Scienziato russo fotografa l’anima nel momento in cui lascia il corpo dopo la morte: le immagini

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wheaton80
00domenica 8 settembre 2013 15:18



L’esatto momento in cui l’anima lascia il corpo sembra essere stato catturato dallo scienziato russo Konstantin Korotkov, direttore del Research Institute of Physical Culture di San Pietroburgo, che avrebbe fotografato una persona con un dispositivo bioelettrografico nel momento esatto in cui è deceduta. Korotkov ha scattato la foto con la tecnica Kirlian: il metodo, adottato dal Ministero della Salute russo ed utilizzato da oltre 300 medici in tutto il mondo come forma di monitoraggio per malattie come il cancro, è stato perfezionato da Korotkov con tecnica GDV (Gas Discharge Visualization) che ha poi applicato su una persona in punto di morte. L’alone azzurro nell’immagine a sinistra rappresenta il momento in cui, secondo lo scienziato, l’anima sta abbandonando il corpo che, una volta spirato il soggetto, diviene rosso.



Secondo Korotkov, l’ombelico e la testa sono le parti che per prime perdono la loro forza (cioè l’anima) mentre l’inguine ed il cuore sono le aree che vengono abbandonate per ultime. Lo scienziato ha affermato che le immagini da lui ottenute dimostrerebbero che l’anima ritorna più volte nel corpo, specie in caso di morte violenta o improvvisa, come se manifestasse uno stato confusionale e ritornasse nel corpo nei giorni seguenti alla morte: lo scienziato ascrive il fenomeno ad energia non utilizzata che è contenuta nell’anima. Per Korotkov più la morte è improvvisa e non naturale, più l’anima, rappresentata dalle onde elettromagnetiche fosforescenti, resta a lungo vicino al corpo, quasi stentasse ad accettare l’improvvisa separazione. Per Korotkov, la tecnica potrebbe essere utilizzata per monitorare tutti i tipi di squilibri biofisici, per le diagnosi in tempo reale ed anche per svelare se una persona possiede poteri psichici o meno.

www.meteoweb.eu/2013/09/scienziato-russo-fotografa-lanima-nel-momento-in-cui-lascia-il-corpo-dopo-la-morte-le-immagini...
wheaton80
00sabato 18 gennaio 2014 18:36
"La vita non finisce con la morte fisica"

NEW YORK (WSI) - Vi è un libro dal titolo abbastanza complesso:"Biocentrism: How Life and Consciousness Are the Keys to Understanding the Nature of the Universe" che sta avendo un notevole successo su Internet. Il concetto di fondo prova a spiegare come la vita non finisce quando il nostro corpo muore, ma invece può andare avanti per sempre. Tramite la nostra coscienza. L'autore di questa pubblicazione, il dottor Robert Lanza, è stato votato come il terzo miglior scienziato in vita dal New York Times, stando a quanto riportato su Spirit Science and Metaphysics. Lanza, esperto in medicina rigenerativa e direttore del Advanced Cell Technology Company negli Stati Uniti, è anche conosciuto per la sua approfondita ricerca sulle cellule staminali e per l'aver clonato diverse specie di animali in via d'estinzione. Ma da un po' di tempo ha deciso di dedicarsi anche alla fisica, meccanica quantistica e astrofisica. Questa miscela esplosiva di conoscenze ha dato vita ad una sua nuova teoria, quella del biocentrismo. Essa insegna che la vita e la coscienza sono fondamentali per l'universo e praticamente è la coscienza stessa che crea l'universo materiale in cui viviamo e non il contrario. Prendendo la struttura dell'universo, le sue leggi, forze e costanti, queste sembrano essere ottimizzate per la vita, il che implica che l'intelligenza esisteva prima alla materia. Lanza sostiene inoltre che spazio e tempo non siano oggetti o cose, ma piuttosto strumenti della nostra comprensione: "portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci". Nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi esistiamo ancora. La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica. In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio. È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori da esso. Lanza ritiene inoltre che universi multipli possano esistere simultaneamente. In un universo, il corpo può essere morto mentre in un altro può continuare ad esistere, assorbendo la coscienza che migra in questo universo. Ciò significa che una persona morta, durante il viaggio attraverso un tunnel non finisce all'inferno o in paradiso, ma in un mondo simile, a lui o a lei, una volta abitato, ma questa volta vivo. E così via, all'infinito. Senza ricorrere a ideologie religiose lo scienziato cerca quindi di spiegare la coscienza quantistica con esperienze precendenti alla morte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo e anche reincarnazione. Secondo la sua teoria, l'energia della coscienza a un certo punto viene riciclata in un corpo diverso e nel frattempo esiste al di fuori del corpo fisico ad un altro livello di realtà e forse, anche, in un altro universo.

