Data la rivoluzione tecnica totale e l’addio di molti calciatori che hanno indossato i nostri colori prima di questo turbolento mese di Gennaio, volevo postare qui quello che per me è un piccolo omaggio. Il calcio è un gioco, e voglio ricordare con un sorriso anche chi non sarà più dei nostri o già non lo è più. Passo a descrivere una partita tipo del Napoli, o almeno vi descriverò ciò che io molto spesso ho pensato tra le bestemmie lanciate ora ad uno ed ora ad un altro:
Stadio S.Paolo gremito, pubblico delle grandi occasioni. In curva B in bella mostra un poster gigante del Cavaliere con sciarpetta e bandana azzurri, su cui campeggia la scritta: “Il presidente Ultrà”. Poco più in basso ondeggiano al vento i manichini impiccati della Iervolino e di Bassolino, dati alle fiamme. Manto erboso come sempre in ottime condizioni, gli addetti al campo rimuovono sporadiche patate sfuggite all’ultimo raccolto.
Le squadre scendono in campo, i tifosi come sempre vicini alla squadra ed interessati alla partita accolgono i propri beniamini intonando “Faccetta Nera” (n.d.a.: inno del Napoli a partire dalla stagione in corso). Il tecnico Ventura, che gode di massima stima da parte della società, ha schierato un classico 3-5-2 composto da: Belardi, Terzi, Scarlato, Ignoffo, Toledo, Corrent, Gatti, Corneliusson, Mora, Varricchio, Sosa.
Tutto pronto, e la partita ha inizio. Colpi di kalashnikov si odono provenire dalle curve, segno dell’entusiasmo creatosi intorno al gruppo. La prima azione è degli avversari, il tornante avanza palla al piede sulla destra prima di far partire un flebile ed impreciso cross che sembra destinato a spegnersi tra i guantoni del portiere.
Sembra, ma è qui che inizia lo show. Belardi si concentra sulla palla che si avvicina alla velocità di circa 2km/h, un rimbalzo, due…ancora non interviene, starà aspettando il momento più opportuno, penseranno i più. E invece no, era il tempo necessario affinché arrivasse l’informazione al cervello del portierone. Il giaguarone azzurro si avventa sulla sfera che d’improvviso par divenir una saponetta. Sfugge una volta, due, tre, ed infine si insacca alle spalle di Belardi.
Attoniti gli azzurri osservano il loro sicuro portiere, il quale giustamente se la prende prima col terreno, poi con il vento, per poi giustificarsi con Scarlato adducendo la colpa al fattore-Napoli. Ma i mai domi azzurri non si demoralizzano e vanno subito a piazzar palla a centrocampo, si riparte. La palla và ai difensori che cominciano uno spettacolare fraseggio attendendo il momento opportuno per lasciar partire un illuminante lancio lungo. Passano 15 minuti.
Poiché non vi sono compagni smarcati, Ignoffo decide di capitalizzare il tempo e di saggiare la prontezza del proprio portiere cominciando a bersagliarlo con una serie di passaggi al limite dell’area (n.d.a: i cronisti più smaliziati a fine partita affermeranno che in realtà Ignoffo volesse distogliere Belardi dalla sassaiola intrapresa con alcuni supporter azzurri appena dopo il gol, ma io mi attengo ai fatti…) . Dopo 5 minuti finalmente Belardi decide di non ridar palla al pelato difensore e appoggia su Mora. Il terzino dal piede d’oro decide di dar la svolta: punta l’uomo, lo salta, subito un altro, ed ancora…al 4° avversario, resosi conto di star puntando la propria area di rigore, si arresta e sventaglia verso la destra presidiata da Terzi. L’enfant prodige stoppa di petto ed appoggia a Capitan Scarlato, dopodiché scoppia in una crisi di pianto dovuta alla troppa tensione. Il Capitano Coraggioso finalmente solleva il capo e tenta un lancio lungo che…ma non c’è più tempo, la prima frazione di gioco è terminata. Squadre negli spogliatoi. Ventura, che gode della massima stima di Marino e DL, a fine gara si dirà soddisfatto del primo tempo.
Si torna in campo. Nell’intervallo i tifosi organizzati intanto hanno distribuito ai restanti tifosi delle fasce con su ricamata la stella di Davide da porre sul braccio sinistro, pare sia un loro modo per distinguerli…
Fischio d’inizio, il Napoli subito comincia ad imporre il proprio gioco. Palla sulla destra a Toledo, il quale comincia al proverbiale ritmo di samba a saltare uomini. Ne ha 15 davanti, Ventura (che gode di fiducia illimitata da parte della società) prova a lamentarsi con l’arbitro, accusandolo di manie di protagonismo. L’arbitro, che indossa una maglia con la scritta:”Collina mi fa un baffo” in parte celata da una giacchetta con lustrini viola fluorescenti, pantaloncini rossi con su il volto di Maratona ed un cappellini con la scritta “mamma sono qui” seguita da una freccia puntante verso il basso, spazientito dalle inutili accuse lo reguardisce e fa proseguire il gioco. Toledo, intanto, persa palla si isola sulla fascia biascicando, tra singhiozzi e rare lacrime, confuse parole in brasiliano. Ah, quanto gli manca la sua terra…
Ma gli stoici ragazzi nel frattempo hanno già riconquistato palla: Corrent prova a verticalizzare. Sbaglia. Ci riprova. Sbaglia. Ancora…sbaglia. Così via per 10 minuti, finchè appoggia a Gatti il quale, distratto a picchiare un avversario reo a suo dire di averlo guardato male, subito si ridesta e prova ad inventare con un lancio di 40 metri in verticale verso Terzi. La palla è ancora in aria quando il ragazzo, spaventato dall’inaspettato suggerimento, stramazza al suolo svenuto urlando: “Oh mio Dio, mi sento mancare…!”
