"SCORCI" - Riflessioni quotidiane di Davide Rondoni

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auroraageno
00martedì 11 giugno 2013 09:29


Come supplica forte


Matteo pensa: «Così si procura un sacco di guai». Guarda Andrea. Sanno che toccare il tema del pane dal cielo, la manna di Mosè, significa attaccare il cuore del Libro. Ed è in quel momento che Andrea sente quel che non aveva mai immaginato di sentir dire.
«I vostri padri hanno mangiato il pane disceso dal cielo nel deserto, e sono morti. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo…».
Ha gli occhi accesi. Ma la voce si è fatta meno ripida, sembra quasi che stia rivolgendo una specie di supplica. «E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo…».
I sacerdoti e gli scribi si alzano di scatto. Uno di loro afferra il proprio bastone con durezza, si rivolge agli altri: «Vuol darci la sua carne da mangiare?». Si alzano risate, offese. Un uomo accanto ad Andrea sbraita come un forsennato. Gesù, con un volto stranamente rasserenato dice scandendo le parole, forte e in un grande abbandono: «Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avrete in voi la vita…». Le ultime parole sono quasi coperte dalle offese. Andrea guarda il Nazareno che ha il viso sereno e stravolto. Ha detto quel che gli si rompeva dentro. Un sorriso lieve come di partoriente, di uno ormai dentro al gorgo della battaglia. Bartolomeo seduto piega il suo corpo possente, si prende la testa tra le mani.


Davide Rondoni


auroraageno
00mercoledì 12 giugno 2013 11:16


Inaudita preghiera



No, la vecchia non ha mai sentito una preghiera così. L'uomo ha finito di recitarla. «Padre nostro…». E gli altri immobili intorno. La donna riprende a battere piano nel mortaio. Quelle parole sono belle, uniscono il cielo e la terra. Alza per un attimo gli occhi al chiaro d'autunno. Un padre in cielo… Il Dio degli eserciti e dei profeti. Il Dio del diluvio e dell'annegamento del Faraone. Il Dio impronunciabile. Perduto nei caratteri delle parole. Il Re. Un padre? La vecchia sputa un altro seme. Suo padre era un pecoraio. Lo rivede ancora ogni tanto, in qualche travèggola, quei barbagli o mezzi sogni che le vengono prima di cadere finalmente nell'ultima parte del sonno. A volte quasi non lo riconosce, lui è ancora giovane, bello. Compare da chissà dove. Dal tremendo Scheol? Lei non sa, si confonde in quei pensieri. Chi sa se lui vede la sua bambina. Chi sa se la riconosce ora che è così invecchiata. «Padre», mormora in quei momenti, le labbra secche…
Dal gruppo degli uomini sotto l'albero vengono delle risate, si sono avvicinati dei bambini. Qualcuno dei discepoli fa un po' lo scemo con i piccoli. Forse anche lui è un padre e ha lasciato i propri bambini a casa. Che alla sera lo cercano. Padre nostro. E si sentono un po' perduti e un po' no. E chiedono forse alla madre:


Davide Rondoni

auroraageno
00giovedì 13 giugno 2013 11:29


Come il sospiro


Aveva abbassato la testa. Pietro ricorda di aver visto Giacomo sul punto di andare via, per l'impaccio. Poi Gesù aveva rialzato il viso e aveva chiesto: «E voi, voi chi dite che io sia ?».
Pietro ricorda bene lo sguardo di Gesù in quel momento. Mai visto niente del genere. Tristissimo e luminoso. Come nessuna fuga di nubi sul lago, o sole morente dietro le montagne. Gli occhi di uno che sta per perdersi e supplica qualcosa dai suoi amici. E sentì nel petto e in mente schiantarsi qualcosa, una grande onda. Lo aveva visto resuscitare ragazzini, toccare i capelli sulla fronte a malati sudici, a indemoniati finalmente quietati. Lo aveva visto come falco scagliarsi contro le parole morte di Sacerdoti. E visto piangere e ridere. E seguito con lo sguardo mentre saliva, solo come un bambino, a pregare lontano da tutti. E allora lui con lo slancio di quando gettava la rete dalla barca all'acqua nel sole aveva detto: «Tu, tu sei il Cristo, il figlio di Dio. Tu, Gesù, sei …» E lui subito si voltò. Pietro vide che gli stava chiedendo qualcosa senza parole, inimmaginabile. Gli aveva poi mormorato qualcosa sulla provenienza della sua rivelazione. Come il sospiro di uno che si consegna. Come se non ne potesse più di stare da solo con quella cosa addosso e ora potesse dividerla. Con lui, Pietro.


