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Ratzinger e la parabola del ricco epulone

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2017 10:41
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07/01/2017 23:08
 
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Ciao Barnabino.
Si è vero: la parabola dice che il ricco, dopo la morte, si vede con Lazzaro ed Abraamo, e che ha una chiacchierata con quest’ultimo, ma non dice che li ricco è risorto, né dice se i 3 protagonisti della parabola, dopo morti, sono da considerare spiriti, anime, o altro. Io personalmente sono convinto che se una persona muore, per poter parlare con qualcun altro deve prima risorgere, quindi ho dato per sottinteso che i tre protagonisti della parabola, dopo la morte, sono risorti, ed il dialogo descritto in Luca 16.24-31 avviene fra due persone morte e risuscitate; ma se tu dici che Abraamo e il ricco, quando parlano, sono morti ma non sono risuscitati, non so proprio cosa dirti per convincerti del contrario.

Certo nella parabola NON si afferma che qualcuno dei protagonisti sia stato gettato nella Geenna, ma affermare che “nessuno va nella Geenna” significa non conoscere i luoghi e le usanze del luogo al tempo in cui i fatti sono ambientati. In quel tempo, nei dintorni di Gerusalemme, i cadaveri dei mendicanti trovati lungo le strade venivano portati nella valle chiamata “Geenna”, valle ubicata sul lato sud del monte Sion (il monte Sion è il rilievo montuoso sul quale è stata edificata la città di Gerusalemme), quindi, anche se la parabola non lo dice, è molto probabile che il cadavere di Lazzaro abbia subito proprio questa sorte. Tuttavia, nelle conversazioni a sfondo religioso, la Geenna era usata come sinonimo di INFERNO, ragion per cui Gesù, per non creare fraintendimenti, non specifica il trattamento che SICURAMENTE gli abitanti di Gerusalemme hanno riservato al corpo di Lazzaro, e si limita a raccontare il trattamento che Lazzaro ha ricevuto da Dio.
Come ho già scritto in altre discussioni, io non ho nulla in contrario ad affermare che in questa parabola si faccia largo uso della metafora; in particolare io ritengo che:
Il ricco rappresenta tutti gli uomini che vivono una vita agiata, convinti che l'agiatezza sia un dono che Dio fa loro perché si compiace del loro comportamento, quindi ritengono di non dover fare altro per compiacere Dio. In altre parole, il ricco simboleggia... i ricchi.
Lazzaro rappresenta chi non ha ricevuto nulla dalla vita. In altre parole, Lazzaro rappresenta i poveri.
La morte, rappresenta... la morte.
L'Ades rappresenta l'aldilà.
Il seno di Abraamo rappresenta uno stato di beatitudine dovuto alla mancanza di stimoli negativi tipo fame, sete, e freddo.
Il fuoco che tormenta il ricco, rappresenta l'impossibilità di fare quelle cose che lo facevano stare bene quando era vivo, e cioè mangiare, bere, e vestirsi.
La richiesta di mandare Lazzaro a dissetarlo, rappresenta la richiesta di avere almeno una minima parte dei piaceri di il ricco beneficiava quando era vivo (in effetti, Lazzaro ed il ricco, sono nello stesso medesimo luogo, ma mentre Lazzaro trova confortante il fatto di non soffrire fame, sete, e freddo, il ricco trova angosciante non né poter mangiare, né bere, né vestirsi).
La voragine posta fra il ricco e Lazzaro, rappresenta la distanza fra i loro stili di vita quando erano ancora vivi.
La richiesta di mandare Lazzaro a parlare coi fratelli del ricco, rappresenta la “scusa” che i peccatori hanno sempre pronta per “depenalizzare” i propri peccati.
Il fatto che Abraamo non smentisca la possibilità di mandare Lazzaro nella casa del ricco, ma ne smentisce l'utilità, dimostra che l'anima sopravvive alla morte del corpo.
La risposta di Abraamo, fa capire che Dio ha già indicato la retta via per bocca di persone credibili.

Ciao Aquila-58.
A quanto pare, ti ricordi di avere già discusso con me su questo argomento, ma proprio non ti riesce di ricordare la mia posizione in proposito.
Io non ho mai negato che in questa parabola si faccia uso della metafora, né nego l’importanza del ruolo che il cosiddetto “cappello” ha ai fini della comprensione della parabola, semplicemente affermo che, in questo caso, il “cappello” mostra un’innegabile discrepanza con la parabola alla quale tu lo vuoi associare. In effetti, la parte del “cappello” Lc 16.14-16 pare calzare perfettamente alla parabola per i soli versetti Lc.16.19-26, mentre la parte del “cappello” Lc 16.17-18 sembra non aver nulla a che fare né con la parabola che segue, né con quella precedente, e, a ben vedere, la parte della parabola versetti Lc.16.27-31 è completamente al di fuori del cosiddetto “cappello”. Per quanto concerne l’uso della metafora, quello che ho scritto per Barnabino vale anche per te.
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Il fatto che non comprendiamo un concetto, non lo rende sbagliato.
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