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. Al primo posto mettete la confessione e poi chiedete una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima cosa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di dimenticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo commesso, che può avergli recato offesa. (Beata Madre Teresa di Calcutta)
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Scudo Sacro Cuore Gesù: Fermati!

 

 
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i primi 9 venerdi' del mese

Ultimo Aggiornamento: 07/06/2017 17:05
07/06/2017 11:38

Sesto Venerdì LA S. MESSA

 


Gesù Cristo, per la sua infinita bontà misericordiosa verso di noi, volle espiare il peccato originale e i nostri peccati personali per darci la possibilità di ridiventare figli di Dio ed eredi del Paradiso. Per fare questo Gesù consumò il suo martirio, iniziato fin dalla sua concezione nel seno purissimo della sempre Vergine Maria, con la sua Passione e Morte sul patibolo della Croce. Ma per applicare all’umanità i meriti della sua Redenzione lungo i secoli fino alla fine del mondo istituì il Sacrificio della S. Messa.
«La S. Messa è il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo che, sotto la specie del pane e del vino, si offre dal Sacerdote a Dio sull’altare in memoria e rinnovazione del Sacrificio della Croce» (definizione presa dal Catechismo di S. Pio X — faro di luce che ha illuminato il mondo e che nel tempo presente, in mezzo alle dense tenebre che ci avvolgono, lo si vorrebbe sostituire con vacue luci di lucciole).
La S. Messa quindi è la rinnovazione del Sacrificio della Croce, infatti:
1) Il Sacrificio della Croce tu offerto all’Eterno Padre.
1)Il Sacrificio della Messa si offre all’Eterno Padre.

2) Nel Sacrificio della Croce la Vittima offerta al Padre tu Gesù Cristo.
2) Nel Sacrificio della Messa la Vittima offerta al Padre è Gesù Cristo.

3) Il Sacrificio della Croce si compì colla distruzione della Vittima divina, Gesù Cristo, mediante la morte reale della sua Umanità Santissima sulla Croce.
3)Il Sacrificio della Messa si compie con la distruzione della Vittima divina, Gesù Cristo, mediante la morte mistica della sua Umanità Santissima sull’Altare.

4) Sulla Croce il Sacerdote che la Vittima al Padre fu Gesù stesso.
4) Nella Messa il Sacerdote Principale che offre la Vittima al Padre è Gesù stesso per mezzo del Sacerdote Ministeriale.


La differenza tra il Sacrificio della Croce e il Sacrificio della Messa sta in questo: a) Gesù sulla Croce si offrì al Padre in modo cruento, con del suo Sangue.
A) Gesù nella Messa si offre al Padre in modo incruento, senspargimento za spargimento del suo Sangue, ma misticamente.
b) Col Sacrificio della Croce Gesù meritò agli uomini tutte le grazie che costituiscono i , meriti del Sacrificio della Croce.

B) Col Sacrificio della Messa Gesù applica gli uomini i meriti del Sacrificio della Croce.


Perciò Gesù Cristo, realmente presente nella S. ssa, offre al Padre Celeste, sotto forma sacramento, la sua immolazione sulla Croce. Al riguardo il Concilio Vat. II — (Della Sacra Liturgia n. 47) — dice: Nostro Signore, all’ultima Cena, la notte in cui si sarebbe sacrificato, istituì il Sacrificio Ecuaristico del Corpo e del suo Sangue, per perpetuare il Sacrificio della Croce lungo i secoli fino a che Egli venga».
Il Papa Pio XII si esprimeva così: «Dall’altare del Golgota non è diverso l’altare delle nostre chiese; anesso è un monte sormontato dalla Croce e dal Crocifisso, dove si attua la riconciliazione fra Dio e l’uomo».
In uno degli ultimi più importanti documenti del Magistero, la solenne Professione di Fede di Paolo VI a chiusura dell’Anno della Fede — 30 giugno 1968 — il Papa dice: «Noi crediamo che la Messa celebrata dal Sacerdote, che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel Sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo Mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari». 

Il Sacrificio della Messa, che la Chiesa offre di continuo a Dio in tutto il mondo, placa la Giustizia divina, ne arresta i castighi e ottiene all’uomo grazia e perdono. Si comprende allora perché Dio non ci castiga come faceva anticamente nel Vecchio Testamento, benché nei tempi attuali i peccati sono aumentati di molto in numero e gravità. In ogni parte del mondo c’è sempre una Messa che viene celebrata in cui Gesù Cristo, rioffrendosi al Padre, grida: «Padre, misericordia!». — E il Padre sente l’amato Figlio e l’ascolta.
S. Timoteo di Gerusalemme afferma che la terra è debitrice della propria conservazione alla S. Messa, senza di questo Sacrificio i peccati dell’uomo l’avrebbero già distrutta.
«Io credo — diceva S. Leonardo da Porto Maurizio — che se non ci fosse la Messa, a quest’ora il mondo sarebbe già sprofondato sotto il peso delle sue iniquità. E la Messa il forte sostegno che lo regge».
«In ogni Messa — dice S. Tommaso d’Aquino — si trova tutto il frutto che Gesù Cristo ha meritato sulla Croce: tutto il frutto della Passione e Morte del Signore è il frutto di ogni Messa».


