Finalmente ho visto il video postato da Shadow, grandissimi i giapponesi (e la Sony Japan
).
Ecco la traduzione dell'articolo pubblicato su Rolling Stone Australia, nel numero con la foto di MJ in copertina, mettetevi comodi che è lunghino (ma interessante, si vede che hanno "studiato"
). Noto che i media italiani continuano a brillare per la loro assenza....
L'ascesa prima della caduta
Nel 1986 Michael Jackson presentò al suo manager di allora Frank Dileo e al suo contabile
(vabbè, proprio contabile non direi, ndt) John Branca una dichiarazione d'intenti dicendo ai due uomini che desiderava che la sua "carriera fosse il più grande spettacolo sulla terra". Per guidare questi membri del cerchio ristretto di Jackson verso questa destinazione consegnò ai due un'autobiografia di P.T. Barnum, un libro che il performer aveva letto più volte. Nato nel 1810 a Bethel, nel Connecticut, Barnum è stato il padrino dello spettacolo pubblico pubblicizzato a caratteri cubitali. Era sia un artista della truffa che il creatore di The Ringling Bros. & Barnum & Bailey Circus, uno spettacolo itinerante di una portata sufficiente ad attirare ancora di migliaia di persone al Madison Square Garden di New York ogni mese di aprile. Della sua ambizione di essere ricordato come l'assoluto impresario dello show-business, Barnum - un uomo conosciuto come "il principe dei farabutti" - è citato per aver detto: "Io sono un uomo di spettacolo di professione ... e tutta la doratura non farà nient'altro di me".
"Questo [libro] è la mia bibbia, e io voglio che sia la vostra" disse Jackson a Dileo e Branca.
Se Michael Jackson avesse pronunciato queste parole prima di pubblicare il suo quinto album solista, Off The Wall del 1979, la logica del suo desiderio sarebbe stata chiara come il tono della sua voce quando cantava. Star da bambino con i Jackson 5, nel corso di quattro album da solista (il primo dei quali, Got To Be There, è stato registrato quando Jackson aveva appena 13 anni) il performer aveva gradualmente allontanato se stesso dalla percezione che la sua fama era radicata nel suo ruolo di ragazzo carino in una band di famiglia governata da un padre tirannico e violento. Questa ricerca, però, aveva raccolto solo i germogli pallidi e fragili della promessa. Il suo quarto album da solista, Forever Michael del 1975, aveva raggiunto il suo picco ad un mero numero 101 della classifica statunitense degli album Billboard e non era riuscito a entrare in nessuna classifica in qualsiasi altra parte del mondo.
Off The Wall avrebbe cambiato tutto questo. Crescendo nella scia del singolo numero uno "Don't Stop 'Til You Get Enough", l'album fu un successo nel senso più pieno del termine. Qualcuno a cui venisse chiesto di indovinare il punto della carriera di Jackson dove lui e la sua squadra si sono impegnati in un cambio di immagine ispirato a P.T. Barnum, questo gruppo di esperti potrebbe essere perdonato se ipotizzasse che sia stato prima del rilascio di Off The Wall.
Ma anche il successo sarebbe stato eclissato dall'ombra del suo successore, Thriller del 1982. Una tempesta perfetta di album, la serie di nove canzoni fu lanciata nella stratosfera dalla brillantezza insindacabile di singoli come "Billie Jean", "Beat It" e "Thriller". L'ultimo fuo rafforzato da un video clip prolungato creato dal regista di Una poltrona per due, John Landis - un video a cui la Epic, l'etichetta di Jackson, inizialmente si oppose, pensando che l'album padre avesse fatto il suo corso commerciale - per non parlare della produzione nelle mani di Quincy Jones che anche oggi conferisce al lavoro freschezza e vitalità.
Il risultato fu che l'uomo il cui volto adorna la copertina di Thriller divenne senza dubbio la pop star più riconoscibile al mondo. Questo di per sé fu un risultato monumentale. Infatti, se gli anni '70 sono stati il decennio che ha visto la nascita del gruppo rock (con artisti come Led Zeppelin, Fleetwood Mac e Pink Floyd che riempivano gli stadi negli Stati Uniti, in Europa e oltre), gli anni '80 sono stati un periodo appartenuto alla superstar solista , con cantautori come Billy Joel & Steve Winwood che salivano alla ribalta internazionale, in modo fortemente stilizzato. Il decennio ha visto anche la nascita di performer che hanno capito che il palco che aspiravano a dominare non era più soltanto un luogo di canzoni. Artisti come Madonna e Prince erano ci sapevano fare con l'emergere del culto della celebrità, della presentazione multimediale, e un senso richiesto di onnipotenza e mistica.