Davide Rondoni



auroraageno
00venerdì 14 giugno 2013 11:49


Paura di niente


«Verrai con noi?» dice Gesù.
Lei finisce di disporre i panni sulle pietre. Ha le maniche tirate su, le braccia e il viso, lievemente sudati, si illuminano del bagliore del fuoco. Per lei in molti devono aver sbandato. E invocato l'antico Cantico «un nastro di porpora le tue labbra …». Dicevano di lei: ha sette demoni. Quando arrivano in qualche posto gli uomini sulle porte delle botteghe la guardano nel seguito come se passasse un vento di niente. Lei alza la testa, fa uno scatto del viso in avanti, come una cerva, una lupa tra i rami, indicando la casa presso il cui muro è seduto Gesù e dove stanno i discepoli, già addormentati. «Questi, dice con un sorriso, senza di noi non vanno da nessuna parte. E non perché laviamo le loro tuniche, no … Lo pensano. Ma il fatto è un altro: è la paura.»
Gesù la guarda con un moto di curiosità negli occhi.
Lei mentre rientra con il cesto sosta un istante: «Tutti hanno paura di qualcosa. Dei demoni, dei sacerdoti, della tua fine dei tempi. O anche solo di morire. Noi donne, sai, a volte abbiamo già conosciuto così tanto dolore, così tanta felicità e poi così tanta morte addosso che no, non abbiamo più paura di niente». E poi guardando qualcosa chissà dove: «Di niente …».
Gli si avvicina con le labbra ai capelli: «Vedrai, noi ci saremo sempre con te».


Davide Rondoni


auroraageno
00sabato 15 giugno 2013 11:12


Gli occhi e il sepolcro


Mesi di cammino. Come se Gesù seguisse un disegno strano, un richiamo che ancora non lo fermava nella rosa incendiata della Città santa e maledetta.
Però quando due emissari delle sorelle lo hanno raggiunto da Betania, paesino a pochi chilometri da Gerusalemme, dicendo «il tuo amico Lazzaro sta molto male» ha voluto subito venire.
Tommaso gli ha preso un braccio: «Veniamo con te, anche a costo di morire».
Ha sorriso. Dopo aver percorso la strada che tocca la dolce oasi di Gerico, passata la
fortezza di Kypros, con i suoi muri ciechi, hanno disceso per tre ore di primo mattino la via ripida che serpeggia per colline nude e cespugli. E ora il piccolo gruppo avanza nel cimitero del piccolo villaggio spoglio.
«Come se fossimo venuti a dare un'occhiata alla morte prima di morire», pensa in un baleno Giacomo. E guarda il suo maestro che con gli occhi rossi di lacrime fissa il sepolcro dell'amico. Li ha visti varie volte discutere, bere insieme. Lazzaro aveva una familiarità con Gesù. Sembrava l'unico che potesse dirgli certe cose. Gesù sapeva di poter contare su quell'uomo asciutto dai modi discreti. Giacomo ha nella memoria le parole del Nazareno sulla fine che dovrà fare. Che pensieri gli passano per la testa mentre osserva il sepolcro con il corpo dell'amico serrato dentro?


