Nel suo libro I primi secoli della Chiesa, Jean Bernardi, professore alla Sorbona, scrive che i cristiani dovevano “partire per parlare dappertutto e a tutti. Lungo le strade e nelle città, sulle piazze e nelle case. A tempo e fuori tempo. Ai poveri e ai ricchi ingolfati nelle loro ricchezze. Ai piccoli e ai governatori delle province romane . . . Bisognava mettersi in strada e salire sulle navi per andare fino alle estremità della terra”. — Trad. di P. Crespi, Queriniana, Brescia, 1989, pp. 15-16.
Lo fecero? Evidentemente sì. Il prof. Léon Homo spiega che l’opinione pubblica era contraria ai primi cristiani per il loro “ardente proselitismo”. Il già citato prof. Latourette afferma che, mentre gli ebrei avevano perso lo zelo nel fare proseliti, “i cristiani avevano un agguerrito spirito missionario e quindi provocavano una reazione risentita”.
Nel II secolo E.V. il filosofo Celso criticò i metodi di predicazione dei cristiani. Disse che il cristianesimo era una religione per gente senza cultura e che poteva ‘convincere solo gli ignoranti, gli schiavi, le donne e i bambini’. Accusò i cristiani di indottrinare “i creduloni”, inducendoli a “credere senza ragionare”. Asserì che dicessero ai nuovi discepoli: “Non indagare, ma credi”. Eppure, secondo Origene, Celso stesso ammetteva che ‘non erano solo i semplici a seguire la dottrina di Gesù e ad abbracciare la Sua religione’.
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[Modificato da Amalia 52 21/01/2017 20:56]