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PdV Quinta partita

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2016 14:16
10/02/2015 19:35
 
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Consigliere del Re
Riflessioni in seno alla compagnia
Per anni avevo pianificato la guerra che avrebbe riportato la compagnia a casa, per anni trame erano state tessute nell’ombra. A lungo i miei ufficiali avevano viaggiato per cercare uomini e signori che ci avrebbero appoggiato. E ora che ero arrivato ad un passo dalla mia guerra, nessuno combatteva.
Poche cose interessanti successero in quei giorni, la marcia proseguiva senza grandi problemi.
Quanto mi riferirono quella sera i miei ufficiali mi lasciò più che perplesso. Quello che segue è il racconto di quella serata che scosse molto la mia fiducia che avevo mal riposto nei governanti di quelle terre che molto a lungo avevo chiamato sottovoce casa.
Il bosco aveva lasciato posto a verdi colline, il vento le accarezzava carico dell’odore del mare, un odore lontano che rendeva il vento foriero di storie che non sarebbero mai state raccontate.
Il sole tramontava tingendo il cielo di un rosso scarlatto, il rosso del sangue che non sarebbe scorso se i ribelli non avessero preso sul serio la loro ribellione.
Come ogni sera l’accampamento venne eretto, perfetto come al solito. Lo erigemmo in una piccola valle tra due colline più alte delle altre. Nessun fuoco avrebbe brillato sotto le stelle quella sera, sarebbero stati visibili da molte leghe di distanza. Come sempre la mia tenda era stata piazzata al centro del campo.
Quando arrivarono gli ufficiali stavo finendo di scrivere alcune annotazioni sul libro mastro della compagnia.
Arrivarono a scaglioni, ognuno di loro aveva molti doveri, e prima di presentarsi si curava che fossero finiti o ben avviati.
“Signore, dobbiamo confermare la mancanza di iniziativa di questa guerra, i ribelli hanno attaccato l’altopiano un paio di isole nella baia delle acque nere e due piccoli castelli sotto la protezione della corona e uno nelle terre basse di Dorne.” Caspor era visibilmente turbato nel riferire queste notizie, era sempre stato un uomo che arrivava dritto al sodo delle questioni e anche con i fatti.
“Comandante, di questi attacchi nessuno ha avuto grossa rilevanza, tutti con meno di mille uomini, nessuno che avesse la men che minima idea di sfondare le linee nemiche, nessun vero tentativo di ingaggiare il nemico. Sembra che i ribelli non credano molto nella loro causa. Si sono ribellati ma pare abbiano paura di colpire seriamente; hanno mandato qualche avanguardia giusto per far vedere che sono ribelli, senno la gente potrebbe dimenticarsi che c’è una guerra.” Aero era un uomo di origini Braavosiane, grande barba nera e pelata. Non si era mai fatto problemi a parlare, sia davanti ai magistri sia davanti a principi e arconti.
Nel frattempo erano arrivate alcune cose da mangiare e un barile di buon vino, mentre si parlava si mangiava qualcosa prima di cenare veramente.
Durante questa fase della discussione non mi ero mosso dalla sedia, e continuai a star seduto mentre esponevo la mia idea agli altri ufficiali.
“Questa guerra mi fa ridere, fa ridere tutta la compagnia. L’unico che abbia avuto veramente le palle di fare qualcosa è stato il Principe Straccione nelle terre basse. Ha avuto le palle, ma ha fatto una mossa troppo azzardata per l’attuale stato di avanzamento della guerra. I lealisti sono stati scossi dalla fuga di due dei più importanti personaggi: il lord di Altogiardino e quello di Collina del Corno, e loro hanno i loro problemi, mentre il cugino nel re sta ancora ammassando truppe a capo tempesta.”
Mi fermai per qualche secondo per bere un sorso di vino e poi ripresi.