S. Alfonso Maria di L. dice: «Tutta la gloria che gli Angeli e i Santi hanno dato e daranno a Dio con le loro virtù, opere buone, penitenze, ecc. non potrà mai eguagliare la gloria che Gliene dà una sola Messa perché tutta la gloria di tutte le creature del Cielo, del Purgatorio e della terra è limitata, mentre la gloria data a Dio da una sola Messa è illimitata, infinita e Dio stesso non può fare che vi sia un’azione più santa e più grande della celebrazione della Messa». Perciò la S. Messa è l’azione che maggiormente glorifica Dio e più efficacemente placa la Giustizia divina verso i peccatori, che apporta maggior abbondanza di bene su questa terra, che più abbatte le forze dell’inferno e apporta maggior suffragio alle Anime del Purgatorio, per cui il Concilio di Trento afferma: «Bisogna confessare che l’uomo non può fare opera più santa e divina del tremendo Sacrificio della Messa».
Prodigio ineffabile, mistero sublime che si compie sullahare mentre si celebra la S. Messa. E Gesù Cristo che, Vittima di valore infinito, s’immola per noi e si offre all’Eterno Padre per soddisfare ai nostri peccati e per impetrarci i tesori della sua infinita Misericordia. Con la Messa Dio riceve l’adorazione perfetta, il ringraziamento pieno, la soddisfazione completa, la preghiera onnipotente. S. Filippo Neri diceva: «Con la preghiera noi domandiamo a Dio le grazie, con la S. Messa costringiamo Dio a darcele».
Diceva Gesù alla grande mistica S. Gertrude: «Sii sicura che a chi ascolta devotamente la S. Messa Io manderò, negli ultimi istanti della sua vita, per confortarlo e proteggerlo tanti dei miei Santi, quante saranno state le Messe da lui bene ascoltate».
Una Messa, ascoltata bene durante la vita presente, è per noi molto più proficua e salutare di molte Messe ascoltate o fatte celebrare da altri per noi dopo la nostra morte. Come non compiangere quei fedeli, più pagani che cristiani, i quali non si curano affatto o ben poco di partecipare alla Messa festiva che perdono per ogni più futile motivo. S. Maria Goretti per andare a Messa la domenica alle volte percorreva a piedi, tra andata e ritorno, 22 chilometri.
Nella nostra vita di ogni giorno dovremmo preferire la S. Messa ad ogni altra opera buona perché — dice S. Bernardo — si merita di più ascoltando devotamente una S. Messa che col distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare pellegrinando per tutta la terra. E non può essere diversamente perché nessuna cosa al mondo può avere il valore infinito di una Messa. Il martirio non è nulla — diceva il S. Curato d’Ars — in confronto della Messa, perché il martirio è il sacrificio dell’uomo a Dio, mentre la Messa è il Sacrificio di Dio per l’uomo! — La S. Messa è quindi la devozione delle devozioni alla quale dovremmo partecipare, possibilmente, tutti i giorni. 

Un giorno fu domandato a San Pio da Pietralcina:
«Padre, spiegateci la Messa».
— Figli miei, come posso spiegarvela? La Messa è infinita come Gesù... Chiedete ad un Angelo che cosa sia la Messa ed egli vi risponderà con verità: Capisco cos’è e perché si fa, ma non comprendo quanto valore abbia. Un Angelo, mille Angeli, tutto il Cielo sanno questò e così pensano.
— Padre, come dobbiamo ascoltare la Messa?
— Come vi assistettero la Santissima Vergine e le pie donne. Come assistette S. Giovanni al Sacrificio Eucaristico e a quello cruento della Croce.
— Padre, che benefici riceviamo assistendo alla S. Messa?
— Non si possono enumerare. Li vedrete in Paradiso.


— Altra risposta: Nell’assistere alla Messa rinnova la tua fede e medita quale Vittima s’immola per se alla divina Giustizia per placarla e renderla propizia. Non allontanarti dall’altare senza versare lacrime di dolore e di amore per Gesù Crocifisso, per la tua eterna salute. La Vergine Addolorata ti terrà compagnia e ti sarà di dolce ispirazione. 
Orbene per ravvivare la fede in questo grande mistero dell’infinito amore misericordioso di Gesù per noi e per invogliarvi a partecipare con devozione alla Messa, leggete e meditate questi due esempi narrati uno da P. Matteo Crawley, morto nel 1960 a Valpaso, e l’altro riportato nella biografia di Giuseppina rrettone, anima mistica, morta a Roma nel 1927. 