Rispetto a Michael Jackson, tuttavia, gli anni '80 sono stati un periodo in cui anche Madonna occupava un posto inferiore. Come a sostegno di tale assunto, nel 1985 Jackson scrisse "We Are The Wold" con Lionel Ritchie, un singolo pubblicato per raccogliere fondi per combattere la carestia in Etiopia, e che presentava i contributi, tra gli altri, di Bob Dylan, Paul Simon, Stevie Wonder, Bruce Springsteen, Diana Ross, Willie Nelson e Cyndi Lauper. Prima della registrazione del singolo, che vendette le sue 800.000 copie iniziali in soli tre giorni, il produttore Quincy Jones aveva fatto una telefonata a Jackson e Richie dicendo: "Miei cari fratelli, abbiamo 46 star che arriveranno fra sei settimane e abbiamo bisogno di una maledetta canzone."
La verità era che Michael Jackson necessitava di più di una sola "maledetta canzone". Aveva bisogno di mettere insieme un album valido di materiale nuovo. A differenza di oggi, gli anni '80 non sono stati un periodo che vedeva gli artisti prendersi 3, 4 o 5 anni di pausa tra ogni LP. Pur essendo egli un colosso culturale, quando la metà del decennio puntava verso la fine, all'artista mancava l'unica cosa che gli aveva fornito i mattoni su cui costruire il suo profilo pubblico enorme: la musica. In più con il tempo critici musicali e commentatori culturali non aspettavano nessuno. Come osservava la rivista americana Spine nel 1985, "[Jackson era] di fronte al contraccolpo più potente nella storia della musica popolare".
La situazione era questa. Michael Jackson era la più grande star del mondo. Aveva messo il suo nome sull'album più venduto della storia, un disco che già al momento aveva venduto 38,5 milioni di copie, 30 anni dopo la sua uscita potrebbe dimorare nelle case di un sorprendente numero di 110 milioni di persone. Ma era giunto il momento per il mondo di scoprire ciò che Jackson aveva in mente per il bis.
Steve Stevens era a letto a casa a Manhattan quando squillò il telefono. Per sua stessa ammissione il chitarrista si era divertito "fino a tarda notte" e perciò si stava godendo una dormita fino a tardi. Conosciuto come il gregario di Billy Idol - un'altra superstar solista del momento - così come uno dei migliori suonatori dell'epoca, il musicista nato a Brooklyn rispose al telefono, e una voce appannata dal sonno interrotto parlò nel ricevitore. L'uomo all'altro capo della linea si annunciò come Quincy Jones. In risposta a questo, Stevens "riattaccò" assumendo "che qualcuno mi stava prendendo per il culo". Pochi istanti dopo, il chiamante richiamò, informando il suo interlocutore che se si interrompeva la linea una seconda volta non avrebbe richiamato una terza.
Jones, il produttore di Off The Wall e Thriller, stava cercando un chitarrista per suonare in una canzone dal titolo "Dirty Diana", una traccia del successivo album di Jackson, Bad. Il produttore era amico di Ted Templeman, l'uomo che non solo presidiava i controlli di tutto il lavoro dei Van Halen (in effetti Eddie Van Halen stesso aveva fornito l'assolo di chitarra sontuosamente esagerato presente in "Beat It"), ma che era anche il rappresentante di Stevens alla Warner Brothers. Jones stava chiamando per invitare Stevens a contribuire con il suo notevole talento all'album più atteso del decennio. Non sorprende che il chitarrista accettò; sorprendentemente, però, la sua accettazione prevedeva una condizione: la presenza di Jackson in studio.
"Avevo fatto qualche sessione di lavoro in passato e pensavo che l'artista sarebbe stato in studio", ricorda il musicista. "Ma avevo scoperto che non è così. Ero io, il produttore e l'ingegnere. E pensai: "Beh, non sono tagliato per questo genere di cose. Non faccio lavoro tipo linea di montaggio'... [Ma allora] mi fu detto,' Certo che Michael sarà in studio, è il suo cazzo di album!"