“Questa guerra non ha il carattere che dovrebbe avere, è una guerra moscia come non ne ho mai viste, se continuerà ancora su questa strada torneremo in oriente a combattere aspettando una vera guerra. Non riesco a dire se questi lord siano eccessivamente cauti o troppo impauriti per combattere.” Erano notizie sconcertanti queste, non credevo a quello che stavo dicendo. Pensai molto a quelle parole quella notte.
“Non possiamo far molto, finché non inizieranno i veri conflitti c’è ben poco che possiamo fare.” Caspor aveva ripreso la parola ma venne interrotto dall’irruenza di Alios.
“La prima località che razzieremo faremo sentire che la guerra è arrivata, propongo di sterminare la popolazione, di passarla a fil di spada” Alios era un buono stratega anche se aveva dei metodi da macellaio per certi aspetti.
“Noi non macelleremo nessuno, siamo mercenari non barbari. Piuttosto sarà tempo di aprire la cassa di mogano e tirare fuori i vecchi stendardi, ora possiamo solo marciare, cercando di non essere individuati. Possiamo dare ascolto alle nostre spie per qualunque cosa, possiamo scrivere lettere per spronare i lord ad agire ma più di questo poco possiamo fare.”
Aria di sconforto aleggiava nella tenda.
Congedai i capitani e uscii dalla mia tenda, quella sera andai a mangiare con la truppa. Il mio vecchio amico ed ex capitano me lo aveva sempre detto, essere Lord Comandante ti conferirà un’aura quasi mistica, ma ogni tanto gira per il campo, marcia con la truppa a piedi. In questo modo sapranno che sei con loro, per comandarli e per guidarli verso casa.
Girai per le varie tende, fuochi all’aperto erano stati proibiti, quindi gli uomini avevano acceso piccoli focolari dentro le spesse tende che formavano gli accampamenti. Ogni tenda ospitava una trentina di uomini con le loro armi e i loro bagagli, seppur di dimensioni ridotte.
Mi fermai a chiacchierare con alcuni balestrieri su come sarebbe stato bello avere qualche baldracca in più al seguito, poi la mia attenzione fu catturata da uno scout che parlava con alcuni fanti, stava raccontando di come era sopravvissuto alla battaglia sotto le grandi mura di Lys meno di due anni fa.
Alla fine decisi di unirmi a un soldato che stava intagliando un pezzo di legno, mi disse che era per la bambina, un piccolo giocattolo che aveva visto a Lys quando eravamo salpati per l’attraversata più lunga. Sperava di poterglielo dare a guerra finita. Non dissi nulla ma in cuor mio sapevo che non erano molte le possibilità che aveva, era un fante, spesso in prima linea, sempre nel pieno della battaglia. Ma quando mi disse che era con me da ben sette anni mi ricredetti.
Divisi con lui la cena, la cena della truppa era un tozzo di pane e due ciotole di zuppa calda, e se eri fortunato poteva capitarti anche un pezzo di carne abbastanza grande da dividere con qualcuno. Nessuno dei due fu così fortunato quella sera, mangiammo le nostre ciotole di zuppa parlando della figlia, di come l’avrebbe trovata cresciuta e magari anche già sposata.
La cena degli ufficiali non era molto diversa: pane, una zuppa un po’ più densa, e se c’era qualche frutto. Le scorte di lusso erano o erano finite o erano in serbo semmai avessimo dovuto ricevere qualcuno di importante. Una cosa che cambiava molto era il luogo della cena, gli ufficiali mangiavano nelle loro tende o nella mia se eravamo in consiglio, seduti su comode sedie e non seduti per terra o sulle radici degli alberi.
Finii la zuppa e lasciai il soldato a finire il suo giocattolo, continuai a girare per le tende, saggiando l’umore dei soldati, quello che dicevano, e a scambiare qualche parola con loro.
In quel periodo l’umore non era male, le lamentele erano sempre le stesse: più baldracche e più vino per la truppa. SI marciava di giorno e ci si accampava la notte; raramente si stava più di due giorni nello stesso posto.
