PdL, Scandalo appalti: dopo Scajola nella bufera anche Denis Verdini

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14/05/2010 14:21

Re:
piperitapatty, 14/05/2010 14.01:

dì la verità etrusco! anche tu ti sei fatto rifare le tapparelle da anemone [SM=x44452] [SM=x44452] [SM=x44452]


ma vedi sta gente [SM=x44465]




SSshht! Non lo dire forte altrimenti mi mettono sotto indagine anche a me [SM=x44474]

Comunque trovo improbabile che questo Anemone abbia fatto i lavori gratis o scontatissimi a più di 470 persone: quanti appalti avrebbe mai dovuto aggiudicarsi poi per non andarci in perdita? [SM=x44466]
A questo punto prima di mettere tutti questi nomi davanti al ventilatore mediatico bisognerà aspettare che le indagini facciano un minimo di chiarezza su eventuali illeciti commessi.

PS per le tapparelle in effetti devo confessare che le ho cambiate quasi gratis: me le son fatte spedire direttamente dalla fabbrica senza intermediari [SM=x44499]
pps non so perchè, forse per la primavera, ma sei molto sensuale quando dici "tapparelle" [SM=x44450]

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14/05/2010 16:05

Re: Re:
Etrusco, 14/05/2010 14.21:


Comunque trovo improbabile che questo Anemone abbia fatto i lavori gratis o scontatissimi a più di 470 persone: quanti appalti avrebbe mai dovuto aggiudicarsi poi per non andarci in perdita? [SM=x44466]
A questo punto prima di mettere tutti questi nomi davanti al ventilatore mediatico bisognerà aspettare che le indagini facciano un minimo di chiarezza su eventuali illeciti commessi.



Come mai oggi sei così garantista? [SM=x44473] [SM=x44452] [SM=x44466] [SM=x44467]

Dì la verità, anche tu hai avuto dei favori da Anemone. [SM=x44451]

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15/05/2010 21:48

Arjuna, 14/05/2010 16.05:



Come mai oggi sei così garantista? [SM=x44473] [SM=x44452] [SM=x44466] [SM=x44467]

Dì la verità, anche tu hai avuto dei favori da Anemone. [SM=x44451]




Siete proprio dei gran ficcanaso tu e la Pippy [SM=x44494]
Ebbene si, lo confesso,
però le tapparelle me l'hanno cambiate tutte a mia insaputa,
forse è stata tutta una manovra per incastrarmi ed infamarmi agli occhi del condominio,
forse è proprio un condomino che così facendo voleva indurmi a traslocare via...


[SM=x44456]


Quanto ad Anemone invece passi pure che il suo fatturato è schizzato all'improvviso da un anno all'altro da 4 a 70 Milioni€
ma se avesse fatto regalie a 370'000 famiglie sarebbe un giro colossale approssimativamente intorno all'ordine di grandezza del miliardo di €, sarebbe gravissimo, quindi preferisco pensare che sia improbabile, o almeno lo spero. [SM=x44461]

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17/05/2010 14:26

Balducci e la pista che porta allo Ior

Pronta una rogatoria presso la Santa Sede per un conto del "gentiluomo di Sua Santità"
FRANCESCO GRIGNETTI
PERUGIA

Porta in Vaticano, una delle piste su cui lavorano gli investigatori dell’inchiesta sui Grandi Appalti. E’ noto il ruolo di Angelo Balducci, il potente presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, che rivestiva importanti incarichi Oltretevere. Dal 2002 era infatti «consultore» della congregazione di Propaganda Fide, nonché supervisore del suo immenso patrimonio immobiliare (appartamenti e palazzi stimati 6 miliardi di euro), e Gentiluomo di Sua Santità. In questa veste, però, Balducci era titolare di un conto corrente presso la banca vaticana Ior. E perciò, nella raffica di rogatorie internazionali ce ne sarebbe anche una pronta per il Vaticano. Negli anni passati, il Vaticano non ha mai risposto a tali richieste di collaborazione giudiziaria. Lo Ior è sempre stata una banca inarrivabile per i giudici, sia che si trattasse di Banda della Magliana, o di delitto Calvi, o di fondi neri di politici italiani.

Ma da qualche mese c’è una nuova dirigenza e si trascina anche una spiacevole querelle diplomatica con il governo italiano. Dal Vaticano, quindi, hanno promesso di adeguarsi rapidamente alle direttive europee antiriciclaggio. Che Balducci abbia un conto corrente presso lo Ior, fu lui stesso a dirlo a un magistrato. Era qualche anno fa e lo interrogava il pm di Potenza, il giovane Henry John Woodcock, il quale, intercettando le telefonate del cerimoniere pontificio, monsignor Franco Camaldo (coinvolto nell’inchiesta sugli affari di Vittorio Emanuele di Savoia), fu incuriosito da un misterioso bonifico di Balducci al monsignore. Questa fu la spiegazione di Balducci: siccome monsignor Camaldo, suo fraterno amico, era stato truffato nel corso di una spericolata operazione immobiliare, ed era giù di morale, lui aveva deciso di aiutarlo con un prestito di 280 mila euro a fondo perduto.

Camaldo diede una risposta ancora più sorprendente: aveva partecipato a una operazione per comprare a Marino, nei Castelli romani, la villa principesca che era appartenuta a Carlo Ponti e Sofia Loren per farne la sede di una associazione massonica, ma il tutto si era rivelato una truffa e perciò era ricorso a Balducci. Woodcock non fu granché convinto da queste risposte, ma non aveva elementi per procedere oltre. I suoi colleghi di Perugia, ora, intendono convocare Camaldo quando prima per interrogarlo. Vogliono capire meglio questa storia dei 280 mila euro che Balducci versò al prelato. Il sospetto, evidente, è che tanta generosità non fosse estranea agli strepitosi affari immobiliari che Balducci, aiutato dalla sua nuova veste di supervisore al patrimonio immobiliare, stava portando a termine.

E che monsignor Camaldo fosse dietro la sua nomina a Gentiluomo di Sua Santità, l’ha raccontato egli stesso alla «Stampa» qualche giorno fa. Nel dicembre 2003, per dire il genere di affari, il Vaticano vendette un complesso immobiliare in piazza della Pigna, alle spalle del Pantheon. Ad acquistare era un immobiliarista altoatesino, Peter Paul Pohl, che comprò e subito rivendette. Il nuovo acquirente era la Immobilpigna Srl, ovvero Diego Anemone e Balducci stesso. A Pohl, utilizzando i conti correnti di Zampolini, furono versati 1 milione 450 mila euro in due tranches. «Il contratto innanzi al notaio - ha spiegato nei giorni scorsi il signor Pohl - venne stipulato in data 8 aprile 2004 con la Immobilpigna, il cui legale rappresentante era Diego Anemone, che incontrai solamente in occasione della firma del contratto di acquisto».

Dopo breve tempo, però, gli appartamenti di piazza della Pigna furono ristrutturati (e di questo intervento se ne trova traccia nella Lista Anemone) e ceduti. Ma questa volta si vendette a prezzo di mercato e il guadagno per la Immobilpigna di Anemone & Balducci fu davvero notevole.