I Esempio

« Ero stato invitato — è P. Matteo che parla — a celebrare la S. Messa nella Cappella privata di una distinta famiglia. I membri di essa avevano pensato di invitare alla mia Messa un loro conoscente massone ed ateo che non aveva mai messo piede in chiesa. Quando, vestito dei sacri paramenti, esco per andare all’altare, vedo lì dinnanzi un uomo ritto in piedi, colle braccia conserte, in mezzo a due signori devotamente inginocchiati. La scena del Calvario al rovescio: là Gesù in mezzo a due malfattori, qui il malfattore in mezzo a due anime buone. Incomincio il Sacrificio della Messa e lui, il superuomo, quasi in aria di sfida, sempre in piedi. Al momento della Consacrazione improvvisamente, come vinto da una forza sovrumana, cade in ginocchio fra la più intensa meraviglia dei presenti, tenendo fisso lo sguardo verso l’altare, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. Che cosa era successo?... Quando la Messa fu finita domandò di presentarsi a me perché aveva bisogno di parlarmi.
— Padre, mi dice, che cosa è venuta a fare lei in questa sala?
— Che cosa sono venuto a fare? A celebrare la S. Messa.
— Che cosa è la Messa?
— Scusi, lei è credente?
— No, io non credo.
— Veda, signore, l’uomo aveva peccato e Dio per ottenergli il perdono mandò sulla terra il suo Divin Figliuolo, il quale, dopo aver predicato la sua dottrina confermandola coi più grandi miracoli, fu preso dai suoi nemici e fatto morire in croce fra i più atroci spasimi e tormenti.
— Ma che c’entra tutto questo con la Messa?
— La Messa è questo, niente altro che questo: la rinnovazione del Sacrificio compiuto sulla Croce per la nostra salvezza. Il massone mi guarda come trasognato.
— Allora mi dica: chi era colui che è venuto al suo posto?
— Non la comprendo.
— A un certo punto, quando hanno suonato il campanello (alla Consacrazione), lei è scomparso e al suo posto è venuto un altro signore, di aspetto maestoso, triste, tanto triste e tutto coperto di piaghe. Teneva le braccia distese e dalle mani lacerate da ferite usciva sangue che gocciolava dentro a quel bicchiere di metallo che c’era sull’altare...
— Nel calice.
— Sì, nel calice. Io non ho mai visto uno spettaco più tenero e commovente e mi sentivo tutto tremare davanti a lui. Passato un po’ di tempo (dopo la comunione del celebrante) è sparito ed è tornato lei al suo posto. Mi dica, chi era colui?
— Era Gesù! Gesù flagellato dai suoi nemici; Gesù coronato di spine; Gesù tutto coperto di piaghe e sangue; Gesù confitto sul legno della Croce Gesù che è morto per la nostra salvezza; Gesù che vuole donarle il suo perdono e il suo amore...
E così quel povero peccatore, convertito per questo grande prodigio, cadeva pentito ai piedi del Ministro di Dio e nel Sangue dell’Agnello, che cancella i peccati del mondo, purificava l’anima sua.

II Esempio

Il 22 aprile 1906 a Roma Giuseppina Berrettoni, passando davanti alla chiesa di S. Carlo al Corso, ebbe siderio di entrarvi per assistere ad un’altra Messa. Qui le accadde ciò che lei, stessa raccontò poi al suo Direttore Spirituale. Ecco le sue parole:
Durante la Messa... vidi una moltitudine di Angeli sistenti al Sacrificio che gremivano la chiesa più delle persone. Conobbi che ci sono molti Angeli ai quali incombe l’ufficio di assistere alle Messe che si celebrano... Quando suonò il campenello del Sanctus io sentii un campanello, ma molte campane suonate dagli Angeli. (Fra i tanti abusi liturgici, diffusisi dopo il Conc. Vat. II, oggi il suono del campanello durante la celebrazione della Messa è stato quasi del tutto abolito).
Quando fu il tempo della Consacrazione intesi pronunziare le sacre parole anche dai Sacerdoti beati e con ciò supplire ai difetti del Sacerdote celebrante. Capii che ciò lo fanno essendo per loro una gloria accidentale.
Venuta che fu la Vittima (con la Consacrazione), il raccoglimento degli assistenti invisibili (gli Angeli) fu molto più profondo... Fatta la sunzione del Sangue, vidi staccarsi un gruppo di Angeli che raccoglievano molto presto anche i piccoli avanzi del Sacrificio (i frammenti). Ciò mi consolò molto perché prima mi affliggevo vedendo la fretta o noncuranza di alcuni Sacerdoti (nel raccogliere i frammenti). Quando si arrivò alla benedizione vidi chiaramente un Vescovo con barba e in abito ponteficale che dava la trina benedizione e conobbi ch’egli era S. Pietro che ha l’ufficio di supplire in questo atto la trascuraggine dei Sacerdoti che la danno come qualunque altra cosa... Mi fu fatto capire che mi era stato concesso questo favore affinché risvegliasi nel popolo fedele il fervore nell’assistere alla S. Messa». Se Giuseppina Berrettoni si affliggeva dei difetti commessi nella celebrazione della Messa di allora, come si sarebbe addolorata delle celebrazioni moderne di certe Messe beat, celebrate a suon di chitarra e altri strumenti profani rumorosi, con certi canti da tabarin, con movenze da ballerini e tante altre stravaganze, con Comunione data nelle mani, con frammenti dispersi dappertutto, con pissidi purificate nel lavantino ecc.
Se ci fossimo trovati sul monte Calvario, mentre Gesù agonizzava sulla Croce per nostro amore, per la nostra salvezza, con quali sentimenti avremmo assistito a quella scena d’immenso dolore e d’infinito amore?
Ebbene con gli stessi sentimenti dovremmo assistere alla S. Messa, perché sull’altare è lo stesso Gesù che compie, in un modo misterioso ma vero, lo stesso Sacrificio della Croce per nostro amore e per la nostra salvezza eterna.
Assistendo quindi devotamente alla S. Messa ed offrendo a Dio, insieme col Sacerdote, il Santo Sacrificio, noi onoriamo Dio in modo degno di Lui, soddisfaciamo alla divina giustizia per i nostri peccati, ringraziamo Dio in modo conveniente, aiutiamo le Anime del Purgatorio, otteniamo la conversione dei peccatori, apriamo il tesoro delle grazie divine per noi e per il mondo intero.
Perciò quanto è consigliabile e proficuo partecipare alla S. Messa non solo nei giorni festivi, ma ogni qualvolta lo possiamo anche nei giorni feriali. Diceva il grande missionario S. Leonardo da Porto Maurizio:
«Oh se capissimo quale tesoro è la S. Messa! Le chiese sarebbero sempre zeppe. Benedetto chi ascolta la S. Messa ogni giorno! ». Aveva capito questo il grande scrittore Alessandro Manzoni. Un suo amico si recò a fargli visita nel pomeriggio di una giornata invernale con vento freddo e pioggia. Trovò l’illustre amico di umore cattivo.
— Che cosa è capitato? — gli chiese l’amico stupito.
— C’è che stamane i miei familiari non hanno voluto che io andassi in chiesa col pretesto del tempo cattivo!
— Ma scusi, mi pare che abbiano fatto benissimo! C’era da prendersi un malanno sicuro alla sua età...
— Ed io vi dico invece — ribatté Alessandro Manzoni con forza — che hanno fatto malissimo e glielo provo. Supponga che io avessi vinto a una lotteria un premio di 100 milioni (equiparato al valore odierno della moneta); supponga che scadesse proprio oggi il tempo per riscuoterlo e che per la riscossione avessi dovuto presentarmi personalmente, crede lei che per paura del cattivo tempo mi avrebbero, fatto perdere il premio obbligandomi a stare in casa?
L’amico non seppe rispondere.