Davide Rondoni


auroraageno
00lunedì 17 giugno 2013 10:57


Quel grido di pianto e cielo


Forse avrebbe voluto Lazzaro accanto, ora che il tempo si sta compiendo per lui. Ora che il cielo sta chiudendosi. Forse voleva la dolce forte figura dell'amico accanto a sé, ora che sta per entrare in pasto alla città tigre, alla rosa di sangue. Ora che sta diventando tutto di Dio. Come si fa ad essere interamente di Dio senza avere una amico accanto, come si fa a bruciare in quella morte, in quella gioia senza nome senza guardare un volto amico vicino? Ma ora il Nazareno si trova a fissare la morte nel suo amico. Forse sta fissando anche la propria morte. La conosce presoffrendola nel suo amico. Vede la propria solitudine spaventosa di condannato.
Lo hanno sentito urlare d'improvviso.
Giacomo non se lo aspettava, non se lo aspettava nessuno. Un grido pieno di pianto, di cielo fatto a pezzi. Come uno scongiuro. Una supplica, un ordine di capitano dentro il gorgo della battaglia. Come di uno che ha bisogno, quasi disperato. Che vede lo sfarzo ultimo del mare.
«Lazzaro, vieni fuori!».
Come il grido dato da uno che sta per essere travolto e si alza. Uno che tende il braccio all'amico che sta precipitando. E gli dice: non lasciarmi solo, proprio ora...
L'uomo che ha gridato resta immobile. Come uno che ha sfidato il drago dentro e fuori di lui.


Davide Rondoni


auroraageno
00martedì 18 giugno 2013 10:50


Aspettando il momento


Il gatto è sparito di nuovo dal muro.
Hannas tiene gli occhi sulla notte buia punteggiata di luci di Gerusalemme. L'ultima Pasqua per lui, o una delle ultime di certo. A volte il vecchio Sacerdote chiede a Dio in silenzio di premiare la sua fedeltà con una morte dolce e il formarsi di una memoria pia del suo nome tra i fedeli.
«Di quale faccenda state parlando?» chiede lentamente ai due in piedi davanti a lui, distogliendo lo sguardo dal riquadro buio che gli succhia gli occhi alla finestra.
Tanto il gatto ormai non torna, si sorprende a pensare.
«Del Nazareno» dice il più attempato dei due, dopo un attimo di smarrimento stupito che il grande Hannas non avesse afferrato. E l'altro: «Del bestemmiatore Nazareno che agita le … le …»
«Le folle» conclude il più esperto.
«Ah» dice lentamente il vecchio. «il Nazareno …»
«Bisogna intervenire» aggiunge il più giovane.
Hannas lo guarda come si guarda uno che non sa bene cosa dice.
Poi chiede bruscamente: «Con chi avete parlato dei Farisei ?»
Inteso il nome, Hannas fa un sorrisetto. Uno che conta e che non impegna la propria parola a vanvera. Il vecchio si appoggia allo schienale. Sotto la pesante veste nera divarica leggermente le gambe magre, bianchissime. È settimane che Hannas aspetta il momento migliore per poter metter mano alla faccenda Gesù.


Davide Rondoni


auroraageno
00mercoledì 19 giugno 2013 11:54


Proprio a lui


Qui nei secoli ne hanno visto di tutti i colori. Non sembra gente disposta ad accendersi, nella città nel luogo più basso del mondo, nell'aria che trema di calore e fiacca sotto il livello del mare. Sotto il livello del cuore.
Ad un certo punto mentre camminano nella via principale della città verso la sinagoga, Gesù si ferma e alza lo sguardo a un uomo che si è arrampicato di sghembo su un sicomoro. È un uomo basso di statura, abbarbicato in modo buffo. Il suo nome – mormora la gente intorno quando Gesù si rivolge a lui – è Zaccheo. Un uomo odiato, un esattore di tasse. Uno che fa la cresta. Sa come vessare i poveri e come blandire i ricchi. Ha un tenore di vita che non si addice a un funzionario. Nessuno crede mai a una sola parola che pronuncia. Si gode la vita, circondato dall'antipatia. Ma ora è impacciato con vesti di buona fattura sull'albero. Gesù sorride guardandolo. Quello non sa cosa dire. Matteo si avvicina all'orecchio di Gesù e gli dice di chi si tratta. Intorno la gente si è fatta muta. Proprio con quel furfante si ferma a parlare?.
«Posso venire a casa tua?» La domanda sale nella mente di Zaccheo come uno stridio di cicala nel grande torrido.
Bofonchia confusamente un assenso, cerca con gli occhi qualcuno che lo aiuti a scendere. Come diavolo era arrivato lassù?