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PippyZzetta
17/05/2010 14:59

Re: Re: Re:
Arjuna, 14/05/2010 16.05:



Come mai oggi sei così garantista? [SM=x44473] [SM=x44452] [SM=x44466] [SM=x44467]

Dì la verità, anche tu hai avuto dei favori da Anemone. [SM=x44451]



infatti! sento puzza di bruciato [SM=x44451] io su quella lista non ci sono [SM=x44469]

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19/05/2010 12:26

Ora Berlusconi teme l'attacco di otto Procure

Caso Scajola, equivoci finiti.
L'ex ministro cena ad Arcore
UGO MAGRI
ROMA

Per giorni aveva sfogato il suo sdegno nei confronti di Scajola, la personale «delusione» del Cavaliere era stata raccolta sul Colle perfino dal Presidente Napolitano ma, praticamente, non c’era stato colloquio privato in cui Berlusconi avesse trattenuto l’irritazione verso l’ex ministro dello Sviluppo per il calo di popolarità che gli sta causando. Finché tra i due qualcosa di colpo è cambiato. E dev’essere un «qualcosa» parecchio sostanzioso, perché il capo del governo non solo ha cessato di lamentarsi con i vari interlocutori. Ha pure ripreso i contatti con il «reprobo» dimissionario, si sono sentiti più volte al telefono e addirittura l’altra sera hanno cenato insieme. Nel villone di Arcore, cioè a casa del premier. Fatto in sé significativo. Chi inviterebbe nel proprio salotto un personaggio del quale dubita sul piano morale? Vuol dire che questi dubbi, se mai erano esistiti, ora non sussistono più (tesi accreditata nel giro di Scajola).

La cena è proseguita in chiacchiere poiché l’ex ministro è arrivato verso le nove di sera e se n’è ripartito per la Liguria quando mezzanotte era già passata. A tavola c’era pure l’avvocato Ghedini che esercita a tempo pieno la difesa del premier, ma nei ritagli curerà quella di Scajola, essendone stato scelto quale legale. Si è parlato, com’è ovvio, dell’inchiesta. Del famoso appartamento con vista sul Colosseo. Degli 80 assegni circolari che sono serviti per saldare l’acquisto. I tre si sono interrogati su quanto può rivelare l’architetto Zampolini, a lungo in udienza dai pm di Perugia.

E prima o poi anche a Scajola toccherà fornire spiegazioni. I magistrati sono curiosi di accertare la vicenda (lui continua a protestarsi innocente, «risulterà chiaro che non ho fatto nulla di illecito»), vorrebbero capire meglio anche certi accenni sfuggiti alla moglie dell’ex-ministro, incappata in una intervista che ha fatto sobbalzare parecchi a Palazzo Chigi poiché, nel difendere il marito, lo mostrava preoccupato di proteggere altri molto più su di lui. Insomma, ce n’è abbastanza per animare una conversazione franca e sincera col premier. Scajola gli ha mostrato carte, documenti, con l’aiuto di Ghedini ha dipinto un quadro probatorio rassicurante. Che esclude contraccolpi ulteriori sul piano politico e di governo.

Poi il discorso è scivolato sulle inchieste. A Roma il tam-tam degli allarmi continua, chi transita per Montecitorio viene sopraffatto dalle chiacchiere spesso frutto di cortocircuiti tra politici e giornalisti. Al centro le solite paure del Cavaliere che, incontrando la scorsa settimana alcuni parlamentari della Campania, s’era lasciato andare sulle «otto procure» al lavoro per incastrarlo, una in più di quelle che vengono alla memoria (Perugia, Firenze, Roma, Cagliari, Napoli, Milano e Palermo).

Rifà capolino ad Arcore la tesi del complotto, che il premier aveva abbandonato salvo pentirsi, perché Berlusconi non si fida: vede troppe «manine» che seminano dossier, alcuni in forma anonima e altri spuntati dal nulla come la famosa lista dei clienti di Anemone, che la stessa Procura di Roma ribadisce, stizzita, di non aver mai ricevuto dagli apparati investigativi, salvo ritrovarsela sui giornali. «Chi è il regista?», si domanda il premier. In attesa del prossimo blitz.

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19/05/2010 12:36

Zampolini tre ore dai pm "Ecco i segreti di Anemone"

L'architetto ammette: «E' vero, viaggiavo con un sacco di soldi: credevo di fare dei favori»
FRANCESCO GRIGNETTI
INVIATO A PERUGIA

Tre ore davanti ai magistrati. E l’architetto Angelo Zampolini fa un altro passo avanti nella sua collaborazione con la giustizia, quella collaborazione che all’ultimo istante non l’ha fatto finire in carcere e che ora è temutissima da tutti gli altri indagati di questa inchiesta. Zampolini infatti, sostenuto dal suo avvocato Grazia Volo, ha scelto la via della «lealtà» con la giustizia. E ha confermato ancora una volta di essere stato il braccio esecutivo di Diego Anemone. Molte volte un esecutore cieco. Ha spiegato che dall’imprenditore riceveva valigette zeppe di soldi, che lui si prestava a cambiare in banca in tanti assegni circolari di valore basso - per sfuggire alla normativa antiriciclaggio - che poi servivano a pagare in tutto o in parte gli appartamenti per alcuni eccellenti.

D’altra parte sarebbe stato ben difficile per Zampolini negare l’evidenza: ci sono le segnalazioni della sua banca, il tracciato degli assegni, le dichiarazioni di chi li ha incassati, e persino la testimonianza del tunisino Fahdi, ex autista di Balducci, che racconta di come gli portava le valigette. Anche ieri, perciò, durante l’interrogatorio di Zampolini, sono risuonati i nomi di Scajola, Pittorru, Balducci jr, e di Alberto Donati, il genero del superdirigente alle Infrastrutture Ercole Incalza. «Ma io pensavo di fare un favore a Balducci», ha spiegato. Già, perché a Zampolini era chiara la connessione Anemone-Balducci in tutta questa storia.

E’ più chiara, ora, anche la storia della lista Anemone (a proposito: Zampolini ha spiegato agli inquirenti la genesi di alcuni lavori che lì risultano e che furono seguiti da lui): fu sequestrata assieme a tanta altra documentazione nell’ottobre 2008 dalla Guardia di Finanza «nell’ambito - fa sapere con nota ufficiale il comando provinciale di Roma delle Fiamme Gialle - di una verifica fiscale d’iniziativa, tutt’ora in corso di svolgimento». Con il che, le notizie sono due: la Finanza, siccome si muoveva per una verifica fiscale, non ritenne di dover informare la magistratura delle scoperte fatte; quell’accertamento fiscale a carico delle imprese di Diego Anemone a tutt’oggi, quasi due anni dopo, non è stato ancora concluso. I Finanzieri negano poi con decisione che la lista sia «stata consegnata alla Procura della Repubblica di Roma e/o all’ex Procuratore Aggiunto dalla Capitale dott. Achille Toro». Una precisazione doverosa che anticipa le risposte a cui sarebbero stati chiamati dal magistrato di Perugia. La procura di Roma, a sua volta, ha ribadito di non essere mai stata a conoscenza della cosiddetta lista Anemone.

Dunque la lista non fu «consegnata» ai magistrati di Roma perché la Finanza la ritenne ininfluente ai fini delle indagini penali. Achille Toro, a sua volta, non sarebbe stato informato della sua esistenza. Ma a volte le precisazioni alimentano nuovi dubbi. Già, perché i magistrati di Perugia lavorano su un’ipotesi che è facile raccontare: Achille Toro, dopo la parentesi di capo di gabinetto del ministro del Trasporti nel governo Prodi, rientrò in magistratura nell’estate 2008. A settembre già coordinava informalmente le inchieste per i reati contro la pubblica amministrazione. In quello stesso periodo, dalla Sardegna approdava alla procura di Roma l’inchiesta potenzialmente esplosiva sul G8 in preparazione alla Maddalena. C’erano già delle intercettazioni esplicite su «buste di ringraziamento» e su «appalti».

