Pissio, 06/04/2009 22.48:
L'edilizia che dici tu è giusta ed anch'io la condivido, ma purtroppo bisogna riscontrare che è difficilmente fattibile...e se è cosi serve a quasi nulla....
allora facciamo nostra l'amara conclusione di questo articolo. aspettiamo di piangere per la prossima tragedia e continuiamo a credere nella malefica natura
MILANO - «Non si può prevedere, ma si può prevenire. E l’unico modo è mettere a norma gli edifici». Crede più nella prevenzione che nelle previsioni Gian Michele Calvi, esperto internazionale e direttore dell’Eucentre, il centro europeo di formazione e ricerca in ingegneria sismica dell’Università di Pavia. L’ingegnere, membro della commissione nazionale Grandi rischi della Protezione civile e «papà» dell’attuale normativa antisismica, si trova già all’Aquila per le prime verifiche sui crolli del terremoto.
Professore, il terremoto era prevedibile?
«Assolutamente no, nessuno era in grado di prevederlo. Gli sciami sismici sono frequenti nel nostro Paese. L’unica forma di prevenzione possibile in questi casi riguarda le strutture dei palazzi. È scandaloso che, mentre viene dichiarato inagibile l’ospedale dell’Aquila, si facciano polemiche se il terremoto fosse o meno prevedibile. La soluzione non è evacuare un’intera area, ma renderla sicura e ridurre i rischi».
Che cosa si deve fare allora?
«Bisogna rimboccarsi le maniche e pianificare un serio programma di messa a norma degli edifici. Cominciamo dalle zone ad alto rischio sismico e dalle strutture pubbliche fondamentali come scuole e ospedali. Secondo la legge del 2003, l’Abruzzo è inserito tra la prima e la seconda zona sismica (rischio altissimo), il fatto che due delle tre sale operatorie dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila non siano più utilizzabili non è da Paese civile. Ripeto, l’unica forma di prevenzione è fare in modo che scuole, ospedali ed edifici pubblici non collassino».
Il contrario di ciò che è successo a San Giuliano?
«Anche in quel caso non si era fatto nulla per mettere in sicurezza un edificio fondamentale come la scuola. E proprio dal dramma di San Giuliano di Puglia nell’ottobre del 2003 è nata la nuova normativa antisismica. Da allora qualcosa è stato fatto. È stato stanziato del denaro, ma ci vuole del tempo per mettere in regola tutte le strutture. Senza contare che la manutenzione deve essere sistematica e soggetta a continue verifiche. Insomma, ci vorranno anni prima che l’Italia diventi come il Giappone».
Eppure la ricerca italiana nell’ingegneria antisismica è all’avanguardia.
«È vero, ma non è solo una questione di ricerca: è un fatto culturale. Questo Paese si ricorda di essere a rischio terremoto solo quando si trova sotto le macerie. E allora sull’onda delle emozioni si cerca di intervenire in qualche modo. Ma è troppo tardi. Passato qualche mese, poi, ci si dimentica, fino alla tragedia successiva».
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