Re: Il Grande Imam al Papa: i giovani musulmani e cristiani messaggeri di pace
In questi mesi gli ulema musulmani ci stanno riservando davvero delle sorprese: è stata rivista la fatwa sull’apostasia, e lei ha dichiarato che ai cristiani non si può più applicare l’istituto della dhimma, perché essa appartiene a un contesto storico del passato. I cristiani diventano dunque cittadini a pieno titolo nel mondo islamico?
«Sì, innanzitutto bisogna ricordare che l’Islam respinge qualunque forma di discriminazione o segregazione. Al Azhar, con il concetto di “cittadinanza” al posto di quello “delle minoranze”, non fa che resuscitare una vecchia pratica che il profeta stesso aveva adottato nella prima società islamica a Medina. Per fortuna la storia ha preservato quel documento straordinario, una sorta di costituzione unica e mai verificata prima nella storia, in cui si gettavano le basi di una vera convivenza fra etnie e religioni diverse in un contesto di rispetto reciproco e di eguaglianza. Con lo sviluppo della storia politica, la componente religiosa è diventata fondamentale nel definire i diritti e i doveri dei non musulmani nei confronti dello Stato; questo ha portato alla nascita della “dhimma”, che tuttavia riconosceva ai non musulmani ampi spazi, sia in termini di protezione che di libertà di culto. Oggi questo vecchio concetto non ha più nessun motivo di esistere perché non è più l’appartenenza religiosa a definire i diritti e doveri di ciascuno, ma è “la cittadinanza”».
Oggi le femministe islamiche che vogliono la riforma sull’eredità potrebbero dire che anche qui ci troviamo in un diverso contesto storico, visto che ci sono donne capo famiglia, che lavorano, pagano le tasse e dividono lo stesso peso economico di un uomo...
«Molte pratiche e discriminazioni che colpiscono le donne non hanno origine religiose, ma sono frutto di fattori sociali e di tradizioni che purtroppo l’Islam non ha potuto debellare. L’Islam in verità ha liberato la donna già 14 secoli fa concedendole dei diritti e delle libertà, come il diritto allo studio, al lavoro o all’indipendenza materiale, diritti che in Occidente sono stati concessi solo nel XIX secolo. I precetti dell’Islam sono di due categorie: una stabile e permanente, che non subisce l’influenza del tempo o dello spazio né è soggetta a cambiamenti - riguarda soprattutto le liturgie -, l’altra è mutevole, e cambia con il passare del tempo, e l’ijtihad (sforzo, ndr) è lo strumento che permette di adeguarla, a partire da basi giuridiche e teologiche previste dall’Islam stesso. Al Azhar è impegnata in maniera seria e globale nell’adeguare l’Islam allo sviluppo dell’umanità attraverso delle interpretazioni e delle Fatwa che prendono in considerazione questi cambiamenti».