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Ratzinger e la parabola del ricco epulone

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2017 10:41
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08/01/2017 13:39
 
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Re:
Caro Cattolico, rispondo solo per la parte per cui mi chiami in causa, visto che non hai controbattuto per intero al mio post.....poi la discussione si svilupperà in maniera ordinata restando al contesto e non facendo - come fai tu - della parabole del ricco e Lazzaro un' "isola a se stante"...


Cattolico Curioso, 07/01/2017 23.08:


Ciao Aquila-58.
A quanto pare, ti ricordi di avere già discusso con me su questo argomento, ma proprio non ti riesce di ricordare la mia posizione in proposito.
Io non ho mai negato che in questa parabola si faccia uso della metafora, né nego l’importanza del ruolo che il cosiddetto “cappello” ha ai fini della comprensione della parabola, semplicemente affermo che, in questo caso, il “cappello” mostra un’innegabile discrepanza con la parabola alla quale tu lo vuoi associare. In effetti, la parte del “cappello” Lc 16.14-16 pare calzare perfettamente alla parabola per i soli versetti Lc.16.19-26,

mentre la parte del “cappello” Lc 16.17-18 sembra non aver nulla a che fare né con la parabola che segue, né con quella precedente, e, a ben vedere, la parte della parabola versetti Lc.16.27-31 è completamente al di fuori del cosiddetto “cappello”.





sei veramente curioso di nome e di...nick.
Come potrebbe mai Luca 16:17-18 "non aver nulla a che fare né con la parabola che segue, né con quella precedente, e, a ben vedere, la parte della parabola versetti Lc.16.27-31 è completamente al di fuori del cosiddetto “cappello”" se in Luca 16:17-18 si continua a parlare di quella Legge a cui Gesù accenna in Luca 16:16?
Mistero della fede?
Tu dici che "la parte del “cappello” Lc 16.14-16 pare calzare perfettamente alla parabola per i soli versetti Lc.16.19-26" mentre "la parte della parabola versetti Lc.16.27-31 è completamente al di fuori del cosiddetto “cappello”", ma non è per nulla così!

Innanzitutto, la parabola è per noi un apologo.
Quindi si tratta di un storia/parabola che descrive con simbolismi, un ribaltamento di situazione illustrata da Gesù proprio nel famoso "cappello" di tutta la parabola.
Per esempio, per noi - ma probabilmente non per te e ce ne faremo una ragione - è un apologo anche il brano di Isaia 14:3-20 dove, guarda caso, si usano espressioni come "salire ai cieli", "precipitare nello Sceol", semitismi che Gesù riprende in sede neotestamentaria nello stesso contesto lucano, per esempio in Luca 10:15 ma anche in Mt. 11:23....
Gesù usa anche l' espressione semitica ton kolpon, "nel seno", una posizione di favore o di straordinario privilegio come testimonia il fatto che la stessa espressione è usata per esempio in Gv. 1:18.
Abraamo, nell' apologo di Luca 16:19-31, il "giusto" per eccellenza, amico di Dio (Giac. 2:23) sta ad indicare una posizione giusta, approvata agli occhi di Dio!

Ti dicevo dell' apologo di Isaia 14:3-20: si tratta di "una canzone sul re di Babilonia" (Isaia 14:4 CEI), quindi di un poema che descrive, con simbolismi, la caduta dell' orgoglioso re di Babilonia, infatti nella descrizione poetica "gli inferi si agitano" (Isaia 14:9 CEI), viene quindi personificato lo Sceol e i suoi abitanti, i refaim (sai che cosa sono?), come vengono personificati i cipressi, che anche loro parlano (Isaia 14:8 ).
La stessa cosa avviene nella parabola del ricco e Lazzaro, che ha un preciso cappello e la parabola seguente non vuole indicare condizioni post mortem letterali, perchè il N.T. sovente parla di "morte" in senso non letterale, basta leggere passi come Luca 9:60; Col 2:13; 1 Tim 5:6, ecc.

Con questo preambolo, tutto è più chiaro, almeno per noi (ma certamente non per te e pazienza, ce ne faremo una ragione...).