La scena che accolse Stevens al suo arrivo agli studi Westlake di Los Angeles nell'aprile del 1987 lo sorprese e lo rese felice. Il chitarrista ammette che era "un po' nervoso" per quanto riguarda la sessione, ma questo nervoso se ne andò con l'atmosfera nella stanza. Per un uomo la cui vita stava sempre più diventando avvolta nel fumo e negli specchi di un culto della personalità profondamente strano, la vista che accolse il chitarrista di New York non avrebbe potuto essere più normale o conviviale. Le uniche persone presenti erano l'artista, il produttore e l'ingegnere, lo stile dell'assolo di chitarra fu spiegato al musicista da Jackson stesso, e dopo che Stevens aveva messo giù la sua traccia seguendo queste linee guida, fu invitato a improvvisare la sua versione. Il processo di acquisizione dell'essenza del processo creativo durò meno di quattro ore. Durante questo periodo Jackson fece al suo ospite domande sull'hard rock, con domande del tipo se Stevens conoscesse i Motley Crue, e se sì, come erano?
"Non avrebbe potuto essere più gentile", ricorda il chitarrista. "Non avrebbe potuto essere più forte. Era tutto sulla musica."
Ma se i ricordi di Stevens del tempo passato con Jackson sono colorati da un ambiente di lavoro che era sia divertente che efficiente, altre volte la realizzazione di Bad è stata un processo più complicato. La pre-produzione dell'album ebbe inizio nel 1985, due anni prima che il prodotto finito fosse finalmente pubblicato. Durante questo periodo, ci fu più di un problema inaspettato. Jackson voleva che il suo settimo studio album contenesse collaborazioni con artisti del calibro di Aretha Franklin, Whitney Houston, Barbara Streisand e Run DMC, nessuno dei quali è finito nell'album. Il periodo tra Thriller e Bad aveva visto anche l'emergere di un altro sensazionale afro-americano, Prince. Jackson vedeva l'album del 1984 dell'artista originario di Minneapolis, Purple Rain, come il principale concorrente di Bad, e desiderava che il suo lavoro successivo fosse più al limite e più oscuro di Thriller. Erano stati anche fatti piani perché Prince comparisse sul singolo che dava il titolo al disco in un video che presentava una prova di forza concorrenziale tra i due artisti. Prince rifiutò questa offerta, percependo che l'epilogo del video gli avrebbe assegnato il ruolo di interprete inferiore.
"Come Jackson aveva progettato", ha scritto J.Randy Taraborrelli nella sua biografia di Michael Jackson: The Magic, The Madness, The Whole Story "lui e Prince si sarebbero schierati l'uno contro l'altro [nel video] a turno cantando e ballando, al fine di stabilire una volta per tutte chi era 'cattivo' ('Bad')."
Insieme con le numerose collaborazioni previste e non realizzate, anche il rapporto tra Quincy Jones e Jackson divenne teso. Jones era accreditato come unico produttore sia su Off The Wall che Thriller, mentre per Bad questo ruolo era condiviso con lo stesso Jackson. Il performer aveva anche aspettative follemente alte per la sua imminente uscita. Aveva scritto una nota su uno specchio che diceva semplicemente "100 milioni", questa è la cifra di vendita che voleva che il nuovo album raggiungesse. Il numero proposto era più del doppio di quello ottenuto con Thriller. Mentre il terreno veniva preparato per la pubblicazione di Bad, Rolling Stone riferì che Jackson aveva preparato non meno di 66 canzoni e pianificato di pubblicare 33 di questi brani nella forma di un triplo album, un'idea bocciata da Jones. Detto questo, gli 11 brani che compongono Bad sono stati sottoposti ad una cura maniacale per i dettagli. Alla ricerca della creazione suoni che, secondo Jackson, "l'orecchio non aveva sentito", l'album di 48 minuti e 16 secondi fu stratificato con 800 sovraincisioni multi-traccia. A dire il vero, la nascita dell'LP non fu priva di complicazioni.
"C'era molto stress", ricorda il chitarrista David Williams, che ha suonato nell'album, citato in Man In The Music, la vita creativa di Michael Jackson, di Joseph Vogel. "Stavo facendo la stessa parte almeno cinque volte su ogni canzone."