Esempio

Nell’isola Tahuata un’intera famiglia si era convertita ed aveva ricevuto il, battesimo. Ma poco più tardi i membri di quella famiglia avevano abbandonato la vera fede per ritornare all’idolatria, all’infuori di una giovanetta, chiamata Rotaria. Essa contava 14 anni ed era uscita da poco dalla scuola delle Suore di S. Giuseppe di Cluny, dove aveva dato prova di molta virtù e di molta pietà.
I suoi genitori cercarono di farla ritornare alle antiche superstizioni, ma non riuscendovi in nessun modo, ricorsero alle sevizie e alle percosse. La povera fanciulla, in seguito a tutte queste sofferenze, cadde malata di tisi e per di più finì per essere soggetta ad eccessi violenti di pazzia.
Frattanto giunse in quell’isola il P. Orens, il quale andò a trovarla ed avendola chiamata per nome, la giovanetta parve riacquistare la conoscenza rispondendo al Missionario:
— Chi sei? — Il padre Orens. — Sulle labbra della giovinetta spunta un debole sorriso e un’aria di gioa illumina il suo volto.
— Come stai, Rotaria?
— Malissimo, Padre: sto per morire.
Aveva appena detto queste parole che bruscamente si rizza sulla sua stoia, stende il braccio verso qualcuno invisibile e grida con voce forte: «Ecco chi mi ha ridotta a questo punto! ».
Credetti ad un eccesso di pazzia e l’invitai a calmarsi. Si ripose giù molto calma, poi volgendosi a me soggiunse con aria triste: «Eppure è vero quello che dico».
— E anche se fosse vero, il Signore ha forse detto di rendere male per male?
— Hai ragione, Padre... Il Signore mi vorrà perdonare?
— Sai bene che il Signore perdona sempre a chi si pente.
— Allora mi voglio confessare subito.
Vedendola ragionare così bene e temendo che quella lucidità di mente di cui dava prova non si ri: presentasse, aderii immediatamente alla sua domanda. Dopo averla confessata, partii, ma seppi che era ritornata nel suo solito stato di pazzia. Ritornai altre volte a trovarla ed ecco di bel nuovo alla mia presenza riprendere l’uso dì ragione, e perderla subito non appena ero uscito.
Intanto la tisi faceva progressi sempre più rapidi. La fanciulla volgeva alla fine. Portare la Comunione ad una pazza non mi era sembrata cosa prudente. Perciò avevo aspettato. Adesso era venuto il momento di prendere una risoluzione, che fare?
Era un venerdì giorno consacrato al Cuore di Gesù. Mi recai presso Rotaria che trovai nel solito stato di pazzia. Tuttavia al suono della mia voce rispose:con grande sforzo:
— Ti saluto, P. Orens.
— Come stai? Stai meglio?
— No, Padre, morrò presto.
— Ebbene, se devi morire non vuoi ricevere la S. Comunione prima di partire per l’eternità?
— Sì, Padre, ma non posso venire in chiesa.
— Se tu non puoi venire in chiesa, io posso portarti qui Gesù Eucaristico.
— Qui!... in questa casa dove non c’è nessuno che ami Dio...
— Nessuno? E tu Rotaria non lo ami?
— Oh sì, io lo amo.
— L’avete sentità? Dissi agli astanti, essa desidera ricevere i Sacramenti. Sbrigatevi a mettere in assetto questa casa, spazzatela. Mi ritirai e pochi momenti dopo tornavo portando il S. Viatico. Rotaria gesticolava, la sua voce debolissima articolava suoni incomprensibili. Che fare?... Depongo il Santissimo Sacrimento sopra un baule che serviva da tavola, coperto di una tovaglia bianca pulita, fra due candele accese portate dal catechista. Comincio le preghiere del rituale voltandomi di tanto in tanto verso l’ammalata che non sembrava di accorgersi di quanto avveniva.
— Rotaria, le dissi, ecco nostro Signore. Egli è qui in casa tua. Lo vuoi ricevere?
Tutta sorpresa, la povera ragazza volge lo sguardo successivamente sull’Ostia, su me, su tutti quelli che le stanno attorno, poi senza chiudere la bocca fa cenno alla sorella maggiore di avvicinarsi — Aiutami a mettermi a sedere — le disse l’inferma.
Era troppo debole e non si poté fare altro che cercare di sostenerla mettendole due cuscini dietro la testa. Adesso la veste bianca — aggiunse Rotaria Le fu portata la veste bianca, l’osservò bene e riuscì a mettersela con l’aiuto della madre e della sorella. Ora — disse volgendo la testa verso di me — sono pronta a ricevere il Signore.
Io la comunicai, dopo mi domandò l’Olio Santo. Entrò quìndi in agonia, però morì la domenica sera.
Riferita poi a Monsignore Martin questa morte così prodigiosamente consolante, egli disse che Rotaria era una delle ragazze che avevano fatto la Comunione nei Nove Primi Venerdì del mese. E ben si sa che Gesù ha promesso a chi piatica questa devozione che non li lascerà morire senza aver prima ricevuto i Santi Sacramenti (se sono necessari, come abbiamo spiegato nell’esporre la Grande Promessa a principio del libretto).
(Dalla rivista «Il Cuore di Gesù nella Famiglia» Novembre 1929)

