova). Ma ignoriamo a bella posta questi dati di fatto e immaginiamo che tutte e ottantadue le esperienze siano reali, tralasciando il problema oggettivo della documentazione. Non solo, ma in modo assolutamente arbitrario prendiamo questo numero (82) e moltiplichiamolo per settanta volte (82 x 70 = 5.740). [nota 4] Questa cifra, sia pure con inconcepibile generosità, può tener conto di alcune variabili: il sito in questione non è l’unico nel suo genere; molte esperienze non vengono pubblicate, per motivi sui quali non tenteremo nemmeno di speculare; alcuni dissidenti non usano Internet (benché si tratti certamente di una categoria di dimensioni trascurabili), e così via.

5.740, un numero ‘pompato’ all’inverosimile, è assunto come la cardinalità dell’insieme dei disassociati impegnati in qualche forma di attivismo anti-organizzazione dei testimoni di Geova. Avventuriamoci ora in una proporzione rispetto al numero dei disassociati totali. Qui incontriamo una difficoltà, dato che la Congregazione Cristiana dei testimoni di Geova non diffonde dati ufficiali sul numero di coloro che lasciano questa religione. Introvigne osserva però che “anche nei gruppi più discussi oltre l’85% degli ex-membri non assume una posizione militante ostile al movimento che ha lasciato”. [nota 5] Non crediamo che i testimoni di Geova siano fra i ‘gruppi più discussi’ ai quali pensa Introvigne (certamente gli apostati vorrebbero farli passare per tali), ma assumiamo invece che lo siano e anzi, di nuovo in modo arbitrario, diminuiamo tale percentuale fino all’80%: su 5 disassociati viventi, 4 non assumono una posizione critica, uno sì. Ossia il 20% dei disassociati è composto da attivisti critici. (Come qualunque testimone di Geova può confermare, anche questa è una concessione piuttosto generosa).

Il totale degli ex-testimoni di Geova viventi, in Italia, sarebbe dunque di 28.700 (infatti il 20% di 28.700 è 5.740), un numero che appare realistico. [nota 6]

Notiamo a questo punto che anche il termine di paragone, ovvero il numero dei testimoni di Geova, andrebbe aumentato di molto, ivi includendo anche i cosiddetti ‘simpatizzanti’, cosa che porterebbe il totale ad oltre 460.000 unità. I simpatizzanti - che per definizione sono ‘non ostili’ - sono coloro che frequentano i testimoni di Geova senza essere testimoni attivi, e per convenzione si pongono pari ai presenti alla Commemorazione (la più importante adunanza annuale dei testimoni). Si può obiettare che questo numero includerebbe anche una quota parte delle categorie precedenti, dato che alcuni disassociati assistono alla Commemorazione, ma l’incidenza di questi ultimi sul totale dei presenti è davvero esigua.

I seguenti grafici a torta permettono di apprezzare la sproporzione nel quantitativo degli apostati (zona rossa) sia rispetto agli stessi disassociati non critici (zona gialla) sia soprattutto rispetto ai testimoni di Geova (zona verde). Nel primo grafico la zona verde rappresenta i soli testimoni attivi.


[IMG]http://i46.tinypic.com/5b5wlu.jpg[/IMG]

Nel secondo grafico la zona verde racchiude anche i ‘simpatizzanti’.


[IMG]http://i49.tinypic.com/2znn9th.jpg[/IMG]

In tutti e due i casi la zona ‘apostata’ del grafico è di dimensioni davvero modeste; eppure è il risultato delle seguenti, grossolane approssimazioni che sono tutte vantaggiose per la parte avversa:

• abbiamo sorvolato sul fatto che meno del 10% delle esperienze apostate del nostro caso-studio sono riconducibili ad una identità certa;
• abbiamo considerato fra le esperienze negative anche quelle di persone che non sono mai state testimoni di Geova;
• abbiamo moltiplicato d’arbitrio il totale delle esperienze per 70;
• abbiamo supposto che 20 disassociati su 100 (uno su cinque) siano apostati dissidenti.