09 gennaio 2014
www.wallstreetitalia.com/article/1656983/scienza/la-vita-non-finisce-con-la-morte-fis...
wheaton80
00domenica 16 marzo 2014 23:46
La fisica quantistica potrebbe spiegare l’esistenza dell’anima. La Teoria Quantistica della Coscienza

Un medico e un fisico quantistico di fama mondiale, l’americano dott. Stuart Hameroff e l’inglese Sir Roger Penrose, hanno sviluppato una teoria che potrebbe dimostrare definitivamente l’esistenza dell’anima. Secondo la Teoria Quantistica della Coscienza elaborata dai due scienziati, le nostre anime sarebbero inserite all’interno di microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all’interno delle nostre cellule cerebrali. La loro idea nasce dal considerare il nostro cervello come una sorta di “computer biologico”, equipaggiato con una rete di informazione sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni. Essi sostengono che la nostra esperienza di coscienza è il risultato dell’interazione tra le informazioni quantiche e i microtubuli, un processo che i due hanno definito “Orch-OR” (Orchestrated Objective Reduction). Con la morte corporea, i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in essi contenute non vengono distrutte. In parole povere, più legate ad un linguaggio tradizionale, l’anima non muore, ma torna alla sua sorgente. “Quando il cuore smette di battere e il sangue non scorre più, i microtubuli smettono di funzionare perdendo il loro stato quantico”, spiega il dott. Hameroff, professore emerito presso il Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro di Studi sulla Coscienza presso l’Università dell’Arizona. “L’informazione quantistica all’interno dei microtubuli non è distrutta, non può essere distrutta, ma viene riconsegnata al cosmo. Quando un paziente torna a vivere dopo una breve esperienza di morte, l’informazione quantistica torna a legarsi ai microtubuli, facendo sperimentare alla persona i famosi casi di premorte”, spiega Hameroff al Daily Mail. La grande portata di questa teoria è evidente: la coscienza umana, così intesa non si esaurisce nell’interazione tra i neuroni del nostro cervello, ma è un informazione quantistica in grado di esistere al di fuori del corpo a tempo indeterminato. Si tratta di quella che per secoli le religioni hanno definito “anima”. Questa teoria scientifica si avvicina molto alla concezione religiosa orientale dell’anima. Secondo il credo buddista e induista, l’anima è parte integrante dell’Universo ed esiste al di fuori del tempo e dello spazio. L’esperienza corporea (o anche terrena, materiale), non sarebbe altro che una fase dell’evoluzione spirituale della coscienza umana. Ma anche le religioni del libro, quali l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam, insegnano l’immortalità dell’anima. Chissà che questa teoria non possa aprire una nuova stagione di confronto positivo tra la ragione e la fede, la religione e la scienza.

14 febbraio 2013
www.ilnavigatorecurioso.it/2013/02/14/la-fisica-quantistica-potrebbe-spiegare-lesistenza-dellanima-la-teoria-quantistica-della-co...
wheaton80
00lunedì 20 ottobre 2014 00:36
Gli scienziati trovano tracce dell’immortalità dell’anima

Alcuni fisici internazionali sono convinti che il nostro spirito ha uno stato quantico e che il dualismo tra corpo e anima è altrettanto reale quanto il “dualismo onda-particella” (detto anche “dualismo onda-corpuscolo”) delle particelle più piccole. Il Dottor James G. di San Francisco, un ex collaboratore della società tedesca Max-Planck di Francoforte, ha riportato la seguente incredibile storia:“Ho studiato non solo negli U.S.A., ma per alcuni semestri ho studiato chimica anche a Londra. Quando arrivai in Inghilterra, il pensionato universitario era pieno, così aggiunsi il mio nome alla lista d’attesa. Poco tempo dopo, ricevetti la bella notizia che una camera si era liberata. Poco tempo dopo essermici trasferito, mi svegliai una notte e nel crepuscolo fui in grado di vedere un giovane uomo con ricci capelli neri. Ero terrorizzato e dissi al presunto vicino che aveva sbagliato stanza. Lui semplicemente pianse e mi guardò con una enorme tristezza nei suoi occhi. Quando accesi la luce, l’apparizione era scomparsa. Dato che ero certo al cento percento che non era stato un sogno, il mattino dopo raccontai lo strano incontro alla direttrice del collegio. Le feci un’accurata descrizione del giovane uomo. Lei improvvisamente impallidì. Guardò negli archivi e mi mostrò una foto. Riconobbi immediatamente il giovane uomo che era venuto a trovarmi nella mia stanza la notte precedente. Quando le chiesi chi fosse, mi rispose con voce tremolante che si trattava dell’affittuario precedente. Poi aggiunse che la mia stanza si era liberata perché si era tolto la vita poco prima. “L’autore non avrebbe mai documentato la storia se “James” non fosse stata una persona totalmente degna di fiducia e affidabile”.