 

 

Settimo Venerdì - LA CONFESSIONE

 

La misericordia del Cuore di Gesù si rivela in modo meraviglioso nell’istituzione del Sacramento della Confessione. Se l’Eucaristia è chiamata il Sacramento dell’Amore, la Confessione è il Sacramento della Misericordia. Non è forse sorprendente che Dio abbia preparato in anticipo il rimedio alle nostre debolezze e ci abbia assicurato che sarà perdonato qualsiasi peccato e non una volta sola, ma sempre ogni qual volta siamo pentiti?

1. - La Piscina di Siloe

Quale differenza tra il bagno della Confessione e quello della piscina probatica! Gli Ebrei erano orgogliosi per una piscina, chiamata in ebraico «Betesda» che significa «Casa di Misericordia». Sotto i portici di questa piscina giaceva una moltitudine di ammalati che aspettavano il movimento dell’acqua. In certi tempi l’Angelo di Dio discendeva nella piscina e l’acqua si agitava. Colui che si gettava per primo nella vasca, dopo il movimento dell’acqua, veniva guarito da qualsiasi malattia. (Gv 5:1-51).
Ebbene Gesù è stato immensamente più misericordioso con noi perché ci ha dato una piscina speciale, il Sacramento della Confessione, dove non in certe rare ore, ma sempre; non uno solo ma tutti vengono guariti dal male di qualsiasi peccato: «Il Sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato» (I Gv. 1:7). Dice P. Giraud: Nella Confessione scorre il torrente inesauribile del preziosissimo Sangue di Gesù con una pienezza che stupisce gli Angeli.
Diceva Gesù ad un’anima privilegiata, Suor Josefa Menendez: « Per amore delle anime ho voluto lasciare loro il Sacramento della Confessione per dare loro il perdono non una o due volte, ma ogni volta che avranno bisogno di ricuperare la grazia. Là li aspetto, là desidero che esse vengano a lavarsi dalle loro colpe non coll’acqua ma col mio proprio Sangue».

2. - Chi ha istituito la Confessione?

Il perdonare i peccati è un’opera puramente divina. Un giorno Gesù nella città di Cafarnao vide presentarsi un paralitico. Sotto lo sguardo di Gesù quell’uomo riconosce i suoi peccati e in cuor suo ne chiede il perdono, e Gesù gli dice: «Confida, figliuolo, ti sono perdonati i peccati » (Mt. 9:2).
Alcuni dei presenti, udite queste parole, dicevano in cuor loro: Chi è che può perdonare i peccati se non Dio? E Gesù, riconoscendo i loro pensieri, disse: «Che pensate nei vostri cuori? Che cosa è più facile dire «Ti sono perdonati i peccati » oppure dire: «Alzati e cammina? Affinché sappiate che io ho il potere di perdonare i peccati, dico al paralitico: «Alzati e vattene a casa tua!». E quello fu risanato. Facendo il miracolo Gesù dimostrava di essere Dio e quindi di avere il potere di perdonare i peccati.
Gesù Cristo, essendo Dio, poteva dare anche ad altri il potere di rimettere i peccati e difatti lo diede ai suoi Apostoli e ai loro successori. Egli fondò la Chiesa Cattolica affidandole la missione di perpetuare la sua opera; le diede un Capo, S. Pietro, e a questi per primo conferì la facoltà di perdonare i peccati.
Infatti nella città di Cesarea di Filippo disse Gesù a Simone Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non preverranno contro di essa. Ti darò le chiavi del Regno dei Cieli, tutto quello che tu avrai ritenuto sulla terra, sarà ritenuto anche in Cielo e tutto quello che tu avrai perdonato sulla terra, sarà perdonato anche in Cielo» (Mt. 16:18-19).
S. Pietro comprese l’importanza e la responsabilità del potere divino e domandò a Gesù: Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Sette volte? Credeva S. Pietro di essere abbastanza generoso perdonando i peccati fino a sette volte. Ma Gesù, ben conoscendo la fragilità umana, rispose a Pietro: «Tu perdonerai non sette volte, ma settanta volte sette»! e cioè sempre (Mt. 18:21).
Gesù Cristo, dopo la sua resurrezione, prima di salire al Cielo, conferì agli Apostoli e ai loro successori poteri divini: «La pace sia con voi! — disse Gesù — Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. A coloro ai quali voi avete per. donato i peccati, saranno perdonati; a coloro ai quali non li avrete perdonati, saranno ritenuti» (Gv. 20:21-23).
In forza di queste parole gli Apostoli ricevettero il potere di perdonare i peccati. Essi comunicarono tale potere ai loro successori col compito di trasmetterlo sino alla fine del mondo, poiché la Chiesa di Gesù Cristo dovrà continuare sino alla consumazione dei secoli. 

3. - Un semplice uomo può perdonare i peccati?

