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Referendum su Legge Merlin

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12/06/2008 15:18

LA CALDA NOTTE DELL’ISPETTORE SANTADECHÈ TRA LE BABY-SCHIAVE DI MILANO
- CON LE RAGAZZINE CHE SI VENDONO (50 EURO) “PER UN SERVIZIO COMPLETO E SENZA PRESERVATIVO”
– E OGGI SANTANCHE' RITORNA IN PARLAMENTO…

Maria Corbi per “La Stampa”



Viale Abruzzi, dieci di sera, un lungo stradone alberato a ridosso del centro.

Inizia da qui, da questo crocevia di prostituzione, tra via Piccinni, via Monteverdi e via Paganini, il viaggio nella notte di Daniela Santanché che in questa legislatura, anche senza poltrona in Parlamento, ha lanciato una battaglia che ha scosso palazzo e società contro la legge Merlin.

Oggi siederà a un tavolo «trasversale» in Parlamento con Pdl e Pd
per parlare proprio di questo. «Bisogna avere il coraggio di scendere in strada per capire di cosa si parla.
I politici vivono in una bolla e dicono cose che spesso non hanno nessun legame con la realtà».
E allora eccola qui, tra le bambine dell’est di viale Abruzzi che vengono messe in strada dai loro aguzzini quando è buio, ma non ancora notte, perché dopo, dalle due, lasciano il marciapiede ai viados.

Jeans e camicia bianca, tacchi vertiginosi, trucco perfetto, si mette a capo di una delegazione di quartiere che lotta per liberare la zona da questo mercato del sesso. «I nostri figli, noi stessi, quando torniamo la sera siamo costretti ad assistere a cose assurde, spesso anche a veri rapporti sessuali consumati sui cofani delle macchine, come fanno i viados», spiega Fabiola Minoletti, presidentessa di questa specie di esercito spontaneo che, ci tengono a sottolineare, è «apolitico». «Noi chiediamo l’aiuto di tutti e per questo la Santanchè è qui stasera con noi».

Insieme alla leader della Destra una consulente speciale, Alma, anzi Adelina come si fa chiamare questa ventenne albanese da quando si è liberata dalle catene della prostituzione.
E’ lei che porta Daniela dalle sue ex colleghe. In via Piccinni, la giovane che in minigonna aspetta un altro che la carichi avrà 15 anni. «Perché vendi il tuo corpo?» le chiede la Santanchè. Lei, risponde che è una sua scelta, ma dopo un po' ammetterà che a casa l’aspetta «il fidanzato» a cui dovrà dare i soldi. Quanti? «Trenta euro a volta, in qualche ora guadagno 200 euro».

Ma Adelina la contraddice e le fa vedere che se solo si mette all’angolo della strada riesce a strappare in pochi minuti 50 euro. Prova riuscita.
Ecco una macchina sportiva che accosta. Lei sale. Poi apre la portiere e la Santanchè Si affaccia.
Chiede secca: «Ma lei sa che così sfrutta delle donne?».

Sul sedile di dietro c’è un pastore tedesco, alla presenza del quale il signore avrebbe tranquillamente consumato la sua notte di piacere, cinquanta euro «per un servizio completo», spiega Adelina, «e senza preservativo».



Il comitato di quartiere ha quasi bloccato la macchina, la Santanchè tiene la portiera aperta, il cliente non può scappare. «Vado a prostitute perché nella vita i rapporti con le donne sono complicate, mi sottomettono sempre, con le puttane è più facile». La Santanchè insiste: «Cosa pensa delle proposte contro la prostituzione e se fosse considerato reato andare con ragazze a pagamento». Lui non fa una piega: «Non ci andrei. L’occasione rende l’uomo ladro».

Mariana ha sedici anni, è ancora sullo stesso pezzetto di marciapiede alle 3 di notte anche se accanto a lei ci sono ormai quasi solo viados.
«Ho bisogno di soldi», dice con gli occhi spenti. «Ho diciotto anni», assicura. Ma poi, dopo una lunga conversazione, ammette di averne 14 anni «quasi 15». «Siamo tutte ragazzine qui», ammette. «Ma credete che espellerci serva a qualcosa?». Una sigaretta buttata per terra, un alzata di spalle e il prossimo cliente è già li, un ragazzo giovane con macchinone sportivo.

Adelina ne approfitta per spiegare alla Santanchè che «l’espulsione non risolve nulla per le ragazze».
«Perché quando ci accompagnano alla frontiera e ci consegnano alla polizia albanese, poi sono gli stessi poliziotti che ci vendono di nuovo al racket.

E’ successo anche a me trenta volte».
Adelina racconta la paura mostrando i segni, si abbassa i pantaloni e fa vedere una cicatrice: «Mi è stata fatta con un coltello pieno di sale per farmi passare la voglia di scappare. Fino a che non ho trovato il comandante dei carabinieri Mario Tusa che mia ha aiutato».

«E questa non è schiavitù?», chiede la Santanchè. «Basta, o oggi capisco che c’è la volontà di risolvere questa piaga subito, con un disegno di legge prima dell’estate, oppure io da sabato sono in piazza con le mie donne a raccogliere firme per il referendum. Si fanno troppe chiacchiere senza mai dare risposte.
E credo che sia arrivato il momento per noi donne di ribellarci a questa forma indecente e crudele di schiavitù.
E per questo faccio un appello a tutte, a destra e a sinistra, per unirci. Mi piacerebbe avere in questa squadra trasversale donne impegnate come Bianca Berlinguer e Maria Latella. E sono certa che ce la faremo ad aiutare queste povere schiave».

Intanto Adelina continua a fermare il traffico «hot» e a dire come la pensa alla Santanchè.
Ai quartieri a luci rosse dico no per un semplice motivo: ci finirebbero anche le ragazze sfruttate.
E per i carnefici la vita sarebbe ancora più facile».
E i clienti?
«Vanno puniti». Anche in questo gruppo di signore con tailleur bon ton, pensionati e impiegati in giacca e cravatta pochi dubbi: «Vanno arrestati se in fragranza di reato».

A un angolo un bar meta di protettori e ragazze, ma anche i centri massaggi dai nomi esotici stanno crescendo come i funghi.
«E non ne possiamo più», dice Nino, 70 anni. Nel primo tratto di via Piccinni ci sono le tossiche italiane (spesso sedute nella pensilina del filobus 92), insieme a ragazze dell'est a volte proprio di fronte al giardino della scuola Bacone.
Le new entry di questo discount del sesso sono le cinesi che solo da poco tempo si sono messe «su strada». Per loro orari infernali: dalle 10 di mattina a notte fonda, con un cinese che porta il cestino del pranzo e appartamenti nelle vicinanze dove andare con i clienti. «Ma c’è anche un taxi con vetri scuri di cui abbiamo preso la targa», spiegano al comitato, «nel quale si lavora anche di mattina in via Monteverdi».


Maria Corbi per “La Stampa” - 12 Giugno 2008
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