Crediamo che ogni ulteriore commento sia superfluo.
[Modificato da EverLastingLife 13/07/2012 10:22]
10/07/2012 23:24
 
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NOTE IN CALCE ALL'APPENDICE 2


NOTA 1 Si veda questo link . I dati sul numero di testimoni di Geova in Italia e nel mondo, forniti dal gruppo stesso, sono condivisi e propagati da varie fonti (si vedano ad esempio: sito del CESNUR; sito adherents.com, sezione Major Religions of the World Ranked by Number of Adherents; sito della BBC, sezione religions and beliefs - Jehovah's Witnesses) e molto di rado messi in dubbio. I testimoni di Geova sono probabilmente l’unica confessione di fede al mondo per la quale si possa affermare, come ha fatto il sociologo Pier Luigi Zoccatelli, che “mentre molti movimenti religiosi esagerano il numero dei loro fedeli, i Testimoni in un certo senso lo riducono, perché considerano membri in senso stretto della loro organizzazione soltanto coloro che si impegnano nella "testimonianza" di porta in porta” (I testimoni di Geova – Le origini, il successo. I problemi, dal sito unavocegrida.tripod.com). Sono quindi esclusi dal conteggio, fra gli altri, gli ‘inattivi’ (quelli che hanno smesso di predicare, pur essendo battezzati) e i figli non ancora proclamatori dei testimoni di Geova. Probabilmente la miglior prova che i dati sulla consistenza del gruppo siano veritieri è offerta… dagli apostati stessi, che li utilizzano per porne in evidenza i punti deboli (quali il ridotto incremento nei paesi occidentali).

NOTA 2 Un vero scivolone, se si ricorda che una delle accuse che i fuoriusciti dissidenti muovono all’Organizzazione è proprio quella secondo cui alcune testimonianze sarebbero pubblicate (sulla Torre di Guardia e altrove) senza riferimenti precisi. Sulle reali motivazioni dell’anonimato di tali esperienze di apostati, si veda la [nota 32] dell'articolo I FUORIUSCITI DEI TESTIMONI DI GEOVA: TRA FENOMENOLOGIA E STATISTICA - Cosa dicono gli esperti?

NOTA 3 È curioso constatare come quest’unica categoria di sicura individuazione sia ‘guarda caso’ anche la più litigiosa. Delle otto persone citate, due sono state successivamente espulse da questa comunità virtuale perché ne contestavano la gestione, ed un terzo, pur rimanendovi, ha rassegnato le dimissioni da amministratore.

NOTA 4 Perché è stato scelto proprio il fattore 70? Perché ci permetterà, applicando una percentuale determinata in letteratura, di pervenire ad un dato realistico per quanto riguarda il numero totale di fuoriusciti dai testimoni (vedi [nota 6]).

NOTA 5 FAQ sul lavaggio del cervello e la manipolazione mentale, dal sito del CESNUR.

NOTA 6 Nel 2011 le congregazioni dei testimoni di Geova in Italia erano 3050. La stima di 28.700 disassociati viventi nel medesimo periodo corrisponde ad una media, del tutto verosimile, di 9 – 10 disassociati per congregazione.

[Modificato da EverLastingLife 13/07/2012 10:25]
11/07/2012 08:07
 
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Grazie per l'immane lavoro,ELL,veramente molto interessante [SM=g7474]
11/07/2012 08:52
 
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Ottimo come sempre.... [SM=g28002]
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
forum Testimoni di Geova




Nella vita non ci sono problemi ma.....soluzioni.
11/07/2012 09:02
 
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Re:
EverLastingLife, 10/07/2012 23.24:



Crediamo che ogni ulteriore commento sia superfluo.




Parole sante....!

Eccellente studio.

[SM=g7255]
11/07/2012 10:12
 
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Moderatore
ELL complimenti vivissimi per il tuo ottimo lavoro!

Grazie per averlo condiviso con noi. Bisogna inserirlo nel forum in Evidenza per facilitarne il ritrovamento

[SM=g2037512] [SM=g2037512]



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Testimoni di Geova Online Forum

www.TdGonline.it
------------------------------------------------------


"Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione" - Edmund Burke
11/07/2012 11:24
 
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Notevole. Grazie di cuore. [SM=g8861]

Perché non impaginare in formato pdf? (Il solito incontentabile)
11/07/2012 11:54
 
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Re:
roberto.testimonidigeova, 11/07/2012 11.24:

Notevole. Grazie di cuore. [SM=g8861]

Perché non impaginare in formato pdf? (Il solito incontentabile)




Se l'amministrazione del sito sarà d'accordo, potrebbe diventare un articolo di tdgonline.
11/07/2012 12:03
 
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Ma assolutamente sì... è doveroso e ci vuole anche un incipit celebrativo, un incenso alla sobrietà elettiva di questo studio... mi offro volontario! [SM=g27987]
12/07/2012 09:21
 
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E' davvero un lavoro notevole!
Chiaro puntuale esauriente.
Complimenti e grazie per averci dedicato il tuo tempo!

19/07/2012 11:20
 
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Gran bel lavoro, Ell [SM=g2037512]
19/07/2012 12:11
 
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Importante!

Da conservare...Grazie Sig.Ell
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