Nel tribunale penale il presidente che condanna e assolve gli imputati è un uomo come gli altri, però ha un’autorità che non hanno gli altri, e quando condanna, l’imputato viene messo in carcere, mentre quando assolve, quello viene liberato.
Così nel tribunale della Confessione è un uomo che perdona o ritiene i peccati, ma questo uomo è Sacerdote, Ministro di Gesù Cristo, ed egli proferisce la sentenza, che ha la sua conferma in Cielo, in nome e per l’autorità di Lui: Io ti assolvo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. — regola costante di Dio di salvare gli uomini per mezzo di altri uomini. Come dà la vita fisica per mezzo dei genitori, così dà la vita spirituale per mezzo dei Sacerdoti che i fedeli chiamano giustamente «Padri».

4. - Con essandoci è necessario manifestare le proprie miserie?

Certamente perché il Sacerdote deve giudicare il penitente se è degno o no di perdono. Se il penitente non mostra di essere pentito, se non mostra la buona volontà di fuggire le occasioni prossime di peccato, il Confessore non può assolverlo.
Gesù perdonava i peccati senza che i peccatori glieli manifestassero perché, essendo Dio, conosceva le colpe più intime del peccatore senza bisogno che fossero manifestate, mentre i Confessori non hanno il dono di leggere nelle coscienze e quindi è necessario la manifestazione dei peccati da parte del penitente.

5. - Con fessandoci siamo sicuri del perdono di Dio?

Chi ha peccato gravemente sa di aver offeso Dio, di aver perduto il Paradiso e guadagnato l’inferno. Quando la passione è cessata e il calice del piacere si è cambiato in amarezza, il peccatore rientra in se stesso, si pente del male fatto e dice: Signore, perdonami! Ma anche dopo aver chiesto perdono così, può restare tranquillo e sicuro del perdono? No, perché gli resta il tormento del dubbio: E se Dio non mi avesse perdonato?
Ora Gesù, conoscitore profondo del cuore umano, ha voluto dare con la Confessione la morale certezza del perdono. Infatti il Sacerdote, dopo aver ascoltato la confessione dei peccati, vedendo il pentimento sincero del colpevole, pronunzia la sentenza di assoluzione «Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. (così è)». Queste parole sacramentali, cui Gesù ha annesso la certezza del perdono, ridonano al peccatore una pace profonda.

6. - Quanti errori non si sentono alle volte circa la Confessione!

1) Che bisogno c’è di confessare i peccati al Sacerdote, forse più peccatore di me? Io mi confesso direttamente con Dio. Costui che la pensa così si trova nell’errore perché a chi tocca stabilire le condizioni del perdono all’offeso o all’offensore? Senza dubbio all’offeso. Ora l’offeso è Dio ed Egli ha stabilito di perdonare i peccati con la Confessione tramite il ministero del Sacerdote.

2) Io andare da un Prete e fargli sapere i fatti miei? Mai!
Per la salute del corpo tu non manifesti al medico le miserie del tuo corpo, i disturbi e quanto c’è di più delicato? Non fai tu questo per essere curato bene e riacquistare la salute? E perché non vuoi fare altrettanto col medico dell’anima, il Sacerdote che è Ministro di Dio? E qui si tratta o della salvezza o della perdizione eterna!

3) Non voglio confessarmi perché il Sacerdote poi parla!
Costui deve sapere che il Confessore non può rivelare mai a nessuno i peccati sentiti in Confessione, dovesse perdere anche la vita, perché egli è tenuto al massimo segreto. La storia ricorda tanti casi di Sacerdoti che, messi alle strette per parlare, persistendo essi nel silenzio, sono stati uccisi.

4) Io non mi confesso perché non ho nulla da dire al Confessore. Io non ho peccati perché non ammazzo, non rubo e non faccio male a nessuno. Ordinariamente dice di non aver peccati colui che ha la coscienza troppo sporca. Tu non hai peccati? E le bestemmie?... e le Messe trascurate nei giorni festivi?... E le collere?... E le impurità?... E le frodi nel comprare e nel vendere?... E le mancanze di carità?... E le mancanze nel compimento del proprio dovere del tuo stato... ecc.? I Comandamenti di Dio non solo solo il 50 e il 7°, ma sono dieci! Ci dice il Signore: «Se diciamo che non abbiamo alcun peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi» (I Gv. 1:8).
Il vero motivo per cui tanti non vogliono confessarsi è perché non hanno la buona volontà di lasciare il peccato, perché non vogliono convertirsi.

C’è un peccato particolare che tiene lontani dalla Confessione e la rende odiosa: è il peccato contro il 6° e 9° Comandamento. Chi è schiavo del piacere impuro perde la volontà di sollevarsi dalla melma, non aspira più alle bellezze del Cielo, resta quasi legato dalle cattive abitudini e odia ciò che potrebbe liberarlo da tale stato. Poiché la Confessione è il mezzo principale per rompere la catena del vizio e rimettersi sulla retta via, l’impuro la odia.
Il sagrato della Cattedrale di Tours era frequentato molto da gente disgraziata: ciechi, zoppi, deformi, cenciosi ecc. Tutti ostentavano la propria miseria per impietosire i passanti e ricevere abbondante elemosina. Ogni tanto capitava un fatto molto strano: quella gente miserabile ad un tratto si spaventava improvvisamente e chi si nascondeva dietro le porte, chi dietro le colonne, chi nei vicoli vicini, secondo la possibilità. Perché succedeva questo? Perché San Martino, Vescovo della città, faceva miracoli e quei disgraziati non volevano essere miracolati, non volevano essere guariti per non lavorare e per seguire a fare la vita di accattoni. Così fa l’impuro che fugge dalla Confessione per restare nella melma dell’impurità.

7. - Quando Confessarsi?