Come riportato nello stesso libro, Jackson stesso ha ammesso che "[Quincy e io] non eravamo d'accordo su alcune cose. C'era un sacco di tensione, perché ci sentivamo in competizione con noi stessi. E' molto difficile creare qualcosa quando ti senti come se fossi in competizione con te stesso".
La creatività, però, trova la sua liberazione sia da energie positive che negative. Nel caso di Bad, queste energie non sono state sprecate e in effetti potevano essere sentite su ogni nota di ogni traccia. Chiaramente questa era una creazione che valeva la candela. Una miscela sofisticata e senza soluzione di continuità di ritmo moderno e blues, pop, dance e rock, Jackson, Jones e un cast di non meno di 21 musicisti e tecnici in studio avevano creato una serie che si adattava ai gusti dell'America mainstream, con un insolitamente elevato riguardo per il dettaglio artistico e che caratterizzava numerosi picchi creativi. Uno di questi picchi fu il singolo di successo commerciale "The Way You Make Me Feel", il ritmo del quale fu effettivamente suggerito a Jackson da sua madre, e che il tastierista Greg Phillinganes ricorda con affetto dicendo: "Mi ricordo quanto mi sono divertitoa buttare giù quelle parti sincopate... e a guardare l'espressione sul volto di Michael - che aveva quel sorriso grande che significava ce l'hai fatta". Altrove l'indimenticabile brano del titolo, Bad - il secondo singolo pubblicato - mostrava non solo la musicalità di Jackson (i crediti della composizione appartengono solo a Jackson), ma, come per il video di Thriller, l'artista era ancora una volta in grado di dimostrare a chi guardava che il suo senso della presentazione era di dimensioni sufficienti per abbellire anche la più grande tela. In questo caso, il botto è venuto con un video musicale di 17 minuti diretto da Martin Scorsese, il miglior regista della sua generazione. Il video era caratterizzato da un preludio in gran parte mai visto, che vedeva Jackson in un confronto con Wesley Snipes. Il regista Allen Hughes - che insieme a suo fratello ha co-diretto film come From Hell e The Book of Eli - una volta detto a MTV News che la performance di Jackson nella sequenza era il lavoro "di un attore incredibile".
Con le sessioni per Bad finalmente concluse e la raccolta pronta per il rilascio, Jackson descrisse il suo stato d'animo alla rivista Ebony come di "giubilo". L'album incontrò il suo pubblico l'ultimo giorno del mese di agosto del 1987. Immediatamente l'LP spiccò il volo in un modo che suggeriva che fosse stato lanciato da Cape Canaveral. Le 11 creazioni entrarono nella US Top Billboard 200 al numero uno, mantenendo la posizione per 6 settimane, mentre vendevano più degli altri LP nella Top 40 messi insieme. Nel Regno Unito, Bad vendette mezzo milione di copie nei primi cinque giorni di uscita, mentre altrove l'album raggiunse la vetta della classifica degli album in non meno di 25 paesi, tra cui Canada, Giappone e Nuova Zelanda. In Australia l'LP mancò il primo posto per una sola posizione.
In termini di ricezione da parte della critica lo scrittore di Rolling Stone Davitt Stigerson opinò, "Anche senza una pietra miliare come "Billie Jean", Bad è ancora un disco migliore di Thriller". Il critico del New York Times Jon Pareles descrisse l'album come "un disco dance brillante e high-tech, solo un po' eccentrico agli estremi". Anche nella Costa Orientale americana la nota pubblicata sul Washington Post, scritta da Richard Harrington, era del parere che Bad fosse "perfettamente prodotto" e contenesse "alcune scintillanti prestazioni vocali di Jackson", prima di aggiungere saggiamente: "Per quanto la sua presentazione iniziale possa essere sensazionale, l'album chiede di essere giudicato sulla sua musica, non in base ai dati di vendita."
Oggi il rilascio di Bad chiede di essere considerato nel contesto del suo tempo. Gli anni '80 sono stati il periodo che vide la nascita del culto della celebrità, con Michael Jackson soggetto e progenitore. Detto questo, non c'è da stupirsi che a molti commentatori mancasse lo spirito, o l'umanità, per separare l'arte dall'artista. Un recensore si agitava dicendo che l'immagine di Michael Jackson sulla copertina dell'album rappresentasse "un viso di plastica come l'album che copre", dichiarando, "Wacko Jacko ritorna alla ribalta anche più femminile di prima". Questo tipo di veleno penetrò nella coscienza pubblica rendendo l'artista una presenza polarizzante. In un sondaggio di Rolling Stone del 1988, Jackson fu votato "Il peggior cantante maschio", mentre il CD su cui aveva cantato più di recente occupava il primo posto come "Peggior Album".