Il Professor Hans-Peter Duerr, ex direttore dell’Istituto Max Planck di Fisica di Monaco, rappresenta il parere che il dualismo delle particelle più piccole non si limita al mondo subatomico, ma è invece onnipresente. In altre parole: il dualismo tra corpo e anima è altrettanto reale per lui quanto il “dualismo onda-particella” delle particelle elementari. Secondo il suo punto di vista, esiste un codice quantico universale applicabile a tutta la materia vivente e non. Questo codice quantico abbraccia presumibilmente l’intero cosmo. Di conseguenza, Duerr crede – di nuovo basandosi su considerazioni puramente fisiche – nell’ esistenza dopo la morte. Ecco come lo ha spiegato nel corso di un’intervista:"Ciò che consideriamo il qui ed ora, questo mondo, è in realtà solo il livello materiale comprensibile. L’aldilà è una realtà infinita che è molto molto più grande. Nella quale questo nostro mondo è radicato. In questo modo, le nostre vite su questo piano di esistenza sono contenute e circondate già dal mondo dell’aldilà. Quando pianifico immagino di aver scritto la mia esistenza in questo mondo su una specie di hard disk sul tangibile (il cervello), e di aver anche trasferito questi dati su un campo quantico spirituale, così da dire che quando morirò, non perderò queste informazioni, questa coscienza. Il corpo muore ma il campo quantico spirituale continua. In questo modo, io sono immortale”. Il Dottor Christian Hellweg è convinto anche che lo spirito ha uno stato quantico. Nel corso dei suoi studi in fisica e medicina, ha effettuato ricerche sulle funzioni cerebrali per molti anni presso l’Istituto Max Planck di Biochimica Fisica. Ha dimostrato che le informazioni nel sistema nervoso centrale possono essere codificate in fasi. Negli ultimi anni ha dedicato la sua vita allo studio della questione corpo-anima e ha effettuato ricerche sulle percezioni immateriali e allucinazioni. E’ interessato in modo particolare al fischio/ronzio nelle orecchie, una percezione immateriale del senso dell’udito. Di conseguenza si è specializzato anche nella terapia. Sintetizza la sua tesi nel seguente modo:“I nostri pensieri, la nostra volontà, la nostra coscienza e le nostre sensazioni mostrano proprietà che potrebbero essere definite come proprietà spirituali … . Nessuna interazione diretta con le forze fondamentali conosciute della scienza naturale, come la gravitazione, le forze elettromagnetiche, etc… può essere rilevata nello spirituale. D’altro canto, però, queste proprietà spirituali corrispondono esattamente alle caratteristiche che contraddistinguono i fenomeni estremamente sconcertanti e meravigliosi del mondo quantico. Mondo quantico, in questo caso, si riferisce a quel regno del nostro mondo che non è solo fattuale; in altre parole, il regno delle possibilità, il regno dell’incertezza, dove noi “sappiamo il cosa” ma non sappiamo esattamente né il quando né il come. Sulla base del contesto della fisica tradizionale, si può concludere, per necessità, che questo regno deve effettivamente esistere nella realtà.”