Per vivere da buon cristiano non basta confessarsi una volta l’anno. molto utile confessarsi spesso sia per cancellare le colpe quotidiane, sia per avere un aumento di grazia santificante, di vita divina nell’anima, sia per avere la forza di tenere lontano il peccato. I Santi stimavano tanto il Sacramento della Confessione che alcuni di essi si confessavano ogni giorno. La pratica delle anime pie è quella di confessarsi settimanalmente per avere la coscienza sempre pura e disposta a fare bene la Comunione anche tutti i giorni. Ai buoni cristiani si raccomanda di confessarsi oltre che a Pasqua anche nelle solennità dell’anno, e ordinariamente ogni qual volta si cadesse in peccato mortale. Hai tu commesso un peccato mortale il lunedì? Per confessarti non aspettare la domenica, ma fai del tutto per rimetterti subito in grazia di Dio! Entra in una chiesa qualunque e confessati perché chi ti assicura che domani sarai ancora vivo? E tu sai benissimo che quando si muore col peccato mortale nell’anima si va all’inferno eterno!
Qualche volta si sente domandare: anche i Preti si confessano? Certamente. E non solo i Sacerdoti, ma pure i Vescovi e lo stesso Papa si confessano perché la legge di Dio è realmente uguale per tutti.

8. - Verità preoccupante

Un parroco francese, che predicava spesso missioni, era addolorato alla costatazione di tante anime che vivono nel sacrilegio per confessioni male fatte. Temendo che ciò fosse illusione sua, si rivolse a S. Giovanni Bosco per avere delucidazioni. Il Santo confermò: Lei ha ragione. Io ho confessato in tanti parti e ho trovato spesso confessioni sacrileghe.
Santa Teresa d’Avila diceva: Due sono le strade che portano all’inferno: l’impurità e le confessioni fatte male. Perciò si raccomanda a coloro che non vogliono distaccarsi dal peccato grave: meglio non confessarsi e non fare la Comunione anziché commettere due sacrilegi gravissimi. Diceva Gesù a S. Brigida circa la Comunione sacrilega: «Non esiste sulla terra supplizio che basti a punirlo!».

9. - Fuga delle occasioni

Qual è il motivo di tante ricadute nel peccato? Perché si mette poco o nessun impegno nel fuggire le occasioni. Quando una persona ritorna a Dio e fugge le occasioni si salva, ma se non le evita, anzi le cerca, allora cade e ricade nei peccati e a nulla valgono i Sacramenti. Durante un esorcismo il demonio, costretto dall’esorcista, disse: una sola cosa temo: la fuga delle occasioni! Le occasioni sono tante, per es. la compagnia di persone amiche con cui si parla e si agisce scandalosamente, la lettura di libri e riviste cattive, assistere a spettacoli immorali, avere amicizie morbose con persone d’altro sesso e talora anche dello stesso sesso, fare certi balli per nulla castigati, la vita di spiaggia poco seria ecc. ecc.

10. - La vergogna

Al momento di peccare il demonio ti toglie ogni sentimento di vergogna e ti suggerisce di non aver paura di peccare perché poi ti confesserai e tutto sarà finito! Al momento di confessarti poi il demonio, padre della menzogna, ti restituisce la vergogna e ti suggerisce: come farai a confessare quel peccato? Che cosa ti dirà il Sacerdote? Tu perderai la stima presso di lui! Sai qual è la miglior cosa? Non dire nulla di quella brutta azione! Confessa pure gli altri peccati poi, la prossima volta che ti confesserai, dirai tutto e così metterai a posto la coscienza!
Guai se il peccatore cade in questo tranello diabolico! Fatto il primo sacrilegio della Confessione fatta male, farà subito il secondo: la Comunione fatta coi peccato grave. Ti sei confessato male — dirà il demonio — pazienza! Non lasciare la Comunione perché cosa penseranno gli altri se non ti comunichi... La prossima volta, quando ti confesserai, invece di uno ne accuserai due sacrilegi.
Bada che il demonio ti sta legando con la terribile catena dei sacrilegi! Stai attento! Prega fervidamente la Vergine Maria di ottenerti la forza di rompere subito la catena dei sacrilegi che hai iniziato, altrimenti ti finirà male.
Quali peccati solitamente si sogliono nascondere? I peccati contro il 6° e il 9° comandamento. Giacinta, la più piccola dei tre fanciulli di Fatima, quando era all’ospedale gravemente ammalata, domandò alla Madonna che le era riapparsa: Qual è il peccato che manda più anime all’inferno? Maria Santissima rispose: il peccato impuro!

