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LOCKE

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2017 17:55
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15/03/2017 17:55
 
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“Le azioni degli uomini sono le migliori interpreti dei loro pensieri” - John Locke

Ma non è della notte di John di cui parleremo, bensì quella di Ivan, Ivan Locke, che condivide con il padre dell'illuminismo il pragmatismo empirico e la supremazia della ragione, la determinazione di una volontà, demiurga di un destino scritto e diretto non dal fato né da Parche o Moire, ma da una forza inarrestabile verso un obiettivo inamovibile, alla fine della quale, comunque sia andata, come quell'altro Ivan, Denisovic, la considererà una notte positiva.

Ivan è, ironicamente, un costruttore, un abile direttore edile, affidabile, corretto, esemplare con una posizione di rilievo e privilegiata, una bella famiglia che lo attende ogni sera davanti al focolare domestico. Presiede quella notte alla più grande colata di cemento del vecchio continente per costruire un nuovo ed imponente grattacielo. Le fondamenta sono tutto, è importantissimo controllare ogni particolare, attenti ad ogni dettaglio, prevedere qualsiasi cosa possa compromettere la corretta commistione di tutti gli elementi che di concerto costituiranno le basi su cui costruire il tutto.

Ma quella notte vi sarà un altro processo di edificazione. Un processo che richiederà prima una decostruzione totale per poi accettare l'edificazione di nuove priorità che costituiranno l'ossatura dell'uomo che intende essere Ivan, altre fondamenta, non di cemento, ma le fondamenta di ciò che si è prefisso di essere.

Ne facciamo la conoscenza in cantiere, dopo una lunga giornata di lavoro, nel consueto e pedissequo gesto di tutte le fine giornate di lavoro: spogliarsi degli usuali abiti e indossare quelli ordinari, quelli della vita. E' un simbolo lo spogliarsi e il rivestirsi, come ogni ciclo naturale ci si spoglia solo per poi rivestirsi, ammantarsi di una nuova stagione, risvegliarsi dopo un lungo letargo, cedere il passo alla luce o alle tenebre, solo che Ivan quella sera non si spoglia solo di un abito, ma dell'intera struttura che quell'abito simboleggia, si spoglia di una routine, si spoglia di un dovere minore, si spoglia dalle proprie priorità e dalle proprie responsabilità, ma non per rimanerne nudo e privo, ma per indossarne e rivestirne delle altre, più elevate, meno strumentali, più nobili.

Per questo una volta salito in macchina non si dirigerà a casa dove i figli lo aspettano per guardare la partita e dove la moglie lo attende per vezzeggiarlo, non cercherà una vita comoda, si dirigerà in un ospedale a due ore di distanza per assistere quella persona che lo ha inaspettatamente chiamato quel giorno.

Ivan diventerà di nuovo padre, ma il figlio non è quello di sua moglie. Era stato uno sbaglio fugace, poche ore di una notte lontano da casa dove due anime si erano incontrate, si erano piaciute, ascoltate e, nel loro anelito di tenerezza, si erano unite. E tutto era finito li... sino a quella sera. Poteva rifiutare, negarsi, accampare scuse, abbarbicarsi sulle proprie ragioni di comodo, rifugiarsi dietro spauracchi, intimidire, declinare, dissimulare, mentire, ricusare, postergare, rinunciare, tirarsi indietro... ma non lo fece. Stentorea, quella sera, la sua voce interiore dettò le regole di una nuova esistenza, un'esistenza non più fatta di esili e precarie ragioni, ma un'esistenza proiettata verso l'autenticità di una volontà inamovibile e senza compromessi.

Lei era certa che il figlio era suo e questo bastò. Gli chiese di essere presente al parto perché sola e Ivan acconsentì. Quel semplice appuntamento avrebbe riscritto l'intera sua vita: lavorativa, affettiva, esistenziale; da quel piccolo grande viaggio non sarebbe tornato più lo stesso. E non perché non avrebbe potuto trovare facili escamotage: fingersi malato, fingere un problema sul lavoro, fingersi indisposto, ma perché la determinazione era smettere di fingere. Scuse ne aveva sentite fin troppe, a partire da suo padre che lo abbandonò da piccolo per poi ripresentarsi quando ogni senso lo rendeva inutile e pleonastico. 

Ivan viaggia verso la sua nuova vita, piena di interrogativi e risposte da conseguire, piena di incertezze e provate delusioni, con il carico di responsabilità che comporta una vita vera, autentica anche di fronte alla più grande delle sofferenze: quella causata agli altri. Nelle orecchie di Ivan echeggiano le voci veicolate dal bluetooth e che si propagano nel claustrofobico interno della sua BMW e che deflagrano senza pietà nella sua vita: i figli sconcertati, la moglie distrutta, il capo di lavoro infuriato, il collega disperato, la puerpera instabile, il medico preoccupato. In un caleidoscopio di emozioni che s'infrangono sulla sua anima, Ivan sopporterà tutto, prenderà in mano ogni situazione e la affronterà, non scapperà da nessuna di esse, fronteggerà ogni sua incombenza, onorerà ogni suo impegno e responsabilità, forte di una determinazione incrollabile nonostante le ineluttabili conseguenze, senza abbandonare nessuno, ma lasciando gli altri nella libertà di scelta che solo un uomo integro ed onesto può lasciare... 

'Non potevi fingerti malato, non potevi dire che stavi male?'
'No... perché non sto male'

Non c'è un lieto fine, non c'è una dispensa, non c'è un premio né una ricompensa per l'onestà e la verità. C'è solo una consapevolezza al netto delle conseguenze, una determinazione, una volontà e soprattutto una speranza, non per Ivan né per nessuno degli interpreti di questo viaggio che vale una vita: ma per quel vagito, che grida al mondo la sua presenza, che grida quell'anelito di essere percepito, che squarcia quella sera secando i piani di riferimento di nuove esistenze, quella notte dove forze irresistibili hanno incontrato un oggetto inamovibile... e lo sarà grazie alla volontà e al desiderio d'integrità che può costruire la più grande costruzione che possiamo immaginare e che non avviene mai se non a prezzo di veri sacrifici: quella di un nuovo essere umano.
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