I nomi di Balducci, Anemone e Della Giovampaola erano nei rapporti dei carabinieri. Un pm, Assunta Cocomello, fu incaricata di approfondire l’inchiesta, ma con l’ordine di informare ad ogni passo il capo della procura, Giovanni Ferrara, e soprattutto il procuratore aggiunto Toro. E fu quest’ultimo, in quei mesi, e poi tra gennaio e febbraio 2009, a dare battaglia pur di impedire che da Roma si intercettassero i telefoni di Balducci e di Anemone. Di più. Ha messo a verbale il pm Cocomello che «Toro, al quale avevo illustrato l’indagine tutta svolta fino a quell’epoca dal Nucleo ecologico dei carabinieri, mi ha segnalato l’opportunità che le indagini, per la loro complessità e natura, venissero svolte dalla Guardia di Finanza». E allora diventa plateale il sospetto dei magistrati di Perugia: forse Achille Toro preferiva un reparto sugli altri? Forse pilotava in qualche modo gli eventi? I magistrati Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi fanno la domanda esplicita e la collega Cocomello risponde: «Non mi sembra».

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23/05/2010 18:21

Fabio Bogo per Repubblica
...
Quali sono i rapporti che legano il “direttorissimo” Augusto Minzolini con l’imprenditore della “Cricca” Diego Anemone?

La domanda anima i sottoscala dei palazzi del potere da ieri, quando “Repubblica” ha rivelato che
il direttore del Tg1, ospitato in un appartamento di “Propaganda Fide”, ha avuto la casa ristrutturata proprio da Anemone e Zampolini.
E qualche maligno nel vortice di telefonate del fine settimana segnala un particolare:
il giorno dell’uscita dal carcere di Anemone due settimane fa, il Tg1 delle 20 ha dato le dichiarazioni dell’indagato prima di tutti, anche delle agenzie di stampa.

L’imprenditore, infatti, è uscito la mattina presto di domenica 9 maggio, restando in silenzio stampa per tutto il giorno. Solo a sera ha diramato un comunicato stampa (“Ho sempre lavorato onestamente”), diffuso dall’agenzia Ansa con un primo lancio flash delle 20.24.
Ma non è stata l’agenzia di stampa ad arrivare prima. Circa 15 minuti prima, alle 20.11, ampi stralci del lungo comunicato con le dichiarazioni di Anemone erano già contenuti in un servizio in onda sul Tg1, già pronto e montato, firmato da Flavia Lorenzoni.
Filo diretto tra Minzolini e Diego?

23-05-2010

[Modificato da Etrusco 23/05/2010 18:22]

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24/05/2010 15:08

La mappa degli inquilini del “sistema Anemone”

Dai generali della Guardia di Finanza ai vertici di Polizia, dai servizi segreti al presidente di Trenitalia, fino ai nomi di spicco del mondo della comunicazione. Sono loro a comparire nella lista dei personaggi coinvolti nel giro di abitazioni che ruotano intorno all’imprenditore Anemone, uomo cardine dell’inchiesta sugli appalti. A pubblicare l’elenco di nomi e cognomi è il Giornale di Vittorio Feltri, che non risparmia un lungo pezzo in prima pagina sotto il titolo “Tutte le case della cricca”.

Sono tanti e diversi però, i contatti di ognuno di questi personaggi con l’imprenditore Anemone, rapporti tra i quali è necessario saper distinguere: nell’elenco ci sono, infatti, le case comprate con gli assegni dell’architetto di Diego Anemone, Angelo Zampolini, quelle in cui hanno lavorato le squadre di operai alle dipendenze di Anemone e quelle legate alla congregazione di Propaganda Fide di cui Angelo Balducci era consultore, ma anche gli alloggi “istituzionali” messi in sicurezza dall’imprenditore romano. Non tutti nascondono misteri, dunque.

Sulla «lista Anemone», precisa lo stesso quotidiano “gli inquirenti sono ancora al lavoro. E molti di coloro che sono usciti allo scoperto, ammettendo di aver commissionato i lavori all’imprenditore da poco scarcerato, assicurano comunque di aver pagato tutto regolarmente, e di tasca propria”.

La mappa, compilata spulciando tra gli atti giudiziari dell’inchiesta sugli appalti di G8 e grandi eventi comincia dalla casa del dimissionario ministro Claudio Scajola, a Roma, a pochi metri dal Colosseo, comprata nel 2004 con l’aiuto di quei 900mila euro in assegni circolari emessi da Zampolini. Nel gruppo di case individuato dalla finanza per conto dei pm perugini inseguendo gli assegni firmati Zampolini c’è poi l’abitazione in via Merulana e in via Poliziano, del generale della finanza, distaccato all’Aisi, Francesco Pittorru.

Sempre nel centro di Roma, c’è poi la casa di Alberto Donati, genero del manager delle Infrastrutture Ercole Incalza, in via Emanuele Gianturco, non lontana da piazza del Popolo, comprato ancora grazie all’aiuto fornito dagli assegni circolari di Zampolini.

La mappa della famiglia Balducci. Una mappa a parte – spiega il quotidiano – è quella della famiglia Balducci: il figlio di Angelo, Filippo, ha un appartamento in via dei Cartari, in una traversa di Corso Vittorio Emanuele II. “Appena fuori dalle mura Aureliane la casa di residenza di Angelo Balducci, 23 vani in via delle Mura Latine, intestati alla moglie Rosanna. Ad Angelo sono intestate due case lì accanto, in via Latina, e una terza in via dei Colli della Farnesina. Filippo, oltre alla casa di via dei Cartari ha altri tre appartamenti. Quattro immobili anche l’altro figlio Lorenzo, di cui uno in via della Pigna attenzionato dagli inquirenti. A entrambi i coniugi sono intestati due immobili e una villa a Montepulciano (che emerge dalle intercettazioni perché la moglie richiede interventi di manutenzione ad Anemone), e Balducci possiede anche una casa a San Giorgio di Pesaro e una a Sappada, nelle Dolomiti”.

Tornando all’elenco, la società Fin Posillipo compare a Roma nella lista di Anemone con un immobile nella centralissima via della Scrofa.

Gli inquilini di Propaganda Fide. Nelle vicinanze, in vicolo della Campana, c’è poi la casa del professor Adalberto Thau, cugino della moglie di Balducci. Anche lui – sostiene il quotidiano – sarebbe “annotato” dall’imprenditore. Allo stesso portone c’è anche casa di Antonio Marano, vicedirettore generale della Rai e inquilino delle case di proprietà vaticana di Propaganda Fide.

In via della Conciliazione compaiono anche le case del commissario Agcom Giancarlo Innocenzi, protagonista delle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura di Trani e oggi all’attenzione del Tribunale dei Ministri nella quali Innocenzi veniva sollecitato dal Presidente del Consiglio a intervenire per bloccare una puntata di “Anno zero” sul caso Mills.

Sempre qui abita il presidente dell’Enac Vito Riggio, entrambi in affitto negli appartamenti di proprietà vaticana di Propaganda Fide, di cui Balducci è stato per anni consultore laico. Tra i consultori anche Francesco Silvano, ex manager Telecom vicino a Comunione e Liberazione, e Pasquale De Lise, oggi influente presidente del Consiglio di Stato. Per anni i tre hanno lavorato a fianco del cardinale Crescenzio Sepe, fino all’arrivo di Benedetto XVI, quando il cardinale va a Napoli e alla Congregazione arriva l’indiano Ivan Dias, ex arcivescovo di Bombay. Un ricambio fortemente voluto dal Papa, secondo quanto rivela il quotidiano La Repubblica.