Gesù a Josefa Menendez

Diceva Gesù a Josefa Menendez: «Bramo che le anime credano alla mia misericordia, che aspettino tutto dalla mia bontà, che non dubitino mai del mio perdono!
Sono Dio, ma Dio di Amore! Sono Padre, ma un Padre che ama con tenerezza e non con severità. Il mio cuore è infinitamente santo, ma anche infinitamente sapiente e, conoscendo la miseria e la fragilità umana, s’inchina verso i poveri peccatori con una misericordia infinita. Amo le anime dopo il primo peccato, e se cadessero un numero grandissimo di volte, Io le amo e le perdono sempre e lavo nello stesso mio Sangue l’ultimo’come il primo peccato.
Non mi stanco mai delle anime e il mio cuore aspetta sempre che esse vengano a rifugiarsi in lui e ciò tanto più quanto più sono miserabili! Un padre non si prende molto più cura del figlio malato che di quelli sani? Le sue premure e le sue delicatezze non sono forse più grandi per lui? Così il mio Cuore effonde sui peccatori la sua compassione e la sua tenerezza più che con i giusti».
Non c’è bisogno di far notare che queste consolanti dichiarazioni di Gesù riguardano i peccatori che cadono per fragilità e si pentono, e non i peccatori maliziosi e presuntuosi, i quali, fondandosi falsamente su queste parole del Salvatore e quindi abusando della sua misericordia, finirebbero per provocare la sua giustizia col commettere maliziosamente nuovi peccati.
Carissimo fratello lettore, hai fatto per il passato le tue confessioni con le dovute disposizioni? Hai la coscienza tranquilla oppure senti qualche rimorso? Hai avuto sempre nelle tue confessioni il necessario dolore dei peccati? Sei stato sincero col Confessore oppure hai taciuto volontariamente per vergogna qual. che peccato grave?
Se hai la coscienza serena ringrazia il Signore e stai sereno. Ma se riconosci di non essere in regola, ripara il male fatto e riparalo subito con una confessione generale o parziale, a seconda del caso, della tua vita passata per rimetterti in grazia di Dio. Fai questo però senza apprensione e con serenità d’animo. S. Margherita Maria Alacoque, prima della solenne professione dei voti, si preparava ad una confessione generale della sua vita. Ella si preparava con umiltà e contrizione, ma si affannava per trovare i suoi peccati. Gesù la tranquillizza: «Perché ti tormenti? Fa quello che puoi del canto tuo ed io supplirò al resto, perché nulla mi piace tanto in questo Sacramento quanto un cuore contrito e umiliato, che con sincera volontà d’emendarsi si accusa senza finzione: ed allora io perdono tutto».
Approfitta quindi dell’infinita misericordia di Dio che ancora ti dà il tempo di poter riparare. Inizia bene la serie delle nove Comunioni dei Primi Venerdì del mese, così potrai assicurarti la Grande Promessa del Cuore di Gesù: la tua salvezza eterna.

Esempio

Gesù premia persino il desiderio di fare i Nove Primi Venerdì.
Verso la fine del 1913 in una grossa borgata del Piemonte venne mandato come vice-parroco un giovane Sacerdote, il quale, per condurre le anìme a Dio con la frequenza dei Sacramenti, cominciò a predicare e diffondere la devozione al Sacro Cuore di Gesù, insistendo particolarmente sulla Grande Promessa. Il Signore benedisse il suo zelo in modo tale che dopo solo tre mesi si contavano già ben 500 persone (compreso un buon numero di uomini) che facevano i nove primi venerdì del mese.
Alla Pasqua del 1914, un uomo sulla trentina, padre di famiglia, che fino allora non aveva preso parte a questa pratica, invitato personalmente dallo zelante Sacerdote ad unirsi anche lui agli altri fedeli, rispose:
Adesso che ho capito bene le prometto che, passati i mesi d’estate in cui i lavori della campagna sono troppo pesanti, (a quel tempo non vi erano Messe serali e il digiuno eucaristico cominciava alla mezzanotte) al primo Venerdì di ottobre comincerò anche io le nove Comunioni. Glielo prometto sul serio perché vale la pena praticare questa devozione così facile per assicurarsi la salvezza dell’anima.
Pieno di vigore e di salute continuò a lavorare fino alla sera del giorno 8 agosto, ma il giorno dopo, domenica, dovette porsi a letto. Pareva una cosa da nulla, però alla sera, verso le ore 21, nonostante non vi fosse l’ombra di pericolo, volle che gli chiamassero il Sacerdote per confessarsi e ricevere gli ultimi Sacramenti.
Meravigliati i suoi familiari lo consigliavano di chiamarlo l’indomani perché stimavano mancanza di rispetto disturbare il Prete a quell’ora. Ma le insistenze furono tali e tante che la madre andò lei stessa in parrocchia a cercare del vice-parroco, chiedendogli nello stesso tempo mille scuse d’essere andata a disturbarlo a quell’ora, ma che l’aveva fatto perché costretta dall’ammalato e per non fargli passare una cattiva notte.
Il Sacerdote non tardò a presentarsi al suo capezzale accolto con un sorriso. d’inesprimibile gioia e riconoscenza. L’ammalato cominciò a dire: Quanto la ringrazio, Padre, d’essere venuto. Sospiravo proprio di vederla. Si ricorda che le avevo promesso di incominciare le Comunioni dei nove primi venerdì? Ma ora devo dirle che non potrò più farle. Il cuore di Gesù mi ha detto di mandarla a chiamare subito e di ricevere i Sacramenti perché sto per morire.
Con molta prudenza e carità il pio Sacerdote, senza domandargli spiegazioni particolari, lo confortò e lo incoraggiò a riporre nel Sacro Cuore di Gesù tutta la sua confidenza. Lo confessò e, poiché l’ammalato insisteva, gli portò il Santo Viatico. Era mezzanotte.
Alle quattro del mattino il Sacerdote tornò a visitare l’infermo che lo accolse con un sorriso che aveva dell’angelico, gli strinse la mano affettuosamente ma senza poter dire nulla perché, poco dopo la mezzanotte, aveva perduto la parola senza più riacquistarla. Ricevette l’Olio Santo e verso le due del pomeriggio volava in Paradiso a cantare le divine misericordie del Cuore di Gesù che premiava così il desiderio di fare i Nove Primi Venerdì concedendogli la grazia di fare una morte santa.
Le circostanze singolari di questo fatto indussero il padre, la madre, la moglie e il fratello del defunto a fare anche loro i Nove Primi Venerdì per assicurarsi la salvezza della loro anima.

 



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