Il famosissimo "cappello" di Luca 16:14-18 non autorizza in nessuna maniera di "vedere" nella parabola un tema concernente aldilà e quindi retribuzioni post mortem, per nulla!
Gesù ne parla espressamente in altri contesti,con la risurrezione dei giusti, la risurrezione dell' ultimo giorno o con la sua venuta per il giudizio, basta che tu legga Luca 14:14 ; Gv. 6:39-40, 54, Mt, 25:41, 46.
Ma non in questo contesto, che non c' entra nulla con l' escatologia che Gesù stesso illustra.
La parabola non parla - quindi - necessariamente di ubicazioni ma piuttosto di condizioni (il seno di Abraamo, l' Ades...).

I farisei si dichiarano giusti dinanzi agli uomini ed, essendo amanti delle ricchezze (e il ricco sta a simbolizzare proprio loro...), devono essere abbassati (nell' Ades, che sta a simbolizzare proprio questa condizione di abbassamento, confronta Luca 10:15 e Mt. 11:23), mentre i miseri (simbolizzati da Lazzaro) si sforzano di accogliere il Regno, al contrario degli spocchiosi farisei, e per questo Gesù parla proprio del Regno in Luca 16:16-17.
La Legge ha assolto il suo compito e quindi da ora in poi l' accesso al Regno è per coloro che, pur miseri (Lazzaro), l' accolgono con gioia, anzi "spingono per entrarvi" (Luca 16:16).
Costoro, questi "miseri" come Lazzaro, verranno a trovarsi "nel seno di" Abraamo, in una posizione di straordinario favore divino, come appunto Lazzaro.

Per rimarcare il fatto che la Legge ha assolto il suo compito, Gesù dice per l' appunto le parole di Luca 16:18, che vanno ad illustrare ulteriormente la nuova "economia" relativamente al seme che era venuto (Gesù stesso) e di cui la Legge era un tutore, un pedagogo che conduceva ad esso.
Gli spocchiosi farisei rifiutavano la "nuova economia" come il Messia medesimo, mentre gli umili, i miseri (Lazzaro) non solo non la rifiutavano ma riconoscevano il seme messianico e "spingevano" verso il Regno accogliendo la buona notizia (Luca 16:16).

Per cui l' apologo - con questi personaggi che sono simbolici (il ricco simbolizza i farisei, Lazzaro gli umili, i miseri che accolgono il Messia e il Regno, la nuova "economia") - usando lo stesso Ades in senso metaforico per indicare abbassamento e l' essere "nel seno di" per indicare non solo l' innalzamento ma la straordinaria condizione di favore in cui vengono a trovarsi i miseri sopra illustrati, va letto totalmente in chiave metaforica - come appunto Isaia 14:3-20.

Che dire dei versetti da 26 a 31, sono fuori dal famoso "cappello"'
Per nulla, ne sono altresì ben dentro!
La voragine di Luca 16:26 simbolizza l' immutabile giudizio di Dio già espresso nei confronti dei farisei (confronta Mt. 23:33).
Il ricco (i farisei) chiede ad Abraamo (nell' apologo il giusto per eccellenza ed essere "nel suo seno" è semitismo che sta ad indicare che anche Lazzaro (i miseri che accolgono il Regno e il seme messianico), chiede che Lazzaro vada da suo padre e dai suoi fratelli, affinchè anche loro non vengano in quel luogo di "tormento", ma Abraamo dice che basta ed avanzano la Torah e i profeti e tuttavia, se non ascoltano Mosè e i profeti, non ascolterebbero neppure chi risorge dai morti (Luca 16:27-31).

Ergo, non servirebbero miracoli da parte di Dio se gli uomini non ascoltano con umiltà e cuore completo neppure Mosè e i profeti!

Come vedi, caro Cattolico, le nostre esegesi sono drammaticamente opposte: capisco che voi dobbiate gioco forza trovare un appiglio per la vostra ideologia dell' anima spirituale immortale, ma la parabola del ricco e Lazzaro non è assolutamente sufficiente, se la leggiamo nel contesto, senza isolarla e se restiamo all' antropologia biblica, invece di "leggere" la parabola con i passi con gli occhiali di una dottrina successiva, ignorando completamente l'antropologia corrente al tempo di Gesù...

Saluti.


[SM=g1944981]




[Modificato da Aquila-58 08/01/2017 13:51]
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