In via del Governo Vecchio, in un’altra casa di Propaganda, il subcommissario per l’Abruzzo della Protezione Civile Luciano Marchetti, mentre il nuovo prefetto dell’Aquila, Giovanna Maria Rita Iurato, è nell’elenco di Anemone «per lavori di falegnameria». In via de’ Coronari, abitano il direttore del Tg1 Augusto Minzolini e il presidente di Trenitalia, Marco Zanichelli. Ancora in centro c’è il palazzetto dell’ex ministro Pietro Lunardi, in via dei Prefetti, acquistato sei anni fa proprio dalla congregazione religiosa. Lunardi ha poi detto di aver incaricato Anemone per dei lavori in una sua proprietà di Parma.

Lo stesso Balducci aveva avvicinato in passato il capo della polizia Antonio Manganelli per proporgli un appartamento in via dei Prefetti. Manganelli rifiutò e, come Gianni De Gennaro, prese casa a Parioli, in via Civinini. In entrambe le case ha lavorato l’impresa di Anemone, ma senza mai finire i lavori. Quegli appartamenti sono di proprietà dell’Enasarco, ente che nella capitale ha diversi appartamenti, anche di proprietà di molti vip.

Ai Parioli c’è una delle case di Guido Bertolaso, in via Bellotti Bon, dove sono comparsi gli operai di Anemone. Il capo della Protezione civile però è nell’elenco del costruttore a causa dell’appartamento di via Giulia, all’angolo con via del Polverone. In Corso Rinascimento aveva casa invece il vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Qui ancora una volta fu la ditta Anemone a curare i lavori di messa in sicurezza. “Quando Mancino vendette l’immobile per trasferirsi nel quartiere Trieste-Salario – fa sapere il quotidiano – richiamò l’imprenditore, ma stavolta a sue spese”. Non lontano c’è via Ofanto, dove Anemone aveva annotato il generale della finanza, e vicedirettore dell’Aisi, Paolo Poletti.

I legami tra Anemone e le case portano inoltre a Claudio Rinaldi, ex commissario straordinario per i mondiali di nuoto del 2009 che avrebbe lavorato negli immobili di Rinaldi in via Appia, via Aosta e via Nazionale. La sede della Medea – società di Mauro Della Giovampaola – era invece in via XX Settembre.

Publio Fiori, ex sottosegretario, ora con Rutelli, nella sua casa di via Ruffini, a Prati, ha avuto gli operai di Anemone in casa, ma ha ricordato di aver «sempre pagato gli importi stabiliti mediante assegni e dietro presentazione di fattura». Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato è stato annotato accanto all’indirizzo via Sistina. Monorchio ha detto di non aver mai conosciuto Anemone, e che «i lavori di ristrutturazione li ha fatti il proprietario». In via Gregoriana, c’è poi la casa su tre livelli di Bruno Vespa, affittuario di Propaganda Fide. Stesso proprietario per la la giornalista del Tg5 Cesara Buonamici, che vive non lontano, in via della Vite.

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03/06/2010 15:15

Zampolini parla: "Pagavo io l'affitto del pied-à-terre di Guido Bertolaso"

Collabora il braccio destro del costruttore Anemone: «Balducci favorì Di Pietro per due case»
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A PERUGIA

Un’altra scossa arriva da Perugia. E vede traballare sempre di più la posizione del sottosegretario Guido Bertolaso, capo del dipartimento della Protezione civile, già coinvolto nell’inchiesta sui «Grandi eventi», indagato per corruzione per i suoi rapporti con Diego Anemone e la sua «cricca». Adesso arriva la mazzata finale con l'accusa che il suo appartamento di via Giulia veniva pagato mensilmente dall’amico costruttore.

Chissà se è solo un caso che proprio l’altro ieri è tornato sull’argomento che ormai è prossimo a lasciare gli incarichi, dopo nove anni. Ricordate l’architetto Angelo Zampolini, il factotum dell’imprenditore Diego Anemone, quello che è diventato un implacabile accusatore della «cricca»? Bene, è tornato a parlare e oltre a inguaiare Bertolaso ha messo in difficoltà Di Pietro sostenendo che avesse buoni rapporti con Balducci che addirittura gli ha procurato due appartamenti. Il 18 maggio scorso è andato a Perugia e ha messo a verbale: «La casa di via Giulia di Guido Bertolaso la pagavo io, con i soldi che mi dava Anemone, che l’aveva anche ristrutturata».

La casa di via Giulia. Quando uscì l’indiscrezione, la Protezione civile fece pure un comunicato nel quale sostenne che quel piccolo appartamento (innocente) fu messo a disposizione di Guido Bertolaso da «un amico» e «per un breve periodo». Si favoleggiò pure, per giustificare quell’appartamento, che servisse per farsi un riposino. «Repubblica» scovò il proprietario dell’appartamento, Raffaele Curi, che si lamentò dei pagamenti in ritardo del «factotum» di Bertolaso. Ecco, il «factotum» era l’architetto Angelo Zampolini: «Pagavo in contanti - mette a verbale - e una volta il proprietario si lamentò per il ritardo di sei mesi nel pagamento dell’affitto. Gli portai i soldi tutti insieme».

Quel giorno, il 18 maggio scorso, i pm di Perugia chiesero all’architetto anche dei rapporti tra Angelo Balducci e dell’onorevole Antonio Di Pietro. Quel giorno Zampolini rimase sul vago.Quattro giorni dopo, il 22 maggio, l’architetto (una miniera di «notizie criminis») torna in Procura, a Perugia, e prosegue nei suoi ricordi, più nitidi almeno sul punto dei rapporti tra Di Pietro e Balducci. E continua a mettere a verbale le sue accuse.

Di Pietro e Balducci. L’ex ministro dei Lavori pubblici, a metà febbraio, intervistato dal «Riformista» era stato costretto a difendersi dalle accuse di aver promosso l’ex Provveditore ai lavori pubblici di Roma: «Non è vero. L’ho spostato due volte dagli incarichi. Non potevo licenziarlo. Da presidente del Consiglio dei Lavori pubblici l’ho spostato a capo del Dipartimento per le infrastrutture». E ieri si è difeso di nuovo: «Escludo in modo categorico di aver preso nè uno nè due appartamenti in affitto da Propaganda Fide nè a nome mio nè a nome dell’Italia dei Valori. Chiederò agli inquirenti di saperne di più su questa vicenda per poter tutelare il mio nome e quello del partito da eventuali millantatori».

Ecco, l’architetto Zampolini, grande frequentatore di quella «cricca» composta tra gli altri proprio da Anemone e Balducci, ha ricordi diversi: «Non è vero - esordisce - che Balducci fu cacciato da Di Pietro. I due erano in buoni rapporti. Ricordo che grazie all’intervento di Balducci, Di Pietro ottenne due appartamenti in affitto da Propaganda Fide». Non solo: «Balducci disse che Di Pietro lo pressava perché voleva essere introdotto in Vaticano».

Angelo Balducci, consultore della congregazione «Propaganda fide», proprietaria di un vasto patrimonio immobiliare nel cuore della capitale stimato in circa nove miliardi di euro. Ha i ricordi nitidi, l’architetto Zampolini: «Ricordo che uno dei due appartamenti si trovava in via della Vite e credo che Di Pietro l’ha utilizzato come sede del partito (in realtà è sede del giornale di Idv, ndr). So che la ristrutturazione di quell’appartamento fu fatta da Anemone e che l’affitto era minimo». Una prassi. Anche Cesara Buonamici, la conduttrice del Tg5, ha un appartamento nello stesso stabile di via della Vite. E quando uscì il suo nome tra quelli della lista Anemone, la giornalista precisò: «I lavori di ristrutturazione non sono stati commissionati dalla sottoscritta ma dall’ente».