Davide Rondoni


auroraageno
00giovedì 20 giugno 2013 10:47


Le misure saltate


Da quella casa maledetta sono venute voci, poi canzoni, e profondissimi silenzi. Dopo un po', Gesù se ne esce coi suoi e Zaccheo sulla porta li saluta. Si è tolto le vesti appariscenti con cui ama comparire di solito, la tunica è semplice. Sembra ancora più basso. È un po' spettinato, la faccia da muflone ha un'espressione come dopo un grande viaggio, eccitata e affranta. Abbraccia Giacomo e dice solo: «A presto, farò come ho detto».
Poi da solo, quasi continuando a parlare a loro, guardando quegli uomini allontanarsi: «Sì, ora inizia il mio lavoro … Restituire, restituire…». Ma come potrà mai restituire non solo i denari, i centesimi, ma anche le occhiate oblique, le parole morte, le minacce, e restituire la stima, le cordialità uccise, le gentilezze strappate di mano? Zaccheo per la prima volta si sente in debito, un debito mostruoso, un saldo negativo che lo schianta. Ma oscuramente ora sa che il conto non è più nelle sue mani, i conteggi sono diversi, i numeri del dare e dell'avere si sono confusi, le misure saltate. E qualcosa che somiglia a uno smarrimento, a una linfa, una voce ragazzesca di gioia si apre la via in un bosco pietrificato. Per la prima volta da anni quest'uomo che era ricco e ora ha un debito inestinguibile sente qualcosa sciogliersi nel nodo morto del cuore.


Davide Rondoni


auroraageno
00venerdì 21 giugno 2013 10:50


E infine dice


La ragazza a terra non sa cosa fare. Si tira nervosamente una ciocca di capelli. Un poco piange. Tra le donne si sa bene cosa succede. Anche lei fu portata da piccola alla buca. Là, sul ciglio della fossa, la bambina che era cercò di nascondere il viso sul ventre della madre in piedi dietro di lei. Ma il padre la bloccò e le girò la testa lentamente. Lei rigida vide. Sono passati dieci anni e non ha mai dimenticato il rumore delle pietre sul corpo chiuso nel telo. Sordi, monotoni. La figura imbavagliata chiusa nel sacco si muoveva e riusciva appena a lamentarsi, poi si sfasciò inzuppando di sangue la tela. Anche per lei qualcuno ha cantato «belle le tue guance tra i monili pendenti». Ma ora nessuno darebbe un soldo. Gesù si mette a tracciare segni per terra. Come se badasse ad altro. «Io penso» infine dice con voce forte, ma senza alzare il capo, «io penso che…». La ragazza trattiene un singhiozzo. «…chi è senza peccato può scagliare la prima pietra». Giovanni sorride, un cerbiatto. Giacomo si passa una mano sul viso. Pietro solleva la testa e vorrebbe ridere. Si trattiene. Il sacerdote con la barba ben curata fissa Gesù. Sembra che la luce bianca dal cielo tra le grandi mura del tempio lo abbia calcificato. Poi guarda i suoi compagni. Le pietre nei pugni che si allentano.


Davide Rondoni


auroraageno
00sabato 22 giugno 2013 10:29


E lei invece...