Divenne meno un caso di un uomo nello specchio che dell'uomo nei media. Via via che il contatto di prima mano con i giornalisti diventava sempre più raro, le pubblicazioni escluse e i loro editorialisti di gossip riempivano questo vuoto con speculazioni bizzarre e spesso falsità. Mentre una storia bizzarra di tanto in tanto era vera - per esempio, Steve Stevens ricorda che Bubbles, lo scimpanzé del performer, era presente alle riprese del vidio di "Dirty Diana" - molti resoconti si basavano su fumo senza arrosto inventato dalla cerchia ristretta di Jackson. Una storia che apparve in questo periodo fu la "notizia" che Jackson passava le notti dormendo in una camera iperbarica in grado di estendere la sua speranza di vita a 150 anni. Questo era un pezzo di narrativa inventato da Frank Dileo e fatto trapelare al tabloid americano National Enquirer. In pochissimo tempo l'accusa divenne moneta comune dall'Alaska ad Adelaide. Al soggetto di questa assurdità fecero molto piacere le onde d'urto del racconto, disse: "E' come se potessi dire qualsiasi cosa su di me alla stampa e loro ci credono".
Un uomo al quale nel corso degli anni è stato concesso un accesso privilegiato a Michael Jackson è stato il giornalista musicale Ian "Molly" Meldrum, che nel corso della sua lunga e notevole carriera ha intervistato l'artista americano non meno di 11 volte. Come Meldrum stesso dice, "Vedevo la sua ascesa brillante, e lo guardavo mentre diventava sempre più grande". Parlando con Rolling Stone per questa edizione, l'uomo famoso per il suo cappello da cowboy racconta che "diventando così grande [Jackson] è stato costretto a cambiare dentro di sé. Aveva a che fare con la sua timidezza. E fondamentalmente le interviste, dall'album Off The Wall, quindi Thriller e poi Bad, stavano diventando sempre più controllate [con l'intervistatore a cui era richiesto di presentare le domande in anticipo]. E questo era molto strano. Era come se avesse questa parete di vetro che lo circondava. Posso capirlo comunque, perché era una delle più grandi star del mondo".
Meldrum osserva che avendo le persone intorno a lui che esercitavano questo livello di controllo, Jackson era in grado di dare "l'impressione che... fosse molto fragile, cosa che probabilmente non era".
Questa osservazione non è solo percettiva, ma quasi certamente corretta. Jackson adorava ciò che P.T. Barnum descriveva come "scintillanti apparenze". Egli credeva che questa tecnica fosse su "ritmo e tempismo", aggiungendo che i media e il pubblico più ampio sono "in attesa, loro sono in attesa". Credeva che questi ritardi fossero un elemento cruciale nella creazione del suo personaggio pubblico, dicendo: "Se rimani misterioso, le persone saranno più interessate." Tale era la sua fede nella sua maestria in queste manovre e in quella della sua cerchia ristretta che si è permesso un raro momento di arroganza quando ha dichiarato, "Siamo in grado di controllare effettivamente la stampa".
Negli anni a venire, Jackson avrebbe imparato nel modo più duro la lezione che questa affermazione era del tutto sbagliata.
Il Bad World Tour iniziò il 12 settembre 1987 con la sua prima performance pubblica al Korakuen Stadium di Tokyo, seguita da altre due serate presso la stessa sede da 42.000 posti. Sponsorizzato da Pepsi, il tour avrebbe contato 123 concerti in due parti, sarebbe stato visto da 4,4 milioni di persone e avrebbe incassato 125 milioni di dollari. A quel tempo, la produzione spettacolare sarebbe stata riconosciuta dal Guinness dei Primati come lo standard per il tour visto dal maggior numero di persone, oltre ad essere il tour con il più alto incasso nella storia della musica. La canzone finale dell'ultimo show fu eseguita presso il Los Angeles Memorial Sports Arena il 27 gennaio 1989.