Torniamo all’esponente di Italia dei Valori. Prosegue l’architetto: «L’altro appartamento preso in affitto si trova in via Quattro Fontane. Credo che sia utilizzato dalla figlia di Di Pietro. Anche in questo caso la ristrutturazione è stata fatta da Anemone. Fu Anemone, o uno dei suoi collaboratori, che mi disse che stava facendo i lavori di ristrutturazione per Di Pietro».

Zampolini racconta un inedito ministro dei Lavori pubblici: «Di Pietro osteggiava i lavori per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che invece erano sostenuti dal presidente Prodi e da Rutelli. Ha acconsentito quando nell’elenco dei lavori è stato inserito l’Auditorium di Isernia, un appalto di 20 milioni di euro».

E infine, quasi volendosi togliere un sassolino dalla scarpa, l’architetto Zampolini parla di sé, o meglio delle discriminazioni che sostiene di aver subito: «Quando iniziarono i lavori per il 150° anniversario e per La Maddalena, i miei progetti furono scartati per far lavorare l’architetto Stefano Boeri, su indicazione di Prodi e Rutelli, e l’architetto Napoletano su indicazione di Walter Veltroni».

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03/06/2010 15:16

Bertolaso: "E' macelleria mediatica" I pm di Perugia pronti a interrogarlo

Zampolini: "Pagavo io l'affitto al capo della Protezione Civile"
E il proprietario della Casa Curi conferma: "I soldi me li dava lui"
ROMA

«I soldi dell’affitto? Me li ha dati Zampolini, era lui a pagare». Raffaele Curi, il proprietario dell’appartamento in via Giulia dove nel 2003, per un breve periodo, abitò il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, conferma davanti ai pm di Perugia Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi la versione fornita dall’architetto della ’criccà degli appalti, secondo il quale fu lui a pagare, con i soldi di Anemone, l’affitto dell’appartamento. Una conferma che mette in ulteriore difficoltà Bertolaso, che continua però a ribadire la sua versione: quella casa «mi venne messa a disposizione gratuitamente da un amico personale, che non è nè Curi, nè Zampolini nè tantomeno Diego Anemone».

Chi è questo amico, il capo della Protezione Civile non lo dice, «per non esporlo alla macelleria mediatica», ma afferma che lo dirà ai pm quando lo sentiranno e che lo stesso amico è disposto a presentarsi ai magistrati per confermare la sua versione. L’interrogatorio dovrebbe tenersi la settimana prossima e in quell’occasione, assicura Bertolaso, «fornirò tutti gli elementi necessari a sgomberare definitivamente il campo da tali illazioni». Perchè è quella «l’unica sede deputata» per fare «piena chiarezza» Di certo c’è che Curi, sentito dai pm qualche giorno dopo Zampolini, ha detto di «non conoscere assolutamente Bertolaso» e però di aver saputo che quell’appartamento era destinato a lui, come aveva già detto in un’intervista a Repubblica. Ai magistrati ha anche confermato che il «factotum» che gli portava i soldi e di cui «non ricordava il nome» era in realtà proprio l’architetto, fornendo così quel riscontro che i magistrati stavano cercando dopo le parole di Zampolini. Quest’ultimo, nell’interrogatorio del 18 maggio, non aveva portato documenti o ricevute che potessero confermare la sua tesi, ma ha fatto il nome di Curi, indicandolo come il proprietario dell’appartamento e la persona a cui avrebbe consegnato i soldi.

Al momento i pubblici ministeri perugini non hanno invece riscontri su quanto affermato da Zampolini su Di Pietro. L’architetto ha messo a verbale che fu Balducci a procurare due appartamenti per il leader dell’Idv, uno in via della Vite e uno in via Quattro Fontane. Versione smentita seccamente dall’ex ministro del governo Prodi. «Non ho mai avuto nè in affitto nè in vendita nè in comodato d’uso alcun immobile nè da Anemone nè da Propaganda Fide», dice. «A Zampolini evidentemente qualcuno ha propinato false informazioni, per mettere tutti nello stesso calderone». L’appartamento di via della Vite, sostiene Di Pietro «non è mai stato nella disponibilità dell’Idv» ma nella «esclusiva disponibilità di editrice Mediterranea», la società che editava il giornale del partito. L’abitazione di via Quattro Fontane, invece, è stata presa in affitto da Silvana Mura su segnalazione di Stefano Pedica con un un contratto con Propaganda Fide per un importo di 21mila euro annuali. Dunque «nè io, nè Mura e men che meno mia figlia abbiamo mai avuto a che fare con il signor Anemone, persona che nessuno di noi conosce».

Anche Di Pietro sarà comunque sentito a Perugia: i pm, in attesa dei riscontri sulle parole di Zampolini, non avevano escluso la possibilità di convocarlo ma il leader dell’Idv ha già fatto sapere di aver chiesto alla procura di Perugia di essere «immediatamente sentito», in modo da poter fornire le «prove documentali» della sua totale estraneità alle vicende della cricca.

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03/06/2010 15:18

Di Pietro si difende: "Solo calunnie" Ma sul blog esplode la rabbia dei fan

Il popolo dell'ex pm: "Sei come gli altri. Devi darci spiegazioni".
E qualcuno chiede le dimissioni
GABRIELE MARTINI
TORINO

«Oggi mi è crollato un mito». «Di Pietro è come tutti gli altri». Incredulità, stupore e amarezza. Sono queste le reazioni del popolo dipietrista alle notizie di un presunto coinvolgimento del leader dell’Italia dei Valori nell'inchiesta di Perugia sulla "cricca" e le grandi opere.

Di Pietro è stato tirato in ballo da Zampolini. Il braccio destro del costruttore Anemone accusa l'ex pm di aver usufruito di due appartamenti messi a disposizione da Balducci. La reazione di Di Pietro arriva nel primo pomeriggio: «Mi ha fatto piacere leggere stamattina sui giornali le dichiarazioni di Zampolini, così ho saputo esattamente di cosa mi si accusa, cioè di aver preso due case in affitto: una per me e l’altra per il partito. Non è vero nel senso materiale del termine ed ho la prova documentale di quanto affermo». Il leader dell’Italia dei Valori sottolinea di essere «ben felice di consegnare» questa «prova alla magistratura e all’opinione pubblica. Così - conclude - i commentatori da strapazzo dovranno pagare le spese per le gravi calunnie che mi hanno rivolto».

Ma le spiegazioni di Di Pietro per ora non sembrano far breccia nel suo "popolo" che si sfoga sul blog. L'ultimo post parla di manovra finanziaria ma i fan già dal primo mattino hanno dirottato la discussione sulle accuse che arrivano da Perugia. L'internauta che si firma "picconatore" la riassume così: «Oltre che ad aver accumulato immobili, terreni, e rimborsi elettorali, voleva anche essere introdotto in Vaticano». Oreste Mori si rivolge direttamente all'ex pm: «La pregherei di chiarire la sua posizione rispetto a quanto asserisce Zampolini per lo scandalo delle abitazioni per Silvana Mura e sua figli Anna. Cordialmente, la saluto ed attendo una sua risposta». Geronimo si sente tradito: «Di Pietro è come tutti gli altri». Anche sul blog di Beppe Grillo il ritornelo non cambia. Giorgio parla di «crollo di un mito»: «Spero che Di Pietro riesca a giustificare queste dichiarazioni, per ora - concede - sospendiamo il giudizio».