La donna si è chinata, entrando dalla porta. Ha qualcosa stretto al petto. E gli occhi di cagna affamata. La bocca serrata, una crepa. La cena è già in corso. Passano i piatti, corrono i bicchieri.
Ma Gesù, lui, resta quasi sempre silenzioso. Pietro lo guarda.
Quasi nessuno ha fatto caso a cosa stia facendo la donna.
Si è avvicinata a terra davanti a Gesù, semidisteso su dei cuscini come tutti.
Si è accucciata. Come una sperduta. E ora con le mani gli sta ungendo i piedi. Estrae l'unguento dal vasetto. E poi li asciuga usando i lunghi capelli. Ha il viso assorto, le tempie tese come pugnali. Fa gesti rapidi di gatto. Qualcuno le guarda la bocca. La curva del seno sotto il vestito. Lei non si guarda intorno. Dev'essere dentro una grande tempesta, una supplica. Dev'essere da qualsiasi parte si è quando ci si attacca ai piedi di un vivo o di un morto. E li si bacia e venera. In un inferno o in una dolce dura servitù. In un amore che combatte forte contro la morte. Giuda da un angolo, la testa appoggiata alla parete, la guarda, occhi di pioggia. Il padrone si avvicina e fa come a una rognosa: «Vattene!». Ma il Nazareno solleva il viso della donna, della cagna. «Perché te la prendi con lei? Voi non mi avete dato nemmeno di che profumarmi le mani quando sono arrivato. E lei invece …»


Davide Rondoni



auroraageno
00lunedì 24 giugno 2013 11:19


La notte addosso


Gesù lascia il viso della donna che aveva sollevato, e lascia che lei continui il suo sperduto omaggio.
Il padrone che voleva cacciarla è muto. «Un unguento prezioso!» si erge Giuda dal suo angolo. «Appunto! Prezioso! Se lo vendevamo potevamo ricavare un bel po' di quattrini per i poveri». Giacomo guarda Giuda con un'occhiata di fuoco. Poi si rivolge a Pietro che socchiude gli occhi con la faccia dura come una sentenza. Filippo si irrigidisce e muove appena le labbra: «quel ladro…».
Gesù appare turbato. Si è sollevato a sedere, tiene i gomiti sulle ginocchia, fissa davanti a sé. «I poveri?... I poveri… Li avrete sempre con voi». La donna lo osserva, cerca di intendere. Ha gli occhi di una bambina sperduta e decisa. «Invece non avrete me qui per molto. E lei è venuta a ungere il mio corpo, come… come si onorano i morti prima di scendere nella tomba».
Andrea si porta un pugno alla bocca. Pietro è colpito come da un sasso in petto.
Poi il Nazareno tocca i capelli della donna. «È stata l'unica, l'unica… E di lei si parlerà fino alla fine dei tempi…».
Lazzaro guarda il suo amico Gesù. Vede che ha la notte addosso. Giuda volta rabbioso il viso contro la parete.


Davide Rondoni



auroraageno
00martedì 25 giugno 2013 10:38


Quelli che gridano


Pietro tiene d'occhio il ragazzo che stringe la cavezza della mula. Non pare abbia l'intenzione di imbizzarrirsi. Ma sono animali lunatici. Anche lui è sbigottito. E allegro. Si sente importante. Pietro guarda la mano, se tiene saldo il cuoio della briglia. Così cerca non pensar ad altro. Cosa è questo strano corteo con cui entrano in città: una consacrazione o una trappola? Presentarsi in questo modo all'inizio dei giorni di Pasqua … Avrebbe senso se davvero fosse il corteo di un potente, di un re. Una dimostrazione di forza, di consenso popolare. Ma Gesù non ne vuole sapere.
Anche Andrea ha pensieri che risuonano: cosa stiamo facendo davvero? Le persone si accalcano lungo la strada.
Gridano il nome di Gesù. Alcuni danno esagerate grida di giubilo. Lui sorride. Un sorriso appena accennato, ma a tutti. Compreso a chi gli grida: «mandali via! mandali via!». O a quello che, con il mantello alzato non si sa se per il sole o per farsi notare, urla: «Alleluia, siamo con te! Liberaci». Ci sono donne che si inchinano lentamente. Alle - agitano le palme - luja! Alle - battono sonagli tra le mani - luja! I piedi nella polvere. Alle - luja! Pietro lo guarda come se volesse dirgli: tutto questo va bene, ma ora no, ora torna indietro. Ma Gesù lo guarda come uno che sta entrando dove deve entrare.


