GENOVA
Genova è l'unica città europea in cui le forze armate del Terzo Reich si sono arrese ai Partigiani
Alle 19,30 del 25 aprile 1945
il generale Günther Meinhold e l'operaio comunista Remo Scappini, rispettivamente comandante delle truppe germaniche dell'intera area genovese e presidente del CLN della Liguria, firmano l'atto di resa in base al quale tutte le forze tedesche operanti nell'area si arrendevano alle formazioni partigiane. Lo storico evento ebbe luogo a Villa Migone, dove risiedeva il cardinale Pietro Boetto, arcivescovo di Genova, uno dei mediatori nelle trattative che portarono alla resa.
23 aprile 1945
Il CLN decide di dare avvio all'insurrezione e tutte le formazioni partigiane della zona convergono sulla città, di fatto circondando il nemico, che tuttavia dispone di 12.000 uomini in città e 18.000 nei dintorni: una forza che è molto difficile battere, ma che si può contrastare.
Il comando militare partigiano conta anche sul fatto che da qualche tempo il cardinale Boetto si sta adoperando affinchè vengano risparmiati ulteriori sofferenze ad una città stremata dall'occupazione e dai bombardamenti alleati, e presume che il generale Meinhold non intenda dar seguito alla minaccia di far aprire il fuoco sull'abitato alle potenti batterie collocate sulle alture e nella zona del porto.
La situazione è resa ancora più complessa e rischiosa dal fatto che le intenzioni tedesche non sono affatto univoche: se Meinhold pare essere disponibile a trattare, molti suoi ufficiali intendono seguire alla lettera l'ordine di Hitler di fare terra bruciata: in particolare le forze che controllano il porto sono al comando del capitano di vascello Berninghaus, un fanatico nazista ben deciso a opporsi in ogni modo ai partigiani; orientamento condiviso dalle Brigate Nere e dagli altri reparti repubblichini.
Meinhold è dunque in grave difficoltà e inutilmente propone di risparmiare la città a condizione che gli venga consentito di far evacuare le truppe: le formazioni partigiane intorno a Genova sono in grado di bloccare la ritirata e il CLN ribadisce che
"i colpevoli di distruzioni saranno considerati criminali di guerra e come tali passati per le armi." Inoltre molti ufficiali e soldati tedeschi sono stati catturati dalle SAP, Squadre di Azione Patriottica, e dunque sono dei veri e propri ostaggi.
L'insurrezione inizia con una formidabile operazione di sabotaggio: vengono disattivate le linee elettriche ad alta tensione, le locomotive sono messe fuori uso, le comunicazioni telefoniche interrotte; mentre si rafforza il controllo partigiano sulle strade verso il Piemonte e la brigata Balilla entra a Sampierdarena, nelle zone portuali altri reparti - con l'apporto decisivo dei camalli - provvedono al rischioso compito di disinnescare le numerose cariche esplosive piazzate sui moli, tra gli impianti, e sott'acqua. Tedeschi e fascisti cercano in tutti i modi di contrastare queste azioni, e i combattimenti sono durissimi.
24 aprile 1945
La situazione è estremamente confusa: si continua a combattere in città, in particolare nella zona di De Ferrari, ed un reparto fascista riesce ad occupare la prefettura, da dove lancia appelli (fingendo di far capo al CLN) alla pacificazione, disorientando non poco i cittadini; il famigerato Berninghaus attua misure di controsabotaggio e cerca addirittura di provocare un incendio che coinvolga la città, e quindi la zona portuale è aspramente contesa. I partigiani prendono il controllo delle carceri di Marassi e liberano i detenuti politici, ma la città continua ad essere frammentata tra zone ancora in mano ai nazifascisti e quartieri liberati; e sulle alture le fortificazioni non cedono alla pressione dei partigiani. Gli alleati sono ancora lontani, a La Spezia.
25 aprile 1945
Durante la notte le forze partigiane hanno messo fuori combattimento gran parte delle postazioni d'artiglieria tedesche e sull'altura di Granarolo hanno occupato la stazione radio, da cui trasmettono i messaggi del CLN.
Le vie di fuga dalla città sono ormai tutte saldamente in mano ai patrioti, la sorte dei tedeschi è segnata.
Nel pomeriggio Meinhold riceve due missive: una del cardinale Boetto, che si rende garante di una giusta resa, e l'altra del CLN, che definisce le condizioni della resa.
Meinhold ha due alternative: obbedire a Hitler e distruggere la città, e quindi tentare, con poche speranze, di raggiungere il Piemonte; oppure evitare un inutile massacro e accettare la resa. Sceglierà la seconda strada, e per questo verrà condannato a morte in contumacia da Berlino.
Si reca all'incontro decisivo con i capi del CLN e finalmente, alle 19,30, firma la resa: "Tutte le Forze armate germaniche di terra e di mare alle dipendenze del signor generale Meinhold si arrendono alle Forze armate del Corpo volontari della libertà alle dipendenze del Comando militare per la Liguria..."
26 aprile 1945
Alle 4,30 del 26 aprile Meinhold trasmette l'ordine di resa a tutti i reparti sotto il suo comando, non senza incontrare forti resistenze da parte degli ufficiali più legati al nazismo.
Alle 9 Paolo Emilio Taviani 'Pittaluga', capo delle formazioni cattoliche, su mandato del CLN da Radio Genova annuncia la capitolazione tedesca, legge il testo della resa e conclude:
"Popolo genovese, l'insurrezione, la tua insurrezione è vinta ... Genova è libera. Viva il popolo genovese, viva l'Italia!"
Ma non è tutto finito: i nazifascisti più irriducibili cercano disperatamente di rinviare l'inevitabile disfatta, e si susseguono tentativi di fuga, sortite, azioni di cecchinaggio. Solo in nottata la resa sarà totale.
Genova è dunque davvero libera ed il CLN assume tutti i poteri.
L'indomani arrivano le avanguardie alleate, che prendono in consegna dai partigiani quasi 30.000 prigionieri e che resteranno sbalorditi nel vedere una città aspramente ferita (soprattutto dalle loro bombe...) ma viva e ordinata, con i tram circolanti, la rete elettrica in funzione.
"A Wonderful Job!", commentò il gen. Almond, comandante delle forze angloamericane.