Il mattino seguente ci rimettemmo in marcia poco dopo l’alba, la strada si faceva sempre meno buona, sempre più buche rallentavano la colonna dei carri. In compenso il paesaggio migliorava, si faceva più bello, le colline erano punteggiate di case e fienili, ogni tanto qualche persona correva a nascondersi dentro le fattorie ma almeno vedevamo qualcuno al di fuori della compagnia.
Stavo marciando con un gruppo di arcieri quando una staffetta mi raggiunse e mi consegnò una lettera, portava il marchio di Norvos; un nobile deciso di unirsi alla compagnia e stava marciando con una sua guarnigione personale verso le terre contese dove si stava radunando un secondo gruppo della compagnia. Scriveva che era caduto in disgrazia e ora cercava riscatto personale e che si sarebbe unito a noi con circa mille uomini.
Lasciai gli arcieri e riunii con gli altri ufficiali superiori in testa alla colona.
Cavalcai avanti e indietro lungo la colonna, ogni compagnia era preceduta da un cavaliere con uno stendardo dorato, ogni stendardo portava un numero diverso di teschi, ogni compagnia aveva un numero. Arcieri, lanceri, balestrieri e fanti, divisi per compagnie, tanti piccoli eserciti in miniatura.
Ero fiero di quegli uomini, il miglior esercito d’occidente; uomini armati, addestrati, disciplinati, leali e soprattutto feroci. Sapevano essere uomini d’onore ma se davo loro l’ordine erano più feroci e brutali degli uomini di Lord Vargo.
Ricordo ancora quella volta quando una nobildonna di Myr mi chiese di rompere il contratto con Lys. Quella notte mi offrii oro, gioielli e molte cose a cui gli uomini comuni avrebbero ceduto. Modi raffinati e sofisticati vennero sostenuti da me e dagli altri ufficiali presenti quella notte. Ma il mattino seguente mi presentai a lei con un fiore colto dal suo giardino, una magione fuori dalle mura di Myr. Avevo la tunica sporca di sangue, sangue fino ai gomiti, e la spada ancora gocciolante. Era bastata la mia guardia personale. Quando riconobbe quel fiore impazzì, non furono necessarie parole o spiegazioni, nessuno può mettere in discussione l’onore dell’erede di Acreacciaio e restare impunito. Se comandati quegli uomini sapevano essere crudeli, spietati e sanguinari come pochi. Era questo che faceva di loro dei soldati quasi perfetti, leali fino al midollo alla compagnia, eseguivano gli ordini degli ufficiali sapendo che se avessero fatto quanto veniva a loro richiesto sarebbero stati più vicini a riavere il posto che gli spettava di diritto in Westeros.
La feroce lealtà della compagnia non era mai stata messa in discussione.
Aveva iniziato a piovigginare mentre ero assorto nei miei pensieri, la marcia continuava senza problemi, ad intervalli regolari alcuni scout a cavallo venivano a riferirmi cosa ci aspettava davanti e ai fianchi. Nessun tamburo scandiva la marcia, i soldati non parlavano molto. Solo il freddo rumore di acciaio contro acciaio, il gelido rumore di una lieve pioggia sulle corazze, il rumore del vento tra gli alberi, del vento che faceva schioccare le bandiere come fruste.
Grigio il cielo, grigio l’acciaio, grigio lo sguardo di coloro che assistevano all’avanzata della compagnia. Sguardi tristi e sguardi impauriti seguivano la compagnia, ma più di ogni altro sguardi vuoti.
Sguardi vuoti di coloro che sapevano che ben presto le fiamme della guerra si sarebbero innalzate alte in occidente, che ben presto quelle fiamme avrebbero bruciato uomini sogni e speranze.
Fumo nero come la notte,
Ceneri grigie come i capelli di un vecchio,
Fiamme dorate come noi.
[Modificato da Vipera Rossa di Dorne 10/02/2015 19:44]





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
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