Ciro tira in ballo «quella carezza di Di Pietro sulla gamba di Bertolaso vista a Ballarò: si era capito che erano amici di cricca». Davide carica a testa bassa: «Di Pietro adesso che fa... Si dimette e va dal "suo magistrato" come ha sempre chiesto di fare a gli altri coinvolti negli scandali? O rimane col culo ben attaccato alla poltrona come tutti?». Altri si scoprono garantisti: «Partire in quarta parlando come se fosse già in galera, mi sembra un atteggiamento in malafede». «A Di Pietro credo a quell'altro no», scrive Anna. Angela fiuta il complotto: «E' scattata l'ora x. Cioè l'ora in cui lo sputtanamento deve essere totale e riguardare soprattutto "i nemici". Di Pietro è il primo, of course. Questo per intorbidare le acque e, alla fine, nell'opinione pubblica si possa creare l'immagine di una "cricca", di cui tutti facevano parte». L'internauta che si firma "io spero di esseci" pone un quesito: «Perchè se Zampolini accusa Bertolaso è credibilissimo, ma diventa inattendibile quando accusa Di Pietro?».

In serata Di Pietro prova a chiarire con un nuovo post dal titolo "Male non fare, paura non avere". «Non ho mai preso in affitto appartamenti da Propaganda Fide (né per me o mia figlia né per la sede dell’Italia dei Valori) e lo voglio dimostrare», scrive l'ex pm che pubblica una serie di documenti sugli affitti contestati delle case. Enzo si convince: «Apprezzo la sua pronta risposta che chiarisce ogni cosa. Cosa che tutti gli altri suoi colleghi antagonisti non sanno neanche cosa sia». Silvia si dice convinta che il leader dell’Idv «ne uscirà pulitissimo». «Io mi fido di lei , ma rimetto comunque il giudizio alla magistratura», sentenzia Alessio. Piero esagera con i paragoni: «Pure Gesù, mentre camminava verso il calvario, venne insultato e preso a sputi».

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10/06/2010 10:26

San Marino svela i segreti bancari della "cricca"

Bertolaso: non ho mai avuto case all'estero, chiederò trasferimento dell'inchiesta da Perugia a Roma
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A PERUGIA

Sono due imprenditori intercettati dai carabinieri del Ros di Firenze che ne parlano al telefono. E ne fa cenno lo stesso Bertolaso quando fa riferimento al telefono di un «appoggio» all’estero. Si trovi a Montecarlo oppure in Tunisia, gli investigatori sono impegnati nella sua ricerca. Stiamo parlando del sospetto degli inquirenti: Diego Anemone avrebbe messo a disposizione del capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, una dimora. «Come via Giulia», sussurrano gli investigatori. Una casa, intestata a una società, messa a disposizione di ospiti eccellenti come Bertolaso.

L’indagato per concorso in corruzione, Bertolaso, ha reagito alle indiscrezioni pubblicate su alcuni quotidiani minacciando querele e annunciando di voler chiedere il trasferimento dell’inchiesta da Perugia a Roma: «Non ho mai avuto nè la proprietà, nè la disponibilità di alcun immobile all’estero. Stanno massacrando la mia famiglia... siamo all’ennesima macelleria mediatica... voglio giustizia da una magistratura realmente competente». Ma anche su questa casa i pm di Perugia, Sottani e Tavarnesi, porranno domande a Bertolaso, la prossima settimana, quando lo sentiranno.

Ieri due appuntamenti importanti per le indagini. La Corte d’appello sta decidendo se inoltrare le rogatorie chieste dalla procura a San Marino e in Lussemburgo, alla ricerca di conti correnti intestati al commissario dei Mondiali di nuoto, Claudio Rinaldi, e a sua madre. E poi al commercialista Stefano Gazzani. Le indicazioni ricevute dal magistrato di San Marino, Rita Vannucci, sono state dettagliate. Il magistrato ha annunciato ai colleghi di Perugia la massima disponibilità a collaborare. Una volta che la rogatoria partirà i forzieri di San Marino si spalancheranno.

Il secondo appuntamento era l’udienza davanti al gip Ricciarelli per decidere il commissariamento delle imprese di Anemone. Un’ora di confronto tra accusa e difesa poi il gip si è riservato di decidere. La difesa ha ribadito che «non c’è il rischio di reiterazione dell’illecito, presupposto del commissariamento». La tesi dell’accusa: «La pratica corruttiva finalizzata alla gestione degli appalti era invalsa da tempo, sollevando perplessità sul fatto che il solo cambio dei vertici dirigenziali possa incidere in maniera concreta su detti metodi».

Insomma, il marcio è talmente diffuso che le imprese di Anemone vanno commissariate. La difesa si accontenterebbe di un Comitato di vigilanza. Chissà se ci sono ancora margini per prendere in considerazione l’offerta dell’accusa di collaborare. I legali di Anemone continuano a negare l’esistenza di una trattativa: «Aspettiamo di avere e leggere le carte dell’accusa, solo allora se Anemone avrà qualcosa da dichiarare lo farà».

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15/06/2010 09:35

Il governo parte civile contro la cricca

Parte il processo sugli appalti G8
I legali: illegittimo, passi a Roma
FIRENZE
La Presidenza del consiglio chiederà di costituirsi parte civile per danno all’immagine al processo che si apre stamani a Firenze per l’appalto della scuola Marescialli dei carabinieri, filone toscano dell’inchiesta sui Grandi eventi. Quella di oggi però sarà una “falsa partenza”, nel senso che il collegio giudicante dichiarerà l`incompetenza del presidente Elisabetta Improta perché in alcuni periodi ha sostituito il gip Lupo firmando delle autorizzazioni.

Imputati sono l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, l’ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana, Fabio De Santis, e l’avvocato Guido Cerruti, indagati nel filone dell’inchiesta sull’appalto per la scuola marescialli dei carabinieri. Per loro il gip di Firenze ha disposto il giudizio immediato. L’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli ha invece scelto l’abbreviato: l’udienza davanti al gup è fissata per il 21 settembre.

Ieri l’ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana De Santis si è presentato al tribunale del riesame fiorentino, dove si discuteva la richiesta di scarcerazione per lui e per Balducci. De Santis è apparso dimagrito una ventina di chili: indossava camicia a righe celesti e pantaloni scuri. Era in manette. Come gli altri detenuti, è sceso dal furgone della polizia penitenziaria, ha percorso qualche metro sul marciapiede, è entrato nell’atrio e poi in tribunale, passando davanti a telecamere e fotografi. Circostanza che ha suscitato polemiche e l’intervento del Garante della privacy. I difensori hanno descritto De Santis «frastornato» e «amareggiato dall’essere stato esibito in manette alle telecamere. Non è proprio gradevole - ha spiegato l’avvocato Alfredo Gaito - ma se è il prezzo da pagare...». Anche per questo l’altro indagato Balducci oggi non si presenterà. Mostrare alle tv l’imputato in manette è «poco civile», ha detto il suo difensore Franco Coppi. Quel “prezzo” a cui faceva riferimento Gaito, De Santis ieri lo ha pagato per dire ai giudici di «aver chiesto un’aspettativa al ministero - ha spiegato il legale - che lo ha già dichiarato d’ufficio cessato dalle funzioni» e questo di fatto «impedisce la reiterazione del reato». La decisione sulle scarcerazioni dovrebbe arrivare nei prossimi giorni.