Il tour raggiunse l'Australia nel mese di novembre del 1987 per cinque concerti: una performance all'Olympic Park Stadium di Melbourne, due notti all'Entertainment Centre di Brisbane (dove in una delle serate Jackson fu raggiunto sul palco da Stevie Wonder), più un paio di concerti al Parramatta Stadium alla periferia di Sydney. Nonostante Jackson fosse all'album numero sette, la sua apparizione presso l'Olympic Park Stadium del 13 novembre è stata la prima volta che ha visto l'artista fare il moonwalk sul suolo degli antipodi.
Nel 1987 Denis Handlin era l'Amministratore Delegato e Direttore Generale della CBS Records Australia, la società affiliata alla Epic Records, l'etichetta con cui Michael Jackson era sotto contratto. Contattato da Rolling Stone per questa edizione, Handlin - la cui attuale posizione è Presidente e Amministratore Delegato di Sony Music Entertainment per Australia, Nuova Zelanda e Asia - ricorda che il paese era in preda a "un brusio incredibile" quando la "Michael-mania arrivò in città".
"[Il] tour era semplicemente incredibile a tutti i livelli", racconta. "Lo spettacolo, la produzione, la sua danza, la musica incredibile e, naturalmente, lo stesso Michael Jackson, il performer geniale... La sua attenzione si concentrava sui fan e sul produrre la migliore esperienza di concerto per loro. Dietro le quinte quello che abbiamo visto tutti è stato che Michael era un perfezionista. Faceva pratica e provava molte ore, a volte subito dopo uno spettacolo per assicurarsi che il [successivo] concerto sarebbe stato sempre una grande esperienza."
La tappa australiana del Bad World Tour era promossa dalla società di Kevin Jacobsen, la Jacobsen Entertainment. A quel tempo era il principale organizzatore di concerti del paese. Jacobsen può legittimamente pretendere di essere stato il componente chiave nel portare Jackson in quella che per quelli dell'emisfero settentrionale è "la terra di sotto". L'imprenditore si recò a Los Angeles per strutturare e rifinire i dettagli per i cinque concerti. Una volta che l'accordo fu perfezionato e reso noto al pubblico in Australia, i concerti andarono esauriti in meno di tre settimane. Questo periodo può non sembrare particolarmente impressionante nell'era di Internet, ma il tour di Jackson ebbe luogo quando la gente si metteva in coda per i biglietti, quando le carte di credito non erano la forza onnipotente che sono oggi, quando i biglietti erano inoltre disponibili solo in punti vendita selezionati, come i negozi di dischi, e quando le opportunità di pubblicità erano limitate (per esempio a quel tempo l'Australia aveva solo una stazione radio in FM).
Dato che il promotore del tour sentiva che era "il [suo] lavoro" vedere ciascuna delle cinque performance i suoi sforzi erano facilitati. Ma se questo era il suo lavoro, non sembrava proprio tale. A 75 anni ora l'impresario nato a Sydney ricorda gli spettacoli come "sensazionali", il lavoro di un artista che aveva "definito il rock e roll, bella musica". L'ascoltatore può ancora sentire la meraviglia nella sua voce mentre Jacobsen ricorda la vastità della produzione, come Jackson "improvvisamente appare sopra il pubblico in mezzo alla folla".
"Ho promosso 3 del suoi tour in Australia", dice (prima di usare un tempo presente piuttosto toccante) "e non ho alcun dubbio che Michael Jackson sia uno dei più grandi interpreti di tutti i tempi".
Da parte sua Jacobsen può non aver mosso il cielo, ma ha letteralmente spostato la terra per i 2 concerti al Parramatta Stadium. La ragione per cui per Jackson fu prenotato un luogo piuttosto oscuro situato alla fine dell'espansione suburbana di Greater Western Sydney, circa 23 chilometri dall'Harbour Bridge e dall'Opera House, è perché Jacobsen non era riuscito a prenotare per l'artista il Sydney Cricket Ground o l'adiacente Sydney Football Stadium. Per esclusione il Parramatta divenne la location per due concerti di Jackson. Verificato il design dello stadio, Jacobsen decise che il posto migliore per sistemare il palco fosse in una delle estremità, uno spazio occupato da una considerevole collina erbosa. Il promotore ricorda di aver portato "trattori enormi e macchine di movimento terra per spostare la terra e livellare questo settore dello stadio".
"Abbiamo poi costruito un palco dove era la collina", ricorda. "Ma dopo i 2 spettacoli abbiamo dovuto riportare la terra e ricostruire la collina e ripiantare l'erba e assicurarsi che fosse innaffiato ogni giorno. Se non l'avessimo riportato nello stato in cui era sarei stato in grossi guai!"