Davide Rondoni


auroraageno
00mercoledì 26 giugno 2013 10:20


Forse un'occasione


Gli voglio bene, ripete Giuda camminando senza sapere bene dove andare. Lo ama, ma non gli crede più. Ma che amore è questo, un moncone, una faccia erosa di statua? La pietra in petto è durezza d'amore cieco. Ci dev'essere un modo per uscire da questa situazione. Giuda scende le stradine verso il mercato. Il luogo è deserto, i banchi vuoti. Lo scontro teologico coi Sacerdoti può portare solo a un esito: il carcere per lui e per noi… la cacciata, l'infamia, la miseria. Sarebbe la rovina, e non si può mandare in rovina tutto questo … La cosa migliore è offrire ai Sacerdoti un'occasione. Forse, si convince Giuda tra le ombre, si tratta solo di architettare un confronto. Nessuno eccetto il seguito più stretto sa dove Gesù e i suoi discepoli si ritirano la notte. Tornano a Betania o in qualche rifugio messo a disposizione dal discepolo segreto lì a Gerusalemme. In queste notti si fermano talvolta all'Orto degli ulivi. Dormono all'aperto, pronti a fuggire in caso di agguato. Ma se i Sommi Sacerdoti potessero trovarlo lì - senza folle - e poi se lo portassero a porte chiuse a fare con calma due chiacchiere sarebbe perfetto. Troverebbero un accordo. Giuda ha deciso: sarà l'occasione del dialogo. Con il dialogo si risolve tutto, ci vuole solo un po' di pazienza. È una cosa ragionevole, per tutti. Gesù dovrà ringraziarlo infine.


Davide Rondoni


auroraageno
00giovedì 27 giugno 2013 11:47


Parole riconosciute


«Maestro qual è il primo dei comandamenti?». È ancora giovane. Gli occhi scuri di luce inquieta. Nonostante la veste di studente per il sacerdozio, ha coraggio di rivolgersi allo strano Nazareno. «Il primo è: ascolta Israele! Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e la tua anima, con tutta la mente e tutta la tua forza! Il secondo è: amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è una legge più grande».
Il ragazzo si morde un poco le labbra, occhi bassi. Ha riconosciuto le parole. Il Nazareno ha tirato fuori una citazione dal tremendo libro di prescrizioni, il Levitico. Il più dolce e ferreo dei comandi. Perla dai fondali del libro sacro. L'ha messa in cima. Prima dei 613 precetti della Torah. Rabbi Hillel dice: «non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te, questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione». Ma il Nazareno ha scelto parole antiche «Ama …» non solo «non fare …». Il giovane si volta di lato via dal faccia a faccia: «Sì, e questo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù si china a guardarlo come si fa con un figlio a testa bassa: «Non sei lontano dal regno di Dio». I discepoli lo traggono via per le scale. Ma Gesù si ferma. E voltandosi lo saluta, il braccio alzato. Lui resta in cima, il tempio gli sale alle spalle, vasto contro il cielo.