Ma ecco che prima che possa terminar l’azione il Capitano s’appropria della palla sputando ed inveendo contro chi gli capiti a tiro, Gatti pochi metri più avanti gli urla: “Ehi, ma tu nn eri un centrocampista!?” allorché tutta la squadra comincia ad inneggiarlo: “Gennaro, Gennaro, Gennaro, Gennaro…” Il Capitano, con un insolito luccichio negli occhi, orgoglioso della propria tecnica solleva il capo, carica il tiro e lascia partire un preciso lancio di 70 metri verso Lui, il terrore delle aree di rigore, il tormento dei difensori, il Matador di Forcella, El Pampa Sosa!
Il ragazzone intanto, estraniatosi da quanto avveniva in campo, è intento a leggere una rivista e a scaccolarsi. Non si accorge dei due difensori avversari che, lanciatogli un rampino sul colletto, cominciano a scalarlo, così come non si avvede del pallone che lo colpisce in pieno capo. Fatto sta che la palla schizza verso l’Avvoltoio dell’area di rigore, Varricchio, ed il nostro pampa può continuare tranquillamente a scaccolarsi tra il disgusto generale di avversari e compagni (n.d.a: pare si sia reso conto dei due avversari ancora avvinghiati addosso solo al momento di fare la doccia, dopo la gara, e che questi nonostante i suoi inviti a tenergli compagnia abbiano gentilmente declinato salvo poi denunciarlo per molestie). Come dicevamo, Varricchio viene raggiunto dall’assist del compagno, si trova al limite della 16 metri, completamente ignorato dagli avversari che sinora lo avevano schernito per i vistosi nei capeggianti il viso. Memore di ciò il Picchio decide di fargliela pagare, un gol è quel che ci vuole. Con un preciso colpo di mento prova a stoppare il pallone e…Ma intanto, vediamo cosa accade in panchina….
Ventura, stimato da proprietario e DG, è in piedi a seguire l’incontro strappandosi ciocche di capelli che conserverà come ricordo della sua esperienza azzurra, in panchina Pozzi e Abate si giocano la figurina di Sheva a “mignolino” (n.d.a.: pare il gioco gli sia stato insegnato da Berrettoni,il ragazzaccio romano, assente poiché impegnato nella propria Prima Comunione), in un angolino Carmando, incurante di Terzi ancora svenuto nella propria metà campo, e Montesanto fanno a gara a chi lo ha più lungo (n.d.a.: pare abbia vinto Carmando), Montervino è indaffarato a taccheggiare una ragazzina (n.d.a.: minorenne) seduta in tribuna tentando di strapparle un appuntamento, Savino accanto a Gianello, il quale è affaccendato a conficcar spilloni in una bambolina con su scritto “Belardi”, si crogiola assaporando il quarto di pane “ciaciccia e friarielli” preparatogli amorevolmente dalla moglie. Ma torniamo al nostro eroe, il Picchio, lo avevamo lasciato a stoppar palla…Sono passati 20 minuti, siamo agli sgoccioli, ma ormai il nostro eroe, con un ultimo paio di tocchi sopraffini, ha terminato di stoppar palla. Carica il destro, al che Ventura (punto fermo della dirigenza azzurra) in preda alle convulsioni urla di tirar come viene, di non caricare troppo il tiro poiché mancano solo 2 minuti. Picchio fa spallucce, ma diligentemente segue le indicazioni del tecnico tanto amato da dirigenti e tifosi, indi affibbia una “puntata” al pallone. Questo spedito si dirige verso le caviglie dei difensori a pochi metri, intenti a lanciar “coppini” al povero Picchio e a deriderlo. Un rimpallo, due, tre, e la palla assume una traiettoria imprendibile che si va a spegnere alle spalle dell’incolpevole portiere avversario. E’ il pareggio, ed il triplice fischio finale sancisce anche la fine dell’epico incontro. Ventura più tardi dirà di aver visto segnali di miglioramento, mentre Marino a qualche domanda maliziosa dei giornalisti risponderà testualmente: “Chill’omm e merd gode della nostra totale fiducia, discorso chiuso”.
Il Mattino, autorevole giornale campano, il giorno successivo titolerà: “Corneliusson migliore in campo”….
Ma adesso molto è cambiato, allenatore nuovo, squadra nuova…a dir il vero avrei già una mezza idea di una partita tipo del nuovo corso, ma questa, amici, è un’altra storia…
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Disarsoma