Il fisico americano John Archibald Wheeler colpisce un nervo simile, “molti scienziati speravano … che il mondo, in un certo qual senso, fosse tradizionale – o semplicemente privo di curiosità del tipo larghi oggetti che sono nello stesso posto allo stesso tempo. Ma queste speranze sono andate in fumo dopo una serie di nuovi esperimenti”. Attualmente ci sono gruppi di ricerca universitari che analizzano l’interazione tra coscienza e materia. Uno dei principali ricercatori in questo campo è il fisico Professor Robert Jahn della Università di Princeton nel New Jersey. Egli sostiene che se gli effetti e le informazioni possono essere scambiati in entrambe le direzioni tra coscienza umana e ambiente fisico, allora si deve anche assumere una risonanza o “potenziale legame molecolare” anche per la coscienza. In sintesi: secondo questa teoria, si dovrebbe riconoscere anche alla coscienza le proprietà quantiche conosciute. A suo avviso non avrebbe senso assegnare termini come informazione o risonanza né al mondo fisico né alla coscienza spirituale o separare gli effetti fisici dagli effetti spirituali. Il fisico quantico David Bohm, allievo e amico di Albert Einstein, fece affermazioni simili. La sua sintesi:“I risultati delle scienze naturali moderne hanno senso solo se assumiamo una realtà interiore uniforme trascendente che si basa su tutti i dati e fatti esterni. Il vero profondo della coscienza umana è una di queste. Il fisico nucleare e biologo molecolare Jeremy Hayward della Università di Cambridge non fa mistero delle sue convinzioni:”Molti scienziati che fanno parte della corrente scientifica principale non hanno più paura di dichiarare apertamente che la coscienza potrebbe, in aggiunta a spazio, tempo, materia, essere un elemento fondamentale del mondo - probabilmente molto più fondamentale di spazio e tempo. Potrebbe essere un errore separare lo spirito dalla natura.” Viene addirittura messo in discussione se la materia debba essere considerata un elemento fondamentale dell’universo.

Dr. Rolf Froböse, Huffington Post
dallo SchwartzReport del 29 giugno 2014
Traduzione a cura della redazione di coscienza.org - Erica Dellago

www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=1360
wheaton80
00martedì 24 maggio 2022 16:32
Perché vediamo i morti?

Ci sono buone probabilità che voi stessi o qualcuno di vostra conoscenza abbia avvertito la presenza di un morto. Non alla maniera del Sesto Senso di Shyamalan, ma come la vivida percezione, visiva o anche tattile, che nelle nostre vicinanze sia presente qualcuno che sappiamo essere defunto. Nella maggioranza dei casi, una persona cara morta da relativamente poco. Che siano o meno allucinazioni, una sola cosa è certa: pochi tra coloro i quali hanno vissuto esperienze di questo tipo decidono poi di parlarne. E la ragione, ovviamente, è che nella nostra società secolare non c’è spazio per i fantasmi. Si tratta necessariamente di allucinazioni causate dal dolore o dalla stanchezza. Allucinazioni che, tra l’altro, ci impediscono di “guardare avanti” e lasciarci alle spalle i traumi del passato. Saremmo insomma vittime di quella che Sigmund Freud chiamava “psicosi illusoria”. Un’allucinazione causata dal dolore del lutto, una sorta di follia momentanea che ci porta a vedere il volto, sentire la voce o il profumo della persona amata e scomparsa. Il rimedio a tutto ciò, secondo quanto sostenuto da Freud nel suo saggio del 1917 Lutto e melanconia, è di recidere i legami che ci tengono attaccati ai defunti e lasciare andare le visioni. Da allora, nessuno ha più messo in discussione questo approccio (almeno nelle società occidentali). Stando così le cose, non stupisce che, secondo quanto riporta The Walrus, ben pochi parlano delle esperienze da loro vissute. Uno studio del 1972 effettuato negli Stati Uniti d’America rivelò come il 50% delle vedove e dei vedovi avesse percepito la presenza della persona defunta. Tre quarti di loro, però, non ne aveva fatto cenno a nessuno, per evitare di essere compatiti o trattati in maniera paternalistica.

Tra chi ha vissuto e parlato di queste esperienze c’è invece Sylvia Townsend Warner, scrittrice tradotta anche in Italia da Adelphi e firma del New Yorker, che spiegò nel 1970 come avesse avvertito la presenza della sua compagna defunta, Valentine Ackland, e di come una volta Valentine l’avesse seguita fino a letto:“Non era un ricordo, non era un’evocazione, non era avvertire la sua presenza. Era reale”. Se anche una donna di cultura, militante del Partito Comunista e sicuramente secolarizzata come Townsend Warner ha vissuto con tale forza un’esperienza del genere, come si fa a derubricarla a fantasia per superstiziosi? Anche la nostra tradizione millenaria, che va da Gilgamesh alla serie TV River, passando per il MacBeth, fornisce un’idea di quanto la visione delle persone morte sia da sempre parte dell’umanità. E infatti qualche tentativo di indagare più a fondo la faccenda è stato fatto, almeno in passato. Sempre The Walrus racconta come il primo studio scientifico sul tema venne fatto a Londra nel 1880 da parte dei membri fondatori della Society for Psychical Research (SPR), organizzazione ancora oggi attiva. Nel loro studio, chiesero a un campione di cittadini britannici se avessero avuto, “mentre in buona salute, privi di ansia e completamente svegli, l’impressione vivida di vedere o essere toccati da un essere umano, o di sentire una voce o un suono che suggerisse una presenza umana, anche se non c’era nessuno”.