Davide Rondoni


auroraageno
00venerdì 28 giugno 2013 14:25


Il corpo e il sangue


È il momento del ringraziamento. Se fosse la cena di Pasqua, la cena di domani, si porterebbe l'agnello con le erbe. Ma Gesù dice le formule di ringraziamento e poi prende un pezzo di pane, lo spezza dandone ai vicini perché ne passino. «È il mio corpo. Mangiatelo».
Queste parole arrivano come un colpo in faccia a Giovanni che è seduto vicino a lui, nel posto d'onore del padrone di casa. Nessuno fiata. Gesù ha il viso fermo, la fronte appena inchinata verso la tavola. Come se stesse cercando le parole. Forse non gli vengono facilmente. Ma procede deciso. Prende la coppa di terracotta con il vino. «Passatevelo, bevetelo». Lo fissa. «È il mio sangue». Giovanni la prende, guarda dentro la coppa un istante. Ne beve. Anche Giacomo beve in silenzio, chiudendo gli occhi grandi che il tempo ha reso più segnati, autorevoli.
Andrea ha uno scatto. Come se volesse andarsene. I nervi del collo gli si tendono in uno spasmo. Taddeo gli mette una mano per un istante sulla spalla. Pietro tiene gli occhi fissi davanti a sé. Serra le mascelle. Arriva anche a lui la coppa. Esita. Beve.
Gesù al centro del tavolo attende che tutti abbiano fatto. «Farete questo in memoria di me».
«L'agnello è lui!» pensa in un lampo Giovanni. Si prende la testa tra le mani.


Davide Rondoni



auroraageno
00sabato 29 giugno 2013 14:21


Il cielo e il fiato



«Gesù» riesce a dire Disma. Lo guarda, con la faccia sconnessa, pianto e saliva, ritorta sulla spalla. «Fammi venire con te nel tuo regno…». I soldati accucciati non badano alle parole insensate che si scambiano i moribondi. Il Nazareno ha la memoria strappata delle parole del salmo che venendo da chi sa dove, dal corpo slogato, gli battono alle tempie: «Ma il tuo servo vedrà la tua… gloria… Dio mio». Il dolore è sbarra di ferro ghiacciato che tocca tutti i nervi. Cercando nell'aria il respiro, le labbra secche: «Sarai con me, oggi. Nel mio giardino». Poi il cielo si avvicina paurosamente alla faccia. Preme sulla bocca. Manca il fiato. Manca. I polmoni scoppiano. Il cuore impazzisce. Da dove vengono quelle parole, fiori, stelle nella mente che esplode. «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». Le grida. Tutto il fiato. Nel Tempio il gran sacerdote Caiphas, vestito nello splendido manto blu, uccide il primo agnello di Pasqua. Il sangue rosso vivo cola sulla grande pietra. Dietro a lui la folla è in estasi. Mani che battono, danze di invasati. Visi duri piangono, mormorano. Il Sommo Sacerdote tiene le palpebre dipinte socchiuse. Dio protegga il suo popolo. Giovanni, il ragazzo, non riesce a staccare gli occhi dal Nazareno appeso, immobile con la bocca semiaperta.


Davide Rondoni


auroraageno
00lunedì 1 luglio 2013 15:11


Là, è successo



Odis sta spremendo la sua spellata fiasca di cuoio. Niente. Ha lasciato qualche briciola a un uccellino, un niente di becco piumato che vive tra le spine. Alza la testa, un rumore. È la donna di prima, va di corsa. Torna dalla collina dei sepolcri. Perché corre? Cosa le è successo? Si alza, fa un passo in avanti per parlarle. Ma quella non si ferma, prosegue senza guardarlo. Occhi che piangono o forse ridono, lui non capisce bene.
Rimane un attimo immobile, lì in piedi, sulla strada deserta, perplesso, mentre il cielo si sta alzando intorno a lui.
Pensa: «Dev'esser successo qualcosa là alle tombe… Sta a vedere che il suo Nazareno si è alzato dai morti…». E quasi ride da solo, tossendo. «Ah vecchio Ez-echiel, dannato profeta che urlavi ai sassi, allora avevi ragione…». Ha una smorfia. «Ci vorrebbe proprio un goccio adesso…». Poi si risiede, la schiena alla porta della casa. Lui che casa non ha. Guarda il cielo ormai aperto dall'alba, i muri su cui sale piano la luce, la strada che si perde, le finestre chiuse, e certi strani disegni lasciati sul muro da chissà chi per amore o rabbia. «Chissà dov'è andato… Cosa mi tocca vedere…» dice tra sé, mentre sul viso senza età si taglia una specie di smorfia. «E sono pure sobrio». L'uccellino becchetta una briciola ancora, vola via.


Davide Rondoni


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