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06/07/2010 15:09

Angelo Zampolini: "Vi svelo l'affare di casa Lunardi"

L'architetto della cricca: «Pagato 3 milioni, ne valeva almeno 7. E Balducci fu risolutivo»

FRANCESCO GRIGNETTI

INVIATO A PERUGIA
C’era anche l’architetto Angelo Zampolini, il 3 giugno 2004, nelle sale del sontuoso palazzo di piazza di Spagna che ospita il dicastero vaticano di «Propaganda Fide». Era il giorno in cui il cardinale Angelo Sepe firmò l’atto di vendita per il palazzetto di via dei Prefetti che il figlio dell’allora ministro Lunardi, Giuseppe, incamerò a nome di una società di famiglia. Zampolini, che una volta di più si rivela cruciale per quest’inchiesta, era nella stanza vicina «nel caso fossero sorte difficoltà tecniche». Fu un ottimo affare per Lunardi: cinque piani nel cuore del centro storico della Capitale acquistato al prezzo di tre milioni di euro. «Il valore dell’immobile - spiega ancora Zampolini, interrogato dai magistrati il 18 maggio, verbale ora agli atti del procedimento contro l’ex ministro Lunardi - era sicuramente superiore ai tre milioni indicati. All’incirca almeno 7 milioni, anche 8». Per quella compravendita sia Lunardi, sia il cardinale di Napoli sono indagati per corruzione. Scrivono infatti i pubblici ministero Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi nel loro atto d’accusa: «A fronte di tale acquisto, Pietro Lunardi, all’epoca ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, consentiva, grazie a tale sua qualifica, che la congregazione Propaganda Fide accedesse al finanziamento Arcus, in difetto dei presupposti, per l’importo di 2 milioni e mezzo di euro».

Zampolini in quell’occasione non ebbe grande ruolo. «Ciò che posso aver fatto è di recapitare i documenti di Propaganda Fide allo studio del notaio; se sono intervenuto è stato perché me lo può aver chiesto Balducci che era consultore di Propaganda Fide e si occupava degli immobili». Fu importante piuttosto il giudice Sancetta, oggi indagato anche lui, che era capo di gabinetto di Lunardi, il quale «d’ordine del signor ministro», fece in modo che la pratica per il finanziamento a Propaganda Fide avesse priorità assoluta. «Procedura non frequente», segnalava la Corte dei Conti nei giorni scorsi.

Lunardi, Balducci, Anemone: un triangolo che torna spesso dagli atti di quest’indagine. Ne ha parlato il tunisino Hidri Fathi, il quale, interrogato per l’ennesima volta, ha precisato: «Ho incontrato più di una volta la figlia di Lunardi, una volta perché l’ho accompagnata presso l’ufficio di Anemone; un’altra volta le ho consegnato una busta, non so bene che cosa contenesse, dalla raccomandazione ricevuta da Anemone nella circostanza ho pensato che ci fosse un assegno». Ma nei racconti di Zampolini torna anche Guido Bertolaso e la storia dell’appartamento di via Giulia. Il sottosegretario nega di averlo mai avuto in uso; ma l’architetto conferma. «Di Bertolaso - dice ai magistrati - ho sentito parlare la prima volta quando Anemone mi disse che cercava un appartamento: io l’ho aiutato a trovarlo, era quello di via Giulia; ho saputo dopo che la casa era per lui, me lo disse lo stesso Curi, il proprietario. Se non sbaglio fu consegnato un acconto inziale di alcuni mesi. Diego mi diede i soldi in contanti. Successivamente Raffaele Curi, di professione regista, si rivolgeva a me per avere il pagamento dei canoni maturati, tanto che, alla fine, a causa dei lunghi ritardi, si è determinato a risolvere il contratto».

Era il 2005 o il 2006, ricorda Zampolini. La pigione di 1500 euro al mese. «Fu Anemone a consegnarmi i soldi per pagare l’affitto e io li trasferivo al regista». Quanto ai rapporti tra i due, «so che c’era confidenza, ma non so fino a che punto». Anche con Scajola il costruttore era molto amico. «Notai che si davano del tu... So che si sono conosciuti in occasione dei lavori all’interno dell’appartamento di servizio presso il ministero dell’Interno». Fecero almeno due sopralluoghi tutti assieme finché il ministro non trovò l’appartamento di suo gradimento. Lo stesso accadde con Ercole Incalza, il super-consigliere di Lunardi, coinvolto nell’acquisto farlocco dell’appartamento di via Gianturco. «Ho fatto un sopralluogo con lui e sua moglie».

A scorrere gli atti, comunque, continua a sbalordire la capacità della Cricca di avere amicizie dappertutto. Il nipote di monsignor Camaldo lavora da Anemone. La figlia di Publio Fiori beneficia di lavori. Lo stesso si può dire per i coniugi Bologna-Figliolia, lui consulente al ministero, lei ex gip del tribunale di Roma e soprattutto sorella di quell’Ettore Figliolia che è capoufficio legislativo della Protezione civile e prima «tramite tra Balducci e Rutelli per i lavori del 150°». Una ragnatela. Come dice il tunisino Fathi: «Anemone conosceva tutti... Portavo regali di Natale, argenti, vestiti. Quando ritiravo a volte pagavo, erano cifre nell’ordine di 8-10 mila euro. Recapitavo regali per tutti: attori, registi, politici, preti». Al centro il giovane costruttore ma soprattutto il suo amico, Balducci. Solo con Di Pietro Balducci non aveva feeling. «Raccontava che era un tipo irruento. Chiedeva di avere un’entratura in Vaticano, ma Balducci diceva di non trovarsi bene con lui perché affermava di non condividere il suo stile».

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Fusi, le ville e la Santanché

Dagli atti depositati al Riesame, emergono nuove intercettazioni sull'ex presidente della Btp che nel 2008 cercava contatti per ottenere finanziamenti dalle banche. E spunta l'onorevole

 

 

FIRENZE - Il direttore generale di Banca Mps, Antonio Vigni, è stato ascoltato in procura a Firenze come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti fra l’imprenditore Riccardo Fusi, ex presidente di Btp, e Denis Verdini, l’esponente del Pdl fino a luglio scorso presidente del Credito cooperativo fiorentino di Campi Bisenzio. L’indagine è un filone di quella sui Grandi Eventi. Il 18 gennaio i carabinieri del Ros hanno svolto una serie di perquisizioni in studi legali a Firenze e Siena. Oggetto degli accertamenti era un mutuo da 150 milioni concesso nel 2008 alla Btp da un pool di banche: Mps, Unipol, Cariprato, banca Mb e Credito Cooperativo fiorentino. In giornata, in procura a Firenze sarebbe stato ascoltato, sempre come persona informata sui fatti, anche un altro dirigente del gruppo Mps. Nell’ambito delle indagini, attività analoghe avrebbero riguardato rappresentanti di altri istituti di credito.