Nel 1889, lo studio venne espanso ad altre nove Nazioni (Stati Uniti, Francia, Germania, Russia, Brasile e altri), sempre coinvolgendo psicologi e medici. Raccolsero in totale 17mila risposte, individuando percentuali tutto sommato simili: una quota di partecipanti tra il 7 e il 19% aveva vissuto un’esperienza di questo tipo almeno una volta nella vita. Non solo, molti intervistati segnalarono di aver avuto una percezione di questo tipo proprio nel periodo in cui, a loro insaputa, una persona cara stava per ammalarsi gravemente o per morire. La SPR teorizzò che la mente potesse proiettare una sorta di scarica energetica telepatica che supera le nostre barriere mentali ed è raccolta poi in qualche forma di allucinazione. Poiché stiamo rapidamente scivolando nel paranormale, può essere interessante annotare come proprio un’esperienza di questo tipo abbia portato alla nascita dell’elettroencefalogramma, creato dallo scienziato tedesco Hans Berger nel 1929 per capire quale attività cerebrale potesse avergli permesso di “avvertire” il grave incidente che aveva coinvolto a sua insaputa la sorella. Ma quelli erano anche gli anni dell’avanzata della psicologia e del tentativo di questa disciplina di affermarsi in quanto scienza. Gli studi condotti dalla SPR, anche a causa del loro successivo soffermarsi sul lavoro dei sensitivi e cose di questo tipo, vennero quindi ampiamente ignorati dal mondo scientifico. Nel giro di breve tempo, parlare di apparizione divenne un residuo del passato, una superstizione, qualcosa da non prendere minimamente sul serio. In tutto questo, come detto, la società occidentale fece un ulteriore passo avanti, teorizzando come il modo migliore per riprendere a vivere dopo un lutto fosse smettere il prima possibile di crogiolarsi nella sofferenza, superare la perdita e proseguire nella propria vita cercando di cancellare la presenza di questi “fantasmi mentali”.

È solo sul finire degli anni ’90 che questa linea di pensiero ha iniziato a essere messa in discussione. Uno psicologo come Dennis Klass, per esempio, propose un nuovo modello di elaborazione del lutto, che ha chiamato “legame continuativo”, che a suo parere si accorda meglio con quella che è l’esperienza vissuta dalla maggior parte delle persone. Non bisogna, in poche parole, dimenticare i propri defunti. Anzi, lo scopo del lutto sarebbe la “costruzione di una relazione tra la persona viva e quella defunta che permetta a chi vive di integrare il morto nella sua vita”. D’altra parte, è solo la società occidentale ad aver deciso, a un certo punto, che doveva rimuovere i suoi legami coi morti e che questo metodo sarebbe stato più salutare. In Giappone, per esempio, i rituali di lasciare cibo e accendere candele come dono per i defunti sembrano rendere le persone psicologicamente più adatte ad affrontare il lutto. Nonostante qualche piccolo cambiamento stia iniziando ad avvenire anche dalle nostre parti, la strada è ancora lunga. Lo dimostra il fatto che, nel 2005, uno studio britannico individuò come l’80% delle persone che hanno avvertito la presenza di un defunto abbia deciso di tenere tutto per sé per non essere frainteso o peggio. Esattamente come avveniva negli anni ’70. D’altra parte, a quasi 150 anni di distanza dai primi studi della SPR, nessuno ha ancora idea del perché queste esperienze siano così diffuse. Indipendentemente da cosa pensiamo di questi fenomeni, provare a vederci più chiaro non può fare del male. Anche per capire una volta per tutte cosa avvenga nel cervello di chi vive queste esperienze.

Andrea Daniele Signorelli
06/11/2020
www.esquire.com/it/lifestyle/tecnologia/a34583964/perche-vediamo-...
wheaton80
00lunedì 12 giugno 2023 03:30
Vita dopo la morte - Un nuovo studio rivoluzionario scopre una cosa incredibile

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