Qualche anno dopo, in un successivo tour in Australia di Jackson organizzato dalla Jacbosen Entertainment, il promotore si trovò a fare colazione con l'artista a Melbourne la mattina successiva a uno show in quella città. Jackson arrivò al tavolo, strinse la mano di Jacobsen e aprì la conversazione con le parole: "Racconto a tutti che il mio promotore australiano ha spostato una montagna per il mio show".
Un quarto di secolo dopo l'uscita del settimo album studio di Michael Jackson, le stime per i dati definitivi di vendita collezionati dalla pubblicazione sono di 45 milioni (anche se per qualche motivo è frustrante che un numero preciso sia difficile da definire). Il rilascio ha generato il sorprendente numero di nove singoli, cinque dei quali hanno raggiunto la vetta della Billboard Singles Chart US. Il successivo ciclo di 18 mesi di promozione e tour fu un periodo, tuttavia, che vide le "apparenze scintillanti" del management mediatico del Team Jackson trasformarsi in un mostro fuori dal loro controllo. Il cantante soffrì in modo particolare dai servizi infiniti e dalle speculazioni sul suo gusto, o anche dipendenza, per la chirurgia estetica. Questo fu anche il periodo in cui l'artista si trasformò da Michael Jackson a "Wacko Jacko", una frase ripetuta con una frequenza tale che la sua immagine di mistero attentamente gestita fu trasformata in una di follia, e in alcuni casi anche di repulsione pubblica.
Eppure, nonostante questo, tutti quelli intervistati per questa edizione hanno solo ricordi bellissimi di Jackson. Steve Stevens descrive le riprese del video di "Dirty Diana" come "magiche", la voce del chitarrista che si tinge di gioia ricordando il cantante che imitava David Lee Roth fra le riprese. Denis Handlin è dell'opinione che Jackson era "il professionista assoluto con cui lavorare", e non solo questo, anche che era una superstar "sempre incredibilmente gentile". L'artista organizzò anche una crociera intorno al porto di Sydney per il "personale chiave" della sua casa discografica per festeggiare il successo di Bad in Australia. Kevin Jacobsen ricorda un uomo che era "molto professionale", una persona che era "molto rispettosa, ben educata e umile".
Naturalmente le persone che hanno lavorato con Jackson nel periodo tra il 1987 e il 1989 non avevano idea chequesto era davvero buono comestava per diventare e che col tempo gli eventi avrebbero preso una piega terribile e terminale. Ma Steven Stevens ricorda un episodio che è da una parte innocuo, ma che in un altro senso offre un distinto presagio degli anni a venire. Nel mese di marzo del 1988, Michael Jackson fece un concerto di beneficenza al Madison Square Garden per l'Associazione Nazionale per il Progresso della Gente di Colore (NAACP). Stevens fu invitato a comparire sul palco con Jackson per la canzone "Dirty Diana". Il chitarrista si sentì onorato dell'invito e commosso che una fila supplementare di posti venne installata nella grande arena in modo che i membri della sua famiglia potessero assistere alla performance. La sera dello spettacolo Stevens rimase con un ricordo persistente e preoccupante.
"Quando ho fatto quello show, ho potuto vedere come stava diventando isolato", ammette il chitarrista. "Io non l'ho visto fino a che non è andato sul palco. Nel momento in cui ha finito lo spettacolo, è stato infilato in un van e un attimo dopo se ne era andato. In quell'occasione Quincy [Jones] non era in giro, e penso che Quincy era quasi come una figura paterna che aveva un modo di mettere le persone a proprio agio. Con Quincy non in giro, ho iniziato a vedere un lato diverso. E questo lato mi ha fatto vedere come fosse isolato. Ho capito che era davvero tagliato fuori, che era davvero isolato. Mi ha reso davvero triste. Non è mai una buona cosa quando qualcuno è così tagliato fuori".
Chiaramente, visto il modo in cui le cose alla fine sono andate, non lo era. Nonostante la musica, lo spettacolo e la magia del periodo, quella notte a New York Michael Jackson è salito in un furgone per imbarcarsi in un lungo oscuro viaggio verso una destinazione tragica.
www.twitlonger.com/show/j6adn1
- Traduzione a cura di 4everMJJ per MJFanSquare.
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