Intanto, dagli atti depositati al Tribunale del Riesame a cui hanno fatto ricorso gli avvocati Niccolò e Andrea Pisaneschi, assistiti dall'avvocato Nino D'Avirro e perquisiti la scorsa settimana nell'ambito dell'inchiesta sulle consulenze fittizie di Denis Verdini, emergono nuove intercettazioni. «Lui ormai di banda c’è», dice il presidente della Btp, Riccardo Fusi, parlando dell’attuale presidente di Antonveneta, Andrea Pisaneschi. E cioè: «Gli s’è chiesto un aiuto non è che ora si può scaricare». È un passo di un’intercettazione - di cui si è avuta notizia oggi - agli atti dell’inchiesta fiorentina sui rapporti fra Denis Verdini, esponente del Pdl ed ex presidente del Credito cooperativo fiorentino, e lo stesso Fusi. Oggetto delle indagini è un finanziamento da 150 milioni di euro ottenuto nel 2008 dalla Btp e concesso da un pool di banche: Mps, Unipol, Cariprato, banca Mb e Credito Cooperativo fiorentino. Secondo l’accusa, Pisaneschi - «top manager del gruppo Mps e neo presidente del cda della controllata banca Antoneveneta», indagato nell’inchiesta per emissione di fatture per operazioni inesistenti - sarebbe stato l’interfaccia ufficiosa fra Btp e Mps per il finanziamento. In un’intercettazione di qualche mese precedente alla stipula del mutuo «Fusi - scrivono i Ros - aggiorna il socio in merito ai rapporti con il Monte dei Paschi di Siena e al ruolo affidato ad Andrea Pisaneschi per superare eventuali intoppi durante i passaggi istruttori». Durante le fasi preliminari al mutuo, «Pisaneschi - scrivono i Ros - espone come cosa gradita che venga coinvolto nella questione come interfaccia lo studio Olivetti Rason» con cui Pisaneschi collabora «rilevando lo stesso Pisaneschi il fatto che per ovvie ragioni egli non può svolgere, almeno direttamente, il compito di consulente».

A dare una mano a Fusi, compare anche l’onorevole Daniela Santanchè. Non sa più a che santo rivolgersi Riccardo Fusi, patron della Baldassini Tognozzi, nell’estate 2008 quando cerca l’appoggio per ottenere finanziamenti dalle banche. È sempre l’amico Verdini a fare da tramite e a mettere in contatto Fusi e Santanchè. «Ciao Daniela, sono Riccardo, l’amico di Denis, possiamo parlare di tante cose, ti volevo spiegare il gruppo che rappresento, mi ha detto Denis di parlarne con te». È il 10 agosto 2008. Fusi spera di ottenere un aiuto per vendere due ville di Forte dei Marmi al magnate russo Abramovich. Lo spiega alla sua segretaria: «Domani ho fissato che vado in barca con la Santanchè, qui c’è Abramovich che vuole comprare una mega villa a Forte dei Marmi. Tramite Denis mi sono fatto venire questa idea... Siccome lei è amica di Briatore e Briatore conosce bene Abramovich... Se mi danno 20 milioni l’una...». Due giorni dopo Fusi parla al telefono con un socio e fa il resoconto dell’incontro con la Santanchè avvenuto in barca in Sardegna: «Santanchè m’ha parlato del fondo Carlyle come avevi detto te, subito, ha rilanciato subito. Lei mi ha detto: guarda vorrei lavorare con voi con la mia agenzia di Milano. Dice: ho bisogno di una mano perché al partito mi vogliono fare fuori». [SM=x44455] E alla fine conclude: «Una mano lava l’altra». [SM=x44451]

Il 13 agosto la Santanchè dice che Marco De Benedetti, in barca con lui in Sardegna, è interessato: «Gli ho parlato della cosa, dice che è interessato a fare una chiacchierata, a Milano a settembre». Il 22 ottobre Fusi e la Santanché si vedono a Milano. Lei — spiega — ha preparato tutto il lavoro tramite la sua agenzia di comunicazione: «Ho fatto tutto un lavoro sul tuo gruppo e ti ho mandato tutto quello che pensavo fosse giusto fare». Il 24 novembre la Santanchè segnala il lavoro fatto: «Non sai quanti ci hanno chiamato per la pagina vostra della pubblicità, è stupenda, secondo me avrete un grande ritorno. La mettiamo sul Riformista la settimana prossima». Pochi giorni dopo, un’intervista di Fusi finisce su «Libero Stile». E la Santanché elogia il lavoro fatto: «Ti ho fatto l’intervista molto bene, devo dire che sei bravo a fare le interviste perché vengono bene. Quella di ieri di Libero Mercato era bellissima». I rapporti continuano con la Santanchè che si attiva per fissare un appuntamento con i vertici di alcune banche. A gennaio fissa un appuntamento con il direttore generale del gruppo Intesa San Paolo, andrà insieme a lei all’appuntamento. All’uscita Fusi chiama il socio Bartolomei e spiega che «lei ha un grosso rapporto con questo qui, tutto confidenziale insomma. Tutte le volte che ci sono andato, mai stato disponibile come ora. Mi ha dato la sua mail, non me l’aveva mai data prima. Mi ha detto: per qualsiasi cosa di cui si accorge, che le strade prese non sono state prese giuste mi manda una mail. Io le mail le leggo anche a mezzanotte. Dice che la banca vuole essere presente nelle aziende».

Fonte: Corriere della Sera - Antonella Mollica
24 gennaio 2011
(ultima modifica: 25 gennaio 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA


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02/03/2017 18:20


Denis Verdini condannato a 9 anni per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino
Pena in 1°grado. Per il senatore di 'ALA' i pm avevano chiesto 11 anni




Denis Verdini è stato condannato a nove anni di reclusione. Questa la pena in primo grado decisa dal collegio del tribunale di Firenze presieduto dal giudice Mario Profeta al processo per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino. Per il senatore di Ala i pm Luca Turco e Giuseppina Mione avevano chiesto 11 anni.

Interdizione perpetua dai pubblici uffici per il senatore di Ala Denis Verdini, condannato oggi in primo grado dal tribunale di Firenze a 9 anni di reclusione (7 per il crac del Ccf e 2 per truffa ai danni dello Stato per i fondi dell'editoria). Interdizione perpetua anche per Riccardo Fusi, Roberto Bartolomei.

"Non è finita, rispettiamo la sentenza ma siamo pronti a combattere e attendiamo le motivazioni per andare in appello". Così Ester Molinaro, legale di Denis Verdini dopo la condanna del coordinatore di Ala a nove anni di reclusione per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino. "Per ora - ha aggiunto Molinaro commentando la condanna - abbiamo dimostrato che non esiste alcuna associazione tra Verdini e i suoi presunti sodali, in appello dimostreremo che non sussistono neppure le altre accuse".

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA www.ansa.it/toscana/notizie/2017/03/02/denis-verdini-condannato-a-nove-anni-per-il-crac-del-credito-cooperativo-fiorentino_5458b94c-7685-4ab2-a7f0-0caff6f35...
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02/03/2017 18:34

ad uno a uno i sassolini toscani cominciano a rotolare,

ora si fa' più chiara la fretta del bomba toscano di avere la legittimazione alle primarie.
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02/03/2017 20:16

Re:
riccardo60, 02/03/2017 18.34:

ad uno a uno i sassolini toscani cominciano a rotolare,

ora si fa' più chiara la fretta del bomba toscano di avere la legittimazione alle primarie.




Verdini alla fine dei processi, in qualche modo la spunterà, con la prescrizione o con qualche ammorbidimento in 2 grado...


Renzi invece se perde Verdini troverà comunque qualche altro appoggio, non è un problema per lui trovare lobbisti o politici pronti a tradire i loro partiti per portargli preziosi appoggi esterni...
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Sto vedendo che questa discussione sui presunti reati di Verdini fu aperta ben 7 anni fa, ebbene, dopo che queste presero corpo e si aggiunsero anche altri capi d'accusa, qualcuno gli ha dato addirittura l'incarico di collaborare alla stesura della delicatissima riforma costituzionale? [SM=x44472]
E non si dica che erano accuse blande o prive di fondamento, visto che ieri è arrivata la condatta a 9 anni di galera, oltre l'interdizione dai pubblici uffici